Le filiere dell’export italiano: oltre il 70% del valore aggiunto è Made in Italy

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Il successo dell’export italiano nel mondo non è solo frutto del lavoro delle imprese esportatrici, bensì anche di una forte filiera domestica, composta prevalentemente da imprese di piccole e medie dimensioni, su cui gli esportatori fanno affidamento per la realizzazione di prodotti finali a grande valore aggiunto.

I beni acquistati e consumati nel mondo sono il prodotto di vari stadi di lavorazione, che spesso avvengono in più Paesi e coinvolgono diversi settori. Secondo l’Organizzazione mondiale del commercio più di due terzi del commercio mondiale avviene attraverso le catene globali del valore, in cui un bene attraversa almeno un confine prima dell’assemblaggio finale.

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Tramite gli indicatori di valore aggiunto (VA) incorporato nel commercio estero elaborato dall’Ocse è possibile scomporre l’export di ogni Paese per comprendere i passaggi intermedi all’interno delle filiere, domestiche o internazionali:

  • il VA domestico diretto è quello generato dalle imprese dello stesso settore nazionale dell’impresa che esporta il prodotto finale
  • il VA domestico indiretto è quello generato dalle imprese di altri settori dell’economia nazionale che forniscono parti di prodotto o servizi all’impresa che esporta il prodotto finale
  • il VA estero è quello proveniente da altri Paesi.

Un esempio pratico di interpretazione degli indicatori è quello di un settore alimentare in cui molte delle imprese possiedono autocarri e gestiscono quindi al proprio interno il servizio di logistica. Una struttura di questo tipo farà registrare un VA domestico diretto maggiore rispetto allo stesso settore caratterizzato da imprese più piccole e attive solo in una fase della filiera.

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Il 71% del Valore Aggiunto incorporato nell’export della manifattura italiana è domestico, in linea con quello tedesco, mentre Francia e Spagna – caratterizzate da economie relativamente meno manifatturiere – mostrano un’incidenza più elevata del VA estero.

L’Italia mostra una più alta incidenza della componente indiretta, vale a dire che il VA incorporato nell’export proviene per il 37% da un settore italiano diverso da quello che esporta. Questo dato suggerisce quanto le imprese di tutte le dimensioni – e non solo le grandi – occupino un ruolo di rilievo all’interno delle filiere produttive italiane.

Ad esempio gli alimentari e bevande vedono un apporto significativo del VA domestico indiretto, il settore mostra infatti un’alta incidenza del VA delle materie prime agricole, nonché dei servizi di distribuzione e vendita e, anche se in misura minore, del packaging, spesso prodotto da altri settori quali metalli, vetro e plastica.

In Germania prevale invece la componente diretta, riflesso anche di settori più grandi e maggiormente articolati, all’interno dei quali le imprese riescono a produrre una più ampia parte del prodotto finale.

Scomposizione dell’export manifatturiero di Italia e peer in valore aggiunto domestico ed estero.

Fonte: Elaborazioni SACE su dati Ocse