Economia circolare: indipendenza e sostenibilità

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Gli scontri in Medio Oriente fanno temere nuovi shock nel mercato dell’energia, che già si trova in un delicato equilibrio per via della guerra in Ucraina e delle sanzioni nei confronti della Russia. Purtroppo le tensioni geopolitiche riguardano però anche altre aree geografiche, con in primis la crescente rivalità tra Stati Uniti e Cina, che potrebbe avere ampie ricadute per la circolazione di capitali, tecnologia e terre rare.

Per le aziende e gli investitori non è possibile evitare completamente le ripercussioni economiche e finanziarie degli eventi geopolitici. Realisticamente ciò che si può fare è mettere in campo una serie di azioni atte a mitigarne gli impatti. Per esempio, una delle strategie di difesa può essere investire nel petrolio e nel settore dell’energia. Quest’ultimo non riflette ancora gli aumenti già registrati dal prezzo del greggio e tratta a un multiplo degli utili attesi che riflette uno sconto rispetto alla media storica. All’energia si uniscono i classici beni rifugio, come oro e titoli di Stato con rating elevato, per stabilizzare i portafogli.

Per gli Stati, soprattutto per le economie più dipendenti dall’estero, che si tratti di petrolio o terre rare o altro, diventa essenziale attuare una gestione efficiente delle risorse che contempli quanto più possibile il riutilizzo e il riciclo dei materiali. Si tratta dell’economia circolare, un’area di cui tanto negli ultimi anni si è parlato per quanto riguarda gli aspetti ambientali. L’economia circolare beneficia di una catena di approvvigionamento corta, sicura ed economica, poiché parte dell’input è costituito dal recupero dei materiali. Si tratta di un vantaggio rilevante in un contesto di crescenti tensioni geopolitiche e considerata la fragilità delle filiere lunghe, come si è dimostrato durante la pandemia.

Non mancano gli esempi di successo: l’Italia è tra i Paesi più avanti da questo punto di vista, avendo fatto tesoro della propria mancanza di risorse, Adidas ha annunciato che per il 96% ha utilizzato poliestere riciclato lo scorso anno e chi di recente ha comprato un iPhone sa che è possibile rivendere contestualmente il proprio vecchio dispositivo alla Apple. Questa possibilità riflette, in particolare, l’importante valore intrinseco dei materiali contenuti nei prodotti elettronici: cobalto, rame, alluminio, terre rare.

Sulla stessa linea, la recente introduzione dell’obbligo di utilizzare USB-C mira a ridurre lo spreco di componenti elettroniche, che così potrannpo essere riutilizzate su dispositivi diversi. Si tratta di messaggi positivi per l’economia circolare che, oltre a ridurre l’impatto ambientale, implica una minor dipendenza dal resto del mondo – un concetto applicabile anche ad altri campi, come le energie rinnovabili.

A volte però non è sempre così semplice realizzare questa circolarità. La maggior parte delle infrastrutture esistenti è stata infatti pensata per processi produttivi lineari al cui interno i rifiuti rappresentano un sottoprodotto della produzione, non un potenziale input. La transizione all’economia circolare richiede un approccio di sistema con reti di imprese integrate verticalmente, un’innovazione del design per facilitare il recupero dei materiali e un salto culturale da parte dei consumatori.

Il petrolio è l’emblema di queste difficoltà, nonostante la forte crescita e il grande successo delle energie rinnovabili. I combustibili fossili rappresentano ancora l’82% della produzione di energia e il loro utilizzo è destinato a salire ancora. Le energie rinnovabili e l’elettrificazione potranno cambiare il quadro solo parzialmente; i trasporti e la produzione di energia elettrica rappresentano infatti poco di più della metà del consumo di petrolio. Il resto è rappresentato dal settore petrochimico, dall’edilizia e dall’industria.

La domanda media di petrolio quest’anno dovrebbe assestarsi a circa 102 milioni di barili al giorno; ogni barile contiene quasi 159 litri e quindi, considerando che al mondo ci sono circa 8 miliardi di persone, consumiamo mediamente 2 litri di petrolio a testa al giorno. Se prendiamo come riferimento i Paesi più industrializzati, questo numero sale ulteriormente: ben 10 litri per gli Stati Uniti e oltre 4 per la Germania, mentre l’Italia si ferma a 3,2. Può sembrare un dato sorprendente, ma il libro «I numeri non mentono» di Vaclav Smil ci offre un esempio chiarificatore.

Prendiamo ad esempio un prodotto agricolo comune come il pomodoro: considerando l’energia consumata nelle serre, la produzione di fertilizzanti e pesticidi, la confezione e il trasporto, occorre più di un litro di petrolio per mettere in tavola un kg di pomodori. Anche nell’ambito dei prodotti industriali non è sempre facile sostituire la plastica. È di qualche settimana fa la notizia che la LEGO ha messo fine al tentativo, durato diversi anni, di usare plastica riciclata dalle bottiglie per produrre i suoi celebri mattoncini. La società non abbandona i suoi piani di riduzione dell’impatto ambientale, ma non ha trovato un sistema efficace per sostituire la plastica dura di cui necessita.

Sempre facendo riferimento agli iPhone, gli ultimi modelli hanno un microprocessore particolarmente avanzato che è stato progettato negli Stati Uniti ma viene prodotto a Taiwan, mentre l’assemblaggio dei dispositivi avviene soprattutto in Cina. Gli Stati Uniti hanno varato una regolamentazione, chiamata CHIPS Act, per aumentare la sicurezza in alcuni settori tecnologici, ma le catene di approvvigionamento globali sono difficili da sostituire e i Paesi restano profondamente interdipendenti tra di loro.

Insomma, non esistono soluzioni a portata di mano per sostituire il petrolio e molte altre risorse; non c’è una soluzione universale e la strada per la circolarità dell’economia a volte prevede il riciclo e altre il riutilizzo. Tutte queste difficoltà non saranno superate facilmente, ma resta il fatto che l’economia circolare e le energie rinnovabili sono l’unica strada per ridurre il nostro impatto ambientale e a renderci meno dipendenti dall’estero e vulnerabili a shock geopolitici. Ciò è ancora più vero per l’Europa, che dipende strutturalmente dal resto del mondo per molte risorse.

Inoltre, l’economia circolare promuove la diversificazione economica, creando opportunità per le imprese nei settori del riciclo e della riparazione. Questo può avere un impatto positivo sulla stabilità economica e sociale dei Paesi.