Speriamo nella recessione!

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Quando finalmente vedremo un recupero dei corsi obbligazionari, dopo mesi di sofferenza sull’asset class “sicura” per definizione, i titoli governativi? Facile, “when the Fed is done”. La storia finora ci ha insegnato che l’inversione della curva governativa è un segnale anticipatore di recessione decisamente attendibile. Ogni recessione americana ha visto il rendimento del Treasury a 2 anni superare quello del decennale nei 12-24 mesi precedenti. La curva americana ha iniziato ad invertirsi circa 18 mesi fa; quindi, la recessione negli Stati Uniti dovrebbe essere sempre più vicina (in molti l’hanno prevista ma nessuno ci crede). Dopo la fase di inversione, e subito prima dell’inizio della recessione, la curva si appiattisce (il mercato inizia a scontare i tagli dei tassi). Si dovrebbe trattare della fase attuale, il differenziale 2-10, infatti, è passato da -110 punti base di inizio luglio agli attuali 20.

Il problema oggi è che, malgrado il rallentamento economico generalizzato, il mercato del lavoro americano continua ad essere molto forte e, di conseguenza, i consumi per ora non mostrano una grande flessione. Non solo, in molti settori le contrattazioni salariali hanno portato al rinnovo dei contratti di categoria con sostanziali aumenti che si rifletteranno in una inflazione persistentemente più elevata. Per questo il lavoro di Powell potrebbe non essere finito.

La situazione però potrebbe cambiare nei prossimi trimestri. Da un lato i margini aziendali si stanno contraendo ed è possibile che presto questo porti ad un indebolimento del mercato del lavoro. Anche dal lato consumi la situazione si sta complicando, basti pensare che i tassi “revolving” applicati dalle carte di credito sono saliti oltre il 20%, il dato più alto mai registrato da quando la Federal Reserve ha iniziato a monitorarlo (cioè, dal 1994).

Il mercato immobiliare, con i tassi dei mutui trentennali al 8%, vede prezzi stabili ma volumi in discesa. Nel mese di settembre le vendite di case “pre-owned” sono calate del 2%, il dato più basso dal 2010. Non solo i nuovi acquirenti faticano ad acquistare a causa dei tassi elevati, ma i possessori sono riluttanti a vendere per non perdere i mutui in essere che mediamente sono al 2%. La combinazione di minor offerta di lavoro, prezzi più elevati e mercato immobiliare in discesa potrebbe davvero portare l’economia americana verso la recessione più scontata della storia, a quel punto potremmo dire che “the Fed is done” e finalmente il mercato obbligazionario potrebbe tornare a crescere.

Il timing appare però davvero difficile, la geopolitica poi complica ulteriormente la situazione con forti ricadute sui corsi delle materie prime e sul sentiment. Forse vale la pena approfittare del carry interessante sulla parte breve della curva senza prendersi troppi rischi di duration e costruire progressivamente, e con calma, le posizioni sulle scadenze più lunghe, così da mitigare possibili nuovi rovesci e, contemporaneamente, non farsi trovare completamente impreparati quando ci sarà il punto di svolta.