Banche centrali falco e incertezza geopolitica, non è ancora il momento di tornare sull’azionario

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La nostra asset allocation è diventata più cauta, poiché diversi rischi hanno iniziato a concretizzarsi. Le banche centrali di entrambe le sponde dell’Atlantico mantengono una politica monetaria restrittiva, il che implica che una crescita economica lenta nel 2024 è l’esito più probabile. Inoltre, il forte aumento dei rendimenti obbligazionari nei mesi estivi – con il rendimento del decennale statunitense salito di 73 punti base nel terzo trimestre – inasprisce ulteriormente le condizioni finanziarie, aumentando la pressione sull’economia e sugli asset rischiosi. A livello globale, l’aumento dei tassi reali rappresenta un vento contrario per le valutazioni dell’azionario, mentre la decelerazione della crescita economica peserà sugli utili, portandoci ad adottare un posizionamento di sottopeso sulle azioni. I rischi per le prospettive di crescita globale restano orientati al ribasso, in considerazione degli sviluppi geopolitici: diversi fronti di guerra sono aperti, il che implica un aumento dell’incertezza e delle vulnerabilità.

Una politica monetaria restrittiva

L’orientamento persistentemente da falco delle banche centrali dei mercati sviluppati e la tenuta dell’inflazione e dei mercati del lavoro hanno portato a un riprezzamento dei rendimenti obbligazionari. Con tassi di riferimento elevati per un periodo più lungo di quanto i mercati avessero sperato, il canale del credito all’economia sta diventando sempre più restrittivo attraverso condizioni di prestito bancario più rigide.

Prendiamo atto di queste evoluzioni: nel nostro scenario base, continuiamo a prevedere che gli Stati Uniti eviteranno la recessione, ma se i tassi a lungo termine dovessero rimanere al livello raggiunto all’inizio di ottobre per i prossimi mesi, una contrazione il prossimo anno diventerebbe più probabile.

In Europa, gli indici PMI si sono stabilizzati su un livello basso a settembre, indicando una moderata contrazione dell’attività, e la probabilità di una recessione sta aumentando nella regione. È chiaro che, mentre la tendenza alla disinflazione prosegue grossomodo come previsto, la BCE non ha altra scelta che accettare il rischio di questa contrazione dell’attività economica.

In Cina, l’attività economica e l’andamento dei prezzi hanno mostrato alcuni timidi segnali di stabilizzazione ciclica. Gli indicatori economici stanno migliorando gradualmente, ma manca una ripresa convincente per ripristinare la fiducia in questo mercato.

La risposta dei mercati all’aumento dei rendimenti obbligazionari a lungo termine indica un cambiamento rispetto alle tendenze recenti: le curve dei rendimenti non stanno più aumentando il livello di inversione, poiché gli investitori rivalutano al rialzo il premio per la detenzione dei rendimenti a lungo termine.

La tempistica dell’ultimo rialzo tassi della Fed è fondamentale

Nell’ultimo mezzo secolo, i rendimenti decennali hanno tendenzialmente raggiunto il loro massimo quando la Fed ha smesso di aumentare i tassi. Questo vale a prescindere dalla durata del ciclo. L’identificazione del picco del livello dei Federal funds è quindi un input importante per aumentare ulteriormente la duration.

Inoltre, facciamo le seguenti osservazioni:

In media, la Fed taglia i tassi sei mesi dopo l’ultimo rialzo, mentre una recessione inizia sette mesi dopo l’ultimo rialzo del tasso sui Fed Funds. In altre parole, il primo taglio avviene un mese prima dell’inizio della recessione.

Tuttavia, ogni ciclo è diverso. Non tutti i cicli di rialzo dei tassi hanno portato a una recessione. Nel 1984, 1995 e 1997, le strette monetarie non sono state seguite da recessioni. Ma notiamo che in questi anni la curva dei rendimenti non si era invertita.
Infine, in media il minimo del mercato viene raggiunto sei mesi dopo l’ultimo rialzo. L’evidenza empirica mostra che l’inizio di un nuovo mercato azionario rialzista coincide con il cambio di rotta della Fed e l’inizio di un nuovo ciclo di allentamento.
Incertezze geopolitiche

L’apertura di un nuovo fronte in Medio Oriente, oltre alla guerra in corso in Ucraina, comporta un aumento dell’incertezza e delle vulnerabilità. Sebbene sia troppo presto per comprendere il pieno impatto dell’intensificarsi del conflitto tra Israele e Hamas, continueremo a monitorare il rischio di un’ulteriore escalation sull’approvvigionamento di petrolio.

Tra meno di un anno inizieranno le votazioni per corrispondenza e quelle anticipate per le elezioni statunitensi del 5 novembre 2024. Al momento non ha molto senso fare ipotesi sull’esito delle elezioni. Tuttavia, sappiamo dalle campagne precedenti che il tasso di approvazione del Presidente è un buon indicatore per valutare le possibilità del presidente in carica di essere rieletto. A sua volta, il tasso di approvazione mostra una solida correlazione con l’evoluzione della fiducia dei consumatori. Gli investitori faranno bene a continuare a seguire da vicino questo indicatore nei prossimi mesi.

Un’asset allocation più prudente

In ultima analisi, le seguenti ragioni motivano la nostra asset allocation più cauta e il declassamento della nostra posizione azionaria da neutrale a sottopesata:

la politica monetaria restrittiva attualmente in atto,
l’irripidimento della curva dei rendimenti attraverso l’aumento dei rendimenti a lungo termine,
un inasprimento delle condizioni finanziarie e creditizie,
una prevista decelerazione della crescita economica, che peserà sugli utili aziendali,
un aumento dei rischi geopolitici, che potrebbe portare a un ulteriore aumento dei prezzi del petrolio.

Nell’ambito della nostra allocazione azionaria regionale, abbiamo ridotto l’esposizione ai mercati emergenti da sovrappesata a neutrale, in quanto le crescenti pressione dei tassi statunitensi e del dollaro USA rappresentano un notevole freno per i Paesi emergenti. Pertanto, attualmente siamo sottopesati sull’azionario dell’Eurozona e neutrali sulle altre regioni. Dopo i mesi negativi registrati in agosto e settembre, il sentiment del mercato è meno teso, ma riteniamo che sia troppo presto per riacquistare titoli azionari e che in questa fase del ciclo economico si preferisca privilegiare i settori più difensivi.

Un’altra attenuazione del rischio che limita il ribasso potrebbe essere rappresentata dalle comunicazioni o dalle azioni delle banche centrali che prefigurino un cambio di rotta. Riteniamo tuttavia che sia troppo presto, dato che i dati macro non sono in netto peggioramento. In questo contesto, preferiamo i titoli di Stato e il credito di alta qualità come fonti di carry e abbiamo scelto di rimanere esposti al debito dei Paesi emergenti per beneficiare del carry più interessante e della desincronizzazione dei loro cicli monetari e fiscali.