Crediti deteriorati, l’avvocato Carteni (LEAD Studio Legale): “Rischiamo di innescare un cortocircuito degli NPL nella tempesta perfetta dei tassi”

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Il Parlamento sta discutendo due proposte di legge il cui obiettivo è regolamentare il mercato dei crediti deteriorati a tutela di piccole imprese, commercianti, artigiani e famiglie. Ma presentano alcune criticità come sottolinea l’avvocato Giuseppe Carteni, partner di LEAD Studio Legale, in un’intervista a LMF che mette in guardia: “Rischiamo di innescare un cortocircuito degli NPL nella tempesta perfetta della crescita dei tassi”

Giuseppe Carteni, partner di LEAD Studio Legale

L’intervista

Partiamo dai contenuti, che cosa prevedono le due proposte di legge?
“Le due proposte di legge sono state presentate alla Camera dei deputati. La più recente è del 23 di giugno ed è stata presentata da esponenti dell’opposizione. Mentre quella del 31 gennaio è espressione della maggioranza. Le due proposte sono simili e prevedono l’obbligo, nell’ambito delle cessioni dei crediti deteriorati da parte delle banche, di comunicare formalmente ai debitori ceduti o prossimi alla cessione dei loro crediti a soggetti, istituzioni finanziarie che fanno investimenti nel mondo dei crediti deteriorati. La proposta della maggioranza prevede l’applicazione di questo disegno di legge a tutte le cessioni di crediti inerenti ad un unico debitore che registri una debitoria fino ad un valore di 25 milioni di euro. Ritengo, personalmente, si tratti di un tetto sproporzionato se l’obiettivo reale è quello di tutelare famiglie, consumatori, piccole imprese o artigiani. Un altro motivo di preoccupazione è l’applicazione di questo disegno di legge a operazioni effettuate dal 1° gennaio del 2018 con un effetto retroattivo. La preventiva comunicazione formale a tutti i debitori che prevede la proposta di legge per fare esercitare la prelazione imporrebbe alle Banche oneri operativi impossibili da realizzare”.

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Oltre al tetto massimo e alla retroattività, ritiene ci siano altre criticità?
“Le criticità sono davvero molte. Immaginiamo, come abbiamo appena detto, che una banca trasferisca un pacchetto di crediti deteriorati composto da 10mila posizioni. Come è possibile formulare 10 mila comunicazioni formali preventive prima della cessione senza potersi avvalere della Gazzetta Ufficiale? Spesso i debitori della fascia small ticket sono persone fisiche che non possiedono una posta elettronica certificata quindi bisognerebbe realizzare strutture operative che si occupino di inviare miglia di raccomandate, o centinaia di miglia di raccomandate, verificarne la ricezione da parte dei debitori e poi procedere a scorporare le posizioni non comunicate prima della cessione dei portafogli crediti deteriorati. Si immagini anche il differenziale di trattamento di due debitori di una medesima banca quando solo la posizione di uno dei due venisse ceduta”.

Ovvero?
“Supponiamo che la banca vuole trasferire un pacchetto in cui c’è compresa la mia posizione, mentre la sua rimane in banca. La sua posizione deve essere rimborsata nell’ammontare integrale complessivo perché non è oggetto di trasferimento. Mentre la mia, che viene trasferita, mi consente di andare a individuare il valore di stralcio di quella posizione. Si crea un differenziale di trattamento ingiustificato”.

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Perché secondo lei il provvedimento potrebbe scoraggiare gli investitori?
“Facciamo un piccolo passo indietro di 4-5 anni, quando abbiamo vissuto il momento più critico del nostro sistema bancario in ragione delle macro masse di crediti deteriorati presenti nei bilanci della banche. In quel momento la Bce ha esortato le banche a ripulire i loro bilanci. Abbiamo dovuto individuare dei soggetti, investitori internazionali, anche stranieri, che fossero disponibili a comprare queste masse di crediti deteriorati sulla base di business plan che prevedevano il recupero di questi crediti deteriorati con un determinato margine. Sono state quindi stabilite delle aspettative di rientro, quindi un determinato ritorno economico sulla base del quale sono stati fatti ingentissimi investimenti in personale e infrastrutture informatiche. Oggi con queste norme quei business plan verrebbero del tutto disattesi. Si dà la possibilità al debitore di acquistare il credito trasferito dalla banca con un incremento del 20% rispetto al prezzo di acquisto, eventualmente al 40% in caso di azioni esecutive pendenti. Ma così saltano tutti i business plan perché i margini di ritorno di quelle partite inziali che ci si aspettava erano molto più rilevanti. Oggi chi andrebbe a comprare i crediti deteriorati?”.

Non sarebbe conveniente…
“Cinque anni fa le banche dovevano smaltire questi crediti deteriorati. E sono arrivati i grandi investitori istituzionali e non. Non solo le società di servicer si sono comprati i crediti ma anche le piattaforme del workout delle stesse banche. Nelle principali cartolarizzazioni intervenute gli investitori non solo hanno acquistato la maggior parte dei crediti deteriorati ma hanno acquistato quasi integralmente il personale dedicato al recupero crediti, quindi i servicer, in alcuni casi, sono stati anche funzionali a razionalizzare il perimetro delle risorse umane della Banche che con le dismissioni dei crediti si sarebbero potute trovare in un eccedenza di personale nell’ambito delle aree non più core. Oggi i servicer come potrebbero gestire queste piattaforme operative con dei margini che sono totalmente diversi rispetto a quelli che avevano ipotizzati nella fase iniziale? Forse chi ha proposto questi disegni di legge non conosce l’operatività, anche nel day by day, di un sistema così complicato”.

A che cosa si riferisce?
“Se leggiamo il disegno di legge di giugno presentato da esponenti del Pd c’è un passaggio in cui si legge: “La presente proposta di legge composta da 9 articoli mira a contenere, se non a risolvere la problematica (riferendosi alle perdite del sistema creditizio). Ma immaginare di poter risolvere questo problema cosi complesso con 9 articoli mi sembra audace. Dobbiamo contestualizzare questo disegno di legge nell’attuale perimetro complesso dove si andrebbe a scaricare operativamente. Oggi le banche hanno l’obbligo di svalutare i crediti secondo una stringente tabella di marcia prestabilita (calendar provisioning), devono quindi valutare velocemente se cedere i crediti problematici (onde doverli continuamente svalutare) o cercare di recuperarli direttamente. Ma l’accelerazione imposta alle banche nel processo di valutazione dei crediti non è stata compagnata da una accelerazione dell’impianto normativo nel recupero legale dei crediti”.

Ovvero?
“La riforma della legge sulla Gestione della Crisi di impresa, per noi operatori, almeno fino ad oggi, non ci pare abbiamo portato ad una effettiva riduzione dei tempi di incasso, anzi, in molti casi ha portato ad un allungamento dei temi di recupero. Guardi, solo lo strumento della composizione negoziata della crisi di impresa comporta, di fatto, un sostanziale blocco alle azioni esecutive per un periodo di 9-12 mesi. Un’impresa indebitata che subisce un certo pressing per il pagamento dei debiti propone l’istanza in Camera di Commercio per attivare il negoziato di composizione della crisi e tutto si congela per una finestra temporale minima di 6 mesi prorogabile per altri 6 mesi. Se da una parte si stimola la banca al recupero dei crediti in tempi stretti dall’altra parte bisogna metterla nelle condizioni di poter accelerare il recupero, se non lo si fa si mette solo in difficoltà l’istituto di credito. Questo spinge inevitabilmente la banca a voler cedere i crediti deteriorati ma se ora andiamo a “cappare” le possibilità di recupero di questi investitori che acquistano i crediti si crea dunque un oggettivo corto circuito del sistema. Si immagini inoltre quali difficoltà potrà incontrare il cessionario dei crediti o la banca stessa nel momento in cui, per ogni singola posizione, deve dimostrare che la comunicazione formale di cessione si sia perfezionata. Avremmo una esplosione di opposizioni alle esecuzioni che, da una parte farebbe esplodere i carichi di lavoro dei Tribunali e dall’altra comporterebbe un deprezzamento (ulteriore) dei prezzi di cessione da parte degli acquirenti per le oggettive difficoltà nel recupero del credito. Riteniamo che si creerebbe un corto circuito nel sistema”.

Come bilanciare l’interesse di salvaguardare i piccoli debitori con l’interesse delle banche e di chi acquista quel debito?
“Forse si dovrebbe lavorare nell’ambito della fase fisiologica del credito e non solo in quella patologica. Mi spiego, dovremmo migliorare il processo valutativo del soggetto a cui il credito viene concesso inizialmente per avere un minor tasso di default. In questi anni molto si è fatto a livello bancario ed infatti molti dei crediti deteriorati hanno diversi anni di anzianità. La banca, in sintesi, fa un lavoro molto semplice, presta soldi a soggetti che li possano restituire incrementati del tasso di interesse. Quindi deve sempre perfezionare la propria capacità di analisi della capacità restitutoria del suo cliente. Dall’altra parte, per la fase patologia lasciamo che siano i servicer, sempre più specializzati e informatizzati, a fare il lavoro che sanno fare, recuperare i soldi. Vorrei spendere anche qualche parola nei confronti dei servicer”.

Prego…
“Lavoriamo con moltissimi servicer, possiamo dire con tuti i principali operatori presenti sul nostro mercato, e le assicuro che non ho esperienze di servicer aggressivi o di servicer che vogliono recuperare gli importi di debito originariamente dai debitori, cercano solo di recuperare il credito delle loro mandanti in una misura che, per definizione, è già a forte sconto sulle esposizioni originarie. Bisogna certamente migliorare la macchina nel suo complesso. La macchina è sicuramente partita in modo molto accelerato nel 2017-2018-2019 perché c’era un’emergenza contingente. La Bce non concedeva liquidità. I servicer e le società di cartolarizzazione in quella fase hanno certamente guadagnato. Ma le assicuro che in questi anni il meccanismo banca, debitori, società di cartolarizzazione e servicer si è assestato in modo naturale per il tramite del mercato. Oggi le banche sono più attente a cedere i loro crediti. Il soggetto legittimato a comprare i crediti lo fa con la consapevolezza che il margine è già ridotto. Se però inseriamo queste norme così come proposte è come se infilassimo un bastone nelle ruote di una bicicletta in corsa, il sistema rischia di ribaltarsi. Abbiamo visto che c’è un meccanismo che dopo un periodo di assestamento ha lavorato bene e ora, come detto, rischiamo di innescare un corto circuito. Guardi, non possiamo non considerare inoltre la crescita esponenziale dei tassi di interesse che vedrà, sfortunatamente, un incremento dei crediti deteriorati; quindi, stravolgere il mercato in questo momento è davvero rischioso. Ma la sola incertezza sulla prossima adozione di un nuovo quadro normativo di questo mercato ha già prodotto e produrrà contraccolpi importanti nel settore. E’ anche (e forse soprattutto) l’aspettativa di ciò che succederà a influenzare il funzionamento di una economia di mercato”.