“Bad news is good news” per gli investitori obbligazionari

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I rendimenti societari sono attualmente al 6,25%, come risultato della somma tra la componente dei Treasury US e il relativo spread, che si è recentemente allargato e ora si aggira intorno ai 130 punti base. Dal punto di vista del rendimento, si tratta di un aumento di quasi 100 punti base da un anno con l’altro e proprio questi livelli di rendimenti inducono la maggior parte degli investitori a considerare quello attuale come un buon momento per acquistare bond societari investment grade di qualità superiore e ottenere un rendimento incrementale dai Treasury. I “Magnifici Sette” [Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla], ad esempio, possono ancora contare su enormi saldi di cassa e bilanci solidi e i loro spread creditizi non saranno influenzati dai corsi azionari.

Per gli investitori obbligazionari è fondamentale anche monitorare i dati macro: nel terzo trimestre 2023 il PIL ha registrato una crescita del 4,9%, rispetto al 4,5% delle attese e la forza dei consumi, che rappresentano il 2,7% della spesa totale, ispira ottimismo. Ciò che può pregiudicare i rendimenti azionari, come ad esempio inflazione e tassi elevati o pericolo di recessione, rappresenta un fattore positivo per i detentori di obbligazioni. Inoltre, gli emittenti obbligazionari sono molti di più rispetto a quelli azionari e ciascuno di essi può avere un’ampia gamma di titoli di debito in circolazione, per cui è possibile decidere se acquistare obbligazioni a due anni con rendimenti elevati per un periodo di tempo più breve, oppure obbligazioni a 10 o 30 anni, i cui rendimenti possono essere un po’ più bassi, data la curva dei rendimenti invertita.

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Dopo l’accordo sulla sospensione del tetto del debito negli Stati Uniti, all’inizio di giugno, abbiamo assistito a un forte rally del credito. Nonostante la risalita dei rendimenti, gli spread delle obbligazioni societarie investment grade hanno retto, dimostrando di non temere né gli eventi geopolitici, né la recessione incombente, che verosimilmente dovrebbero indurre gli investitori alla cautela e a spostarsi verso le obbligazioni corporate rispetto ai soli Treasury. Forse, per non subire un impatto sugli spread obbligazionari, i mercati dovrebbero smettere di indossare gli “occhiali rosa” e muoversi con maggiore cautela.

Se si dovesse verificare una recessione, gli spread degli emittenti investment grade si allargherebbero rispetto al livello attuale di circa 130 punti base, arrivando a un’ampiezza di circa 200 punti. Nei momenti di maggior volatilità degli ultimi due anni, gli spread hanno toccato i 165 punti base, ma subito gli investitori, individuando un’opportunità di acquisto, sono intervenuti per restringerli. Tuttavia, al momento non ci troviamo in uno scenario di recessione, quanto piuttosto in uno scenario di “no landing”, con una crescita ancora troppo forte perché la Fed possa smettere di alzare i tassi, almeno nel breve periodo. La possibilità di una nuova accelerazione della crescita appare come un’ottima prospettiva per le aziende.

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Il momento attuale sembra anche propizio per un allungamento delle scadenze in previsione di un cambiamento nel quadro dei tassi. La curva sta iniziando a invertirsi: il differenziale tra il Treasury a due anni e quello a 10 anni è di soli 18 punti base e la curva dei Treasury è in salita dai 10 ai 30 anni; quindi, stiamo assistendo a una maggiore domanda di obbligazioni societarie a 10 e 30 anni, perché gli investitori vogliono assicurarsi questi rendimenti più elevati per periodi più lunghi. D’altro canto, le società vogliono emettere più debito a breve termine (a due, tre e cinque anni), perché, anche se oggi pagano interessi più alti, non vogliono bloccare quei tassi più a lungo. C’è quindi una sorta di asincronia tra ciò che gli investitori vogliono comprare e ciò che le aziende vogliono emettere.

Dal punto di vista geografico, al momento gli Stati Uniti sono di gran lunga il mercato più ampio, con oltre l’80% delle obbligazioni corporate denominate in dollari. Anche sul fronte macro, la situazione degli Stati Uniti sembra migliore, mentre in Europa notiamo segni di debolezza che ci rendono più cauti, come la recessione tedesca e lo stress del mercato britannico. Troviamo valore a livello globale anche in alcune obbligazioni canadesi e australiane, ma la nostra area geografica preferita restano gli USA, date le prospettive più solide.

Per quanto riguarda i rischi geopolitici, sembra che gli investitori non ne tengano abbastanza conto, mostrandosi comunque resilienti rispetto ad eventi quali i conflitti in Israele e Ucraina. Il mercato continua a prevedere tagli dei tassi da parte della Fed già per il prossimo anno, ma questo ci sembra improbabile dato il quadro di forte crescita. Se, tuttavia, la Fed dovesse tagliare il costo del denaro e i tassi di interesse sottostanti dovessero scendere, questo, determinando un rialzo dei rendimenti, rappresenterebbe un fattore positivo per gli investitori obbligazionari. Quindi, in un certo senso, le cattive notizie potrebbero essere buone per gli investitori del credito.

Quella che si verificherà sarà la recessione più attesa di sempre, prevista a partire dallo scorso anno, e i team di gestione hanno avuto molto tempo per posizionare i propri bilanci e intraprendere le azioni necessarie, come ad esempio tagliare le imposte sul capitale o effettuare licenziamenti, come accaduto in gran parte del settore tecnologico. Inoltre, dopo la pandemia le aziende hanno potuto accedere a capitali molto convenienti, con tassi di interesse dell’uno, due o tre per cento. Quindi, hanno già prefinanziato molte delle loro scadenze e hanno esteso il loro profilo di scadenza emettendo obbligazioni a 10 e 30 anni in quel periodo.

La cedola media sul debito in essere è aumentata di soli 50 punti base dai minimi del marzo 2022, quando era del 3,6% sui 9.000 miliardi di dollari del mercato corporate, e ora è intorno al 4,1%. Queste società stanno rifinanziando circa il 10% della struttura del loro capitale e non procedono ogni anno a rimodulare tutte le loro passività. Hanno ancora molte obbligazioni a cedola inferiore nel loro profilo di credito, il che significa che stanno aumentando solo in modo incrementale alcuni dei loro costi di finanziamento.