Perché questo non è il “momento Lehman” dell’economia cinese

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Quando si analizzano i mercati, in particolare quello cinese, è importante utilizzare un approccio e una prospettiva basati sui dati, evitando di farsi influenzare da titoli sensazionalistici. Recentemente, ad esempio, i media hanno diffuso articoli sul divieto di utilizzo degli iPhone da parte del governo cinese, innescando così un forte calo delle azioni Apple. Tuttavia, la vera causa della fluttuazione delle azioni Apple è da ricercare nel lancio dell’ultimo modello di smartphone da parte di Huawei, il Mate 60 Pro Plus. Per la prima volta, un player nazionale ha presentato un prodotto che compete direttamente con l’iPhone, preannunciando una sfida significativa alle vendite dell’iPhone nel mercato cinese, anche se a un prezzo superiore.

I lanci dell’iPhone e del Huawei Mate 60 Pro Plus hanno avuto entrambi successo, come dimostrato dalle file di clienti fuori dai negozi, e questo è un segnale evidente che va contro la narrazione di un’economia cinese in stallo.

Molti continuano a suggerire preoccupazioni sulla stabilità economica della Cina, ma la realtà è che il Paese non ha mai affrontato una recessione (secondo la definizione della teoria economica) negli ultimi 30 anni. Inoltre, anche se prevediamo che in futuro la crescita annua della Cina sarà attorno o appena al di sotto del 5%, il valore in termini assoluti dell’incremento del PIL oggi è significativamente maggiore rispetto a 20 anni fa, quando il Pil della Cina cresceva di quasi il 20% ogni anno. Siamo positivi sulla Cina e non crediamo che stia entrando in una fase di cambiamento strutturale.

L’economia cinese si sta riprendendo e sta crescendo anche la fiducia dei consumatori cinesi. I policymaker stanno assistendo a questa ripresa progressiva e stanno lasciando che l’economia si riprenda in modo naturale. Mentre le altre banche centrali aumentavano i tassi, la PBOC ha continuato a tagliarli. Per sostenere l’economia, inoltre, la Banca sta gestendo un piccolo deficit di bilancio, ha introdotto una serie di misure fiscali per incentivare i consumi e sta sostenendo il settore immobiliare cinese, che attualmente sta affrontando alcune sfide per due motivi principali.

Il primo è legato alle difficoltà di sviluppatori immobiliari come Evergrande e Country Garden. Il governo cinese sta affrontando attivamente la questione e sta facendo molto per sostenere queste aziende, anche adottando misure per stabilizzare i prezzi degli immobili: ad esempio, sono state prolungate le scadenze del debito e sono stati abbassati i tassi di interesse. Il governo non vuole incentivare una cattiva gestione aziendale, quindi società come Evergrande cesseranno di esistere in futuro, ma un vero e proprio default è molto improbabile a causa dell’effetto a catena che innescherebbe. Il governo è intenzionato a adottare misure per garantire la stabilità.

L’altro fattore è che due terzi della ricchezza delle famiglie urbane sono investiti in immobili. Dopo lo Zero-Covid, i consumi interni in Cina si sono ripresi lentamente, in parte a causa del calo della ricchezza delle famiglie cinesi, determinato dalla caduta dei prezzi degli immobili. Anche in questo caso, il governo cinese sta apportando delle modifiche alle politiche, ad esempio eliminando le restrizioni all’acquisto di case e ridefinendo il concetto di “acquirente della prima casa” per sostenere i prezzi degli immobili. Ciò dovrebbe contribuire a rilanciare i consumi interni.

Eventi come la Golden Week di ottobre o il Singles day di novembre mostreranno i primi segnali non solo della ripresa dei consumi, ma anche dell’aumento dei viaggi nazionali e internazionali dei turisti cinesi.

Mentre sempre più turisti asiatici e in particolare cinesi riprendono a viaggiare, la domanda che ci si deve porre ora è: è arrivato il momento anche per gli investitori di ritornare a visitare la Cina?

A frenare gli investimenti in Cina nell’ultimo decennio è stata principalmente l’idea che la Cina fosse ormai fuori dai giochi. Dal 2009 i mercati azionari statunitensi hanno sovraperformato gli altri mercati soprattutto grazie al peso elevato dei titoli tecnologici, mentre nel caso dell’MSCI Emerging Markets e dell’MSCI China i titoli tecnologici rappresentavano, rispettivamente, solo l’11% e il 2% dei benchmark. Pertanto, anche se il settore tech in questi benchmark è cresciuto più dell’S&P 500, la performance degli indici EM e China è stata oscurata dal forte peso degli altri settori, come le banche e l’energia.

Tuttavia, l’era della sovraperformance dei titoli statunitensi, favorita da un dollaro molto forte, potrebbe essere vicina alla fine e quindi gli investitori sono alla ricerca di opportunità value. Molte società Internet cinesi storicamente sono state valutate con un PE molto elevato a causa dei loro tassi di crescita e ora sono in realtà titoli value, a causa di un PE più basso. Pertanto, molti investitori value non possono più ignorare questi titoli a queste valutazioni convenienti.

Con la prospettiva di un ribilanciamento tra i titoli USA e quelli non-USA, la Cina ha delle valutazioni decisamente interessanti e ciò rappresenta un catalizzatore molto forte. Riteniamo pertanto che la tecnologia sia un’area su cui gli investitori dovrebbero concentrarsi.

La Cina proseguirà con il processo di urbanizzazione, con sempre più persone che abbandoneranno le aree rurali per trasferirsi in città, dove avranno accesso ad alloggi adeguati e a servizi come l’istruzione e l’assistenza sanitaria. La classe media urbana cinese, in costante crescita, rappresenta un potere di consumo senza precedenti, un motore fondamentale per l’economia nazionale e riteniamo che, per gli investitori, questo rappresenti un’opportunità davvero solida. Questo è uno dei maggiori vantaggi competitivi della Cina rispetto ad altri Paesi emergenti come l’India. La Cina è molto più avanti dell’India in termini di infrastrutture. Il Paese ha infatti il know-how logistico per spostare le merci lungo le catene di approvvigionamento e distribuzione e questo è un elemento di differenziazione rispetto a molti altri Paesi dei mercati emergenti o anche a molti Paesi dei mercati sviluppati.

Un’altra questione che ha pesato sul sentiment degli investitori negli ultimi mesi è stato il delisting degli ADR. Con l’Holding Foreign Companies Accountable Act è emerso il rischio che gli ADR cinesi quotati negli Stati Uniti potessero essere delistati, poiché la legge cinese non permetteva di effettuare revisioni contabili. Ciò è stato fonte di preoccupazione soprattutto per gli investitori istituzionali, come i fondi comuni di investimento, che hanno deciso di non detenere questi titoli a causa del potenziale rischio di delisting. A risentire parzialmente di tutto questo è stata anche la performance di questi titoli. Tuttavia, a dicembre il Public Company Accounting Oversight Board (PCAOB) ha annunciato di essersi assicurato l’accesso completo alle ispezioni e alle indagini sulle società cinesi e ora attendiamo l’annuncio dell’esito delle revisioni, che potrebbe arrivare da un giorno all’altro. Riteniamo che l’esito positivo di queste verifiche potrebbe essere un altro forte catalizzatore, in quanto consentirebbe a molti investitori professionali di tornare su questi titoli.