Il ruolo delle obbligazioni in un nuovo contesto

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All’indomani della CFG, le principali banche centrali del mondo tagliarono i tassi di riferimento nel tentativo di stimolare le rispettive economie. In un quadro di crescita persistentemente depressa e di inflazione bassa o perfino negativa, tuttavia, le banche centrali furono costrette a mettere in campo piani sempre più innovativi come il QE. Queste politiche ebbero tre effetti evidenti sui mercati finanziari:

1. Gli investitori dovevano farsi carico di un rischio via via maggiore dato il calo sempre più consistente dei rendimenti dovuto al QE. Ciò, a sua volta, portò a un rally degli asset non direttamente coinvolti nei programmi di acquisto delle banche centrali come azioni e credito privato.

2. I rendimenti obbligazionari raggiunsero livelli molto bassi. Ad un certo punto l’intera curva dei rendimenti tedesca si trovava in territorio negativo, e il governo tedesco poté emettere obbligazioni con un rendimento inferiore a zero. Per gli investitori obbligazionari ciò significava poter fare affidamento su un reddito decisamente ridotto per assorbire l’eventuale volatilità dei corsi obbligazionari.

3. L’inflazione rimase ostinatamente bassa, dando luogo all’idea che le economie sviluppate fossero entrate in un’epoca di deflazione secolare. In un contesto di questo tipo, l’impressione era che l’obiettivo principale delle banche centrali fosse divenuto quello di garantire la stabilità finanziaria.

Il mix tra i bassi rendimenti degli asset difensivi e la percezione che le banche centrali fossero disposte a proteggere gli investitori eliminò quasi del tutto la necessità di mantenere un’allocazione autenticamente difensiva nel complesso del proprio portafoglio. Con il calo dei rendimenti obbligazionari, molti investitori ritennero che il trade-off tra rischio e rendimento delle obbligazioni “tradizionali” fosse divenuto troppo sbilanciato e che una maggiore esposizione creditizia rappresentasse una migliore opportunità. Con la transizione dell’economia globale da un contesto caratterizzato da QE e tassi d’interesse pari a zero a uno di tassi e volatilità di mercato entrambi più elevati, i responsabili dell’asset allocation devono ripensare le proprie strategie difensive. Il ritorno dell’inflazione e la sua persistenza hanno reso più arduo il compito delle banche centrali di trovare un equilibrio tra stabilità dei prezzi e del sistema finanziario. L’asticella per un intervento delle banche centrali in caso di rallentamento dell’economia e crollo dei mercati finanziari è ormai molto più alta.

Nel corso degli anni 2010 e del periodo pandemico le banche centrali hanno espanso in maniera massiccia i propri bilanci nel tentativo di stimolare le proprie economie e porre fine alle pressioni deflazionistiche. Oggi stanno mettendo in atto il processo inverso, riducendo i propri bilanci tramite il quantitative tightening (QT). Questi mutamenti rappresentano una normalizzazione delle politiche monetarie, con la fine del periodo straordinario di intervento e repressione finanziaria delle banche centrali degli anni 2010 e dell’inizio degli anni 2020. Il nostro pronostico, dunque, è che questo regime sia destinato a proseguire e che difficilmente assisteremo a un ritorno alla situazione passata nel prossimo futuro. In questo contesto, le caratteristiche difensive dei titoli obbligazionari tradizionali rendono l’asset class potenzialmente adatta a soddisfare le esigenze difensive degli investitori.

Ripensare i ruoli del reddito fisso

1. Conservazione del capitale

Un aspetto fondamentale, quando si investe nel mercato obbligazionario, è la capacità dell’emittente di rispettare il proprio impegno a versare gli interessi e rimborsare il capitale secondo quanto previsto dalla documentazione del titolo. Questa “qualità creditizia” dipende sia dai fondamentali sottostanti dell’emittente che dalla seniority del titolo nella sua struttura patrimoniale. Grazie all’aumento dei rendimenti obbligazionari dal 2022 in poi gli investitori possono ormai detenere crediti di maggiore qualità raggiungendo al contempo i propri obiettivi di reddito. Ciò comporta un enorme miglioramento delle qualità difensive della propria esposizione obbligazionaria. È importante però non fare affidamento solamente sul rating creditizio sottostante, bensì svolgere ricerche approfondite per giungere a una comprensione completa dell’emittente.

2. Diversificazione rispetto alle azioni

Uno dei fattori alla base della diversificazione offerta dai titoli obbligazionari è la loro duration. In fasi di rallentamento dell’economia ci si potrebbe aspettare che le azioni finiscano sotto pressione; in tali periodi, tuttavia, le banche centrali mettono solitamente in atto un allentamento delle politiche monetarie, e quindi grazie alla propria duration (che misura la loro sensibilità alle variazioni dei tassi d’interesse) i titoli obbligazionari aumentano di prezzo. Questa relazione vale anche tipicamente in periodi di stress del mercato. In questi frangenti le obbligazioni di qualità, e specialmente quelle a più lunga scadenza, hanno fornito generalmente una certa protezione dai ribassi nell’ambito di una “fuga verso la qualità.

Di converso, in fasi di eccessivo aumento dell’inflazione le banche centrali possono aumentare i tassi d’interesse. Ciò rappresenterebbe un fatto negativo per i titoli obbligazionari, ma in condizioni di mercato normali l’impatto sul prezzo dei titoli verrebbe controbilanciato almeno in parte dal rendimento. Nel 2022, però, questa relazione è venuta meno poiché i rendimenti iniziali delle obbligazioni erano estremamente bassi, mentre l’aumento dei tassi d’interesse è stato così rapido che i titoli non sono riusciti a compensare le perdite tramite il reddito cedolare. Si è trattato di una situazione eccezionale: man mano che ci avvicineremo al punto di svolta del ciclo la duration dovrebbe tornare a rappresentare un fattore positivo per l’asset class e dovremmo assistere a una normalizzazione delle correlazioni. A nostro parere, dunque, è importante fare in modo che il proprio portafoglio obbligazionario possieda una duration sufficiente a svolgere questo ruolo difensivo.

3. Generazione di reddito

Diversamente dalle azioni, le obbligazioni offrono generalmente flussi di reddito più certi e prevedibili sotto forma di cedole. Mentre il rendimento oscilla al variare del prezzo, le cedole delle obbligazioni a tasso fisso rimangono tipicamente invariate e costituiscono dunque una fonte di reddito potenzialmente stabile per gli investitori. In seguito al sell-off globale del mercato obbligazionario a partire dall’inizio del 2022, i rendimenti iniziali sono significativamente aumentati. Questo aumento lascia presagire risultati migliori da qui in poi; trainati soprattutto dal reddito, che potrebbe inoltre offrire una maggiore protezione contro eventuali deprezzamenti. Ciò riduce anche il rischio che gli investitori vadano eccessivamente a caccia di rendimenti per raggiungere i propri obiettivi di reddito, potendo invece oggi ridurre il rischio complessivo a carico del proprio portafoglio obbligazionario. Qualora le banche centrali mettessero in pausa il rialzo dei tassi mantenendoli elevati gli investitori obbligazionari continuerebbero a godere dell’attuale livello elevato dei rendimenti. In caso di pivot degli istituti in direzione di un taglio dei tassi, invece, gli obbligazionisti trarrebbero vantaggio sia dagli alti rendimenti iniziali che dall’effetto positivo della duration dovuto alla discesa dei tassi d’interesse.

Data l’importanza della conservazione del capitale, della diversificazione e del reddito per la costruzione di un’allocazione difensiva nel proprio portafoglio, riteniamo che il miglior mix tra reddito, qualità creditizia e duration sia offerto dal mercato delle obbligazioni corporate investment grade globali, perché queste offrono tipicamente un rendimento più consistente rispetto ai titoli di Stato di alta qualità.