Mercati emergenti: sfide globali ed effetti delle tensioni in Medio Oriente

Team Cee & Global Emerging Markets, Raiffeisen Capital Management -
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Forti venti contrari sono arrivati soprattutto dal nuovo aumento dei rendimenti obbligazionari USA. Questo rialzo dei rendimenti è in contrasto con i più recenti dati economici che hanno segnalato un ulteriore rallentamento della crescita negli USA e nell’UE. La situazione congiunturale in Cina, invece, è leggermente migliorata, ma per ora rimane ancora fragile. Allo stesso tempo, il calo dei tassi d’inflazione continua nella maggior parte delle regioni, ma con una dinamica in rallentamento.

I mercati del lavoro, ancora molto saturi, negli USA e nell’UE hanno tendenzialmente un effetto inflazionistico e rendono più difficili eventuali tagli dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali. Nell’ultimo periodo hanno ripreso a salire anche i prezzi del petrolio e del gas, il che potrebbe fermare o addirittura invertire il ribasso dei tassi d’inflazione, almeno temporaneamente. Tuttavia, i tassi d’inflazione al momento non sono più il focus principale degli operatori di mercato nemmeno sui mercati obbligazionari, dove l’aumento dei rendimenti è stato quasi uguale sia per i rendimenti nominali che per quelli reali, vale a dire che le aspettative di inflazione non sono cambiate. Anzi, ci si prepara ad uno scenario di “tassi più alti per più tempo”, cioè a rendimenti obbligazionari e tassi d’interesse di riferimento che rimarranno su livelli elevati più a lungo di quanto inizialmente ipotizzato.

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L’interesse degli investitori che investono in azioni e obbligazioni dei mercati emergenti (EM) a livello globale al momento è piuttosto basso nel complesso, ma ciò potrebbe di nuovo cambiare nel prossimo futuro.

Consolidamento o solo una pausa nel trend ribassista?

Alla luce dell’allentamento della dinamica ribassista di settembre, ci si chiede naturalmente se la correzione degli ultimi mesi sia vicina alla fine o se si tratti solo di una pausa. Naturalmente ciò non è possibile prevederlo con certezza. Tuttavia, diversi segnali suggeriscono che potrebbe esserci una ripresa, almeno nel breve periodo. L’economia USA non dovrebbe entrare in recessione prima del secondo o terzo trimestre del 2024, possibilmente anche solo alla fine del 2024. E dopo diversi trimestri deboli, nell’UE è probabile una ripresa almeno temporanea. Questo vale soprattutto per il settore produttivo, che da tempo è in contrazione sia negli USA che in Europa.

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Svolta al rialzo delle azioni dei paesi emergenti?

Almeno una parte dei mercati emergenti potrebbe beneficiare di un’eventuale ripresa del settore produttivo, sia in termini di utili societari che di corsi azionari. Una buona selezione dovrebbe, tuttavia, essere importante in questo caso. Infatti, sebbene le azioni dei mercati emergenti abbiano, nel complesso, valutazioni molto più convenienti rispetto alle azioni dei paesi industrializzati, dovrebbero avere un potenziale di rialzo soprattutto le società e i settori che registrano un andamento positivo degli utili societari. Ciò vale in particolare per alcuni mercati dell’America Latina e dell’Asia, ma anche per alcuni paesi emergenti del Medio Oriente e dell’Europa. I maggiori indici azionari globali dei mercati emergenti attualmente si trovano circa sui livelli di inizio anno. Tuttavia, nello stesso periodo si sono registrati notevoli movimenti al rialzo e al ribasso di alcuni titoli azionari.

Mercati obbligazionari e banche centrali in primo piano

Ciò considerato, è probabile che l’andamento dei corsi azionari fino alla fine dell’anno dipenda soprattutto dalle banche centrali e dai mercati obbligazionari. Una ripresa dei titoli di Stato USA potrebbe dare un impulso ai corsi azionari; se ciò non dovesse realizzarsi, si correrebbe il rischio di ulteriori ribassi dei corsi azionari. Gli attuali rendimenti obbligazionari rappresentano senza dubbio un’alternativa sempre più interessante alle azioni e il significativo aumento degli interessi sui prestiti e dei costi di finanziamento prima o poi avrà un impatto negativo anche sugli utili e sulla propensione all’investimento delle aziende.

In alcuni casi i tassi più alti possono avere anche un effetto inflazionistico

Questo, del resto, vale anche per le società del petrolio e del gas nonché per i progetti nei settori dell’energia eolica e del solare. Tassi d’interesse (di riferimento) più alti potrebbero portare a un’offerta di energia inferiore del necessario a medio termine e (contrariamente alla visione convenzionale) attraverso prezzi più alti per l’energia potrebbero persino avere un effetto inflazionistico, tuttavia, solo su un periodo più lungo e non direttamente.

Gli investitori internazionali al momento mostrano poco interesse per i mercati emergenti

Nelle ultime quattro o cinque settimane, i flussi di capitale non hanno più registrato afflussi netti. Sebbene siano continuati i flussi di capitale fresco verso le azioni dei mercati emergenti asiatici, allo stesso tempo si sono però registrati deflussi quasi altrettanto forti da altre regioni o da fondi azionari dei mercati emergenti che investono a livello globale. I deflussi dalle obbligazioni dei mercati emergenti sono proseguiti. Considerato che questo ha colpito a lungo soprattutto le obbligazioni in valuta locale, da luglio si è assistito anche a un aumento delle vendite di obbligazioni in valuta forte.

La Cina si trova davanti a una svolta “verso l’alto”?

Ciò potrebbe cambiare se l’aumento dei rendimenti negli USA terminasse e i tassi d’interesse iniziassero a scendere in modo duraturo, soprattutto perché allora anche il dollaro USA tenderebbe a indebolirsi leggermente. Allo stesso tempo, ci sono sempre più segnali che la congiuntura cinese abbia raggiunto il suo punto più basso. Tassi di crescita oltre il 7-8% non saranno più possibili, almeno non in modo permanente. Ma date le dimensioni dell’economia cinese, anche una crescita economica decisamente più modesta avrebbe ancora un impatto positivo su altri paesi emergenti e sul mondo in generale.

Escalation nel Medio Oriente

Negli ultimi giorni la situazione in Medio Oriente si è inasprita. Commando armati di Hamas provenienti dalla Striscia di Gaza hanno attaccato postazioni militari e insediamenti israeliani e hanno ucciso, ferito e rapito oltre mille soldati e civili. Da allora, Israele sta rispondendo con massicci attacchi aerei su Gaza, che, secondo le autorità palestinesi, finora hanno provocato diverse migliaia di vittime civili, tra cui circa mille bambini. Israele ha anche attaccato obiettivi in Siria e nella zona di confine con il Libano. Il primo ministro israeliano Netanyahu ha preparato la popolazione israeliana a una guerra lunga e sanguinosa. Allo stesso tempo, ha avvertito l’Iran e la milizia Hezbollah sostenuta dall’Iran di non intervenire nel conflitto. C’è stato un massiccio dispiegamento di mezzi navali degli USA nel Mediterraneo orientale.

Conflitto breve o grande guerra?

Tutto dipende dal perimetro che avrà il conflitto a Israele/Gaza e se ci sarà il coinvolgimento o l’interferenza di altri paesi. Questo è oggi impossibile da prevedere. Tuttavia, al momento, molto sembra indicare che questo conflitto non si trasformerà in una grande guerra, almeno non nel prossimo futuro. Non si può però escludere una conflagrazione nella regione.

Possibili effetti sulle azioni e obbligazioni dei mercati emergenti

La grande maggioranza degli operatori dei mercati finanziari al momento continua a ipotizzare ancora un conflitto circoscritto e relativamente breve. Se dovesse emergere una maggiore probabilità di espansione del conflitto, il prezzo del petrolio potrebbe aumentare nettamente, così come il dollaro e i titoli di Stato USA. Le azioni e le obbligazioni dei mercati emergenti in valuta locale finirebbero probabilmente sotto pressione in uno scenario del genere, almeno temporaneamente. Questo è quanto suggeriscono in ogni caso le esperienze del passato, ma naturalmente ciò non significa che questi movimenti debbano manifestarsi in modo identico anche questa volta.