Direttiva case green per l’efficienza energetica, ok dalla Commissione UE: classe E entro il 2030

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di Marco Merlo Campioni
CEO di save NRG —

L’Unione Europea ha adottato da tempo politiche finalizzate alla transizione energetica anche nel settore residenziale. Lo ha fatto basandosi sui dati raccolti che evidenziano la responsabilità degli edifici nella produzione delle emissioni: ben il 36% dei gas climalteranti sono imputabili al settore. Per questo, la Commissione ha inserito, nel pacchetto “Fit for 55”, la revisione della Direttiva Europea sulle Prestazioni Energetiche degli Edifici, così da far rientrare, il settore edile, nel quadro di sostegno alle politiche di rigenerazione ambientale, di riduzione del consumo energetico e delle emissioni. La nuova normativa, già progettata nel luglio 2021, mira a rendere vincolanti, per gli Stati europei, gli obiettivi previsti per il 2030 e il 2050. Conosciuta anche come “direttiva case green”, il suo iter legislativo si sta avviando alla conclusione prevista alla fine dei negoziati del Trilogo iniziati lo scorso 6 giugno. In questo contesto, i rappresentanti di Parlamento, Consiglio e Commissione hanno trovato l’accordo su un testo condiviso. Tuttavia, il percorso legislativo non si è ancora chiuso definitivamente; sarà necessario attendere il 31 agosto prossimo per aspettare la definitiva promulgazione della direttiva.

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L’obiettivo della Direttiva, come riporta il testo stesso,  è quello di promuovere il miglioramento della prestazione energetica degli edifici e la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra degli edifici all’interno dell’Unione per conseguire un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050, tenendo conto delle condizioni climatiche esterne, delle condizioni locali, delle prescrizioni relative alla qualità degli ambienti interni e del contributo del parco immobiliare alla flessibilità della domanda al fine di migliorare l’efficienza del sistema energetico e l’efficacia sotto il profilo dei costi.

A partire dal 2028 tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero, mentre per quel che riguarda gli edifici riconducibili alle autorità pubbliche, la scadenza è fissata al 2026. Gli edifici tecnicamente ed economicamente impossibilitati dovranno sviluppare tecnologie solari entro il 2028, mentre per gli edifici residenziali, soggetti ad importanti ristrutturazioni, la scadenza è fissata al 2032.

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In generale, il requisito minimo per tutti gli edifici residenziali è il raggiungimento della prestazione energetica E entro il 2030 e D entro il 2033. Diversamente, gli edifici non residenziali e pubblici dovranno ottenere il raggiungimento, rispettivamente, della prestazione energetica E entro il 2027 e della D entro il 2030.

La direttiva, inoltre, sulla base dell’articolo 16, stabilisce che i singoli Stati membri presentino, nei rispettivi piani nazionali di ristrutturazione, progetti di riqualificazione energetica degli edifici più energivori. L’obiettivo consiste nell’occuparsi di quel 15% degli edifici – (la priorità è in ambito residenziale, poi si procederà con gli immobili destinati ad altro uso) – presenti sul territorio nazionale che hanno un elevato consumo energetico, prospettando sanzioni e restrizioni a tutti gli immobili con classe energetica G (ovvero con un consumo medio annuo superiore ai 160 kWh).

Al netto delle sanzioni, procedere alla riqualificazione energetica della propria abitazione porta indubbi vantaggi: in primis, un maggiore comfort termico, una diminuzione dei costi in bolletta e un minor impatto ambientale; in secondo luogo, un aumento sostanziale del valore di mercato dell’immobile. Il tutto favorito, in Italia, da un sistema fiscale vantaggioso che prevede una serie di incentivi per sostenere i costi necessari per realizzare l’intervento di riqualificazione energetica dell’edificio.

Il prossimo Trilogo del 31 agosto dovrà tener conto innanzitutto delle divergenti posizioni tra i vari Paesi membri dell’UE, lavorando affinché si possa raggiungere una quadra nella realizzazione degli obiettivi di prestazione energetica. Il consenso dei vari Stati nel recepimento della direttiva per la sua entrata in vigore, stimata nel 2025, è infatti indispensabile e non mancano le divergenze di visione sulle tempistiche previste per il raggiungimento dei diversi obiettivi. Di sicuro, c’è l’esigenza di unire le necessità ambientali e di benessere comune agli aspetti pragmatici di realizzazione degli interventi; ma, ancor più importante, bisognerà prevedere dei meccanismi di sostegno per la fascia di popolazione più esposta al rischio di povertà energetica. Un impegno che riguarda tutti i Paesi e a cui non ci si può sottrarre se davvero si vogliono porre le basi per un’economia e una società equa e sostenibile.