Le cinque S del capitale umano

Sally Springer, Senior Thematic Research Analyst di Columbia Threadneedle Investments -

Fattori intangibili come il capitale umano e la proprietà intellettuale rappresentano oggi una quota significativa della capitalizzazione di tante aziende. Il valore dei beni immateriali nel 2021 rappresenta il 90% dell’indice S&P 500 rispetto al 32% del 1985. Settori come biotecnologie, software, comunicazione e sanità dimostrano che l’intensità della conoscenza è l’attuale driver principale delle economie globali. Tuttavia, le politiche gestionali in vigore classificano ancora la forza lavoro tra le spese del conto economico pari in media al 20%-35% del fatturato e non come un attivo di bilancio. Gli investitori non sono quindi sempre in grado di valutare appieno la gestione aziendale del capitale umano. In questo senso, le aziende che considerano il capitale umano un asset importante anche per gli investimenti strategici ottengono, a nostro avviso, un vantaggio competitivo fondamentale.

Data l’importanza strategica che noi di Columbia Threadneedle attribuiamo al capitale umano, abbiamo creato il modello delle Cinque S (Site, Substitution, Supply, Skills, Strategy) per identificare e attribuire un valore alle imprese in gradi di sfruttare in modo proattivo ed efficace i rischi e le opportunità associati alla gestione dei dipendenti al fine di migliorare le proprie performance.

Figura 1: il quadro delle cinque “S” del capitale umano

 

Site – Le aziende che nei secoli precedenti hanno sfruttato la delocalizzazione della produzione per approfittare di minori costi della manodopera oggi tendono a ricollocare il capitale umano in mercati maturi per usufruire di incentivi governativi, quali quelli stanziati dagli USA con l’Inflation Reduction Act o dall’Unione Europea tramite il Green Deal, ed accedere ad un più ampio bacino di risorse umane capaci di migliorare la resilienza della supply chain. Un terreno fertile per future opportunità di globalizzazione scaturisce tuttavia daI settore dei servizi, il cui scambio cresce a una velocità di circa il 60% maggiore rispetto a quella che registrano i beni. Il fenomeno dello smartworking e l’accelerazione dei progressi tecnologici hanno inoltre permesso alle aziende di valutare il ricollocamento del proprio capitale umano in questo settore.

Substitution – L’aumento dei costi energetici, l’inflazione salariale, la sempre maggiore automazione e digitalizzazione di tanti processi produttivi, la limitata disponibilità di capitale umano qualificato e la necessità di migliorare l’efficienza operativa spingono le aziende a valutare oggi una crescente sostituzione del lavoro con fattori alternativi. Questi ultimi consentono decisioni più rapide e sono in grado di aumentare la produttività in vari settori. La sostituzione del capitale umano rappresenta un’opportunità di cambiare radicalmente la base dei costi e la produttività delle aziende. Non è ancora del tutto chiaro quale sarà l’impatto a lungo termine di sviluppi tecnologici recenti come l’Intelligenza Artificiale sull’occupazione. La storia insegna che innovazioni di questo tipo sostituiscono mansioni umane, ma portano al contempo alla creazione di nuove professionalità e occupazioni complementari. Gli investitori devono poi valutare i rischi che queste dinamiche comportano per le strategie aziendali e le economie. Ad esempio, importanti azioni sindacali in risposta ai processi di sostituzione dei lavoratori potrebbero ripercuotersi sulle previsioni di vendita e sugli utili. Inoltre, potrebbero risultare necessari maggiori investimenti nella formazione della forza lavoro mantenuta affinché questa possa padroneggiare le nuove tecnologie.

Figura 2: previsione di adozione dell’IA per settore entro il 2025

 

Supply – Mercati maturi ed emergenti come Cina e Brasile hanno registrato una riduzione significativa della popolazione in età lavorativa; un trend che avrà ripercussioni economiche a livello globale. Il calo dell’offerta di lavoro scaturisce dalla mancata sostituzione dei baby boomer in età pensionistica e dall’atteggiamento radicalmente mutato delle risorse umane di nuova generazione che ambiscono a un migliore equilibrio tra impegni professionali e vita privata. Un fattore, quest’ultimo, che ha contribuito al recente fenomeno delle “grandi dimissioni”.  Dopo la pandemia, infatti, negli Stati Uniti circa due milioni di lavoratori non sono rientrati nella forza lavoro, mentre nel Regno Unito il numero si attesta sui 300-500 mila. È poi in atto una tendenza secolare di diminuzione del numero medio annuo di ore lavorate dai dipendenti: in Europa, tra il 1995 e il 2019, quest’ultime sono diminuite del 6,8%. Su questo fronte, le aziende ad alta intensità di manodopera o con dipendenti poco qualificati risentono maggiormente di questo trend e vanno incontro a un significativo turnover del personale. In Columbia Threadneedle ci impegniamo ad analizzare il modo in cui i dirigenti affrontano questo problema al fine di comprendere come e quanto bene stiano gestendo il capitale umano nel lungo periodo rispettando contemporaneamente gli obiettivi di crescita e degli utili.

Skills – Mercati del lavoro solidi, bassi tassi di disoccupazione e invecchiamento della popolazione sono alcuni dei fattori che contribuiscono alla carenza di competenze a livello globale. Carenza che ha avuto un impatto negativo sugli utili in particolare per le aziende del settore sanitario[1] e della difesa[2]. La gestione dei rischi presenti oggi rispetto competenze può comportare per la performance complessiva delle aziende è quindi una parte fondamentale del rapporto di queste ultime con gli investitori.

Strategy – La nostra analisi ha infine rilevato che le imprese con una cultura fortemente condivisa hanno ottenuto risultati migliori soprattutto negli anni di crisi come quelli successivi alla crisi finanziaria globale e alla pandemia. La cultura è chiaramente utile per valutare la performance di un’azienda, sebbene sia difficile commisurare questo fattore per un analista finanziario. A questo proposito, in Columbia Threadneedle abbiamo iniziato a sviluppare una check list basata in gran parte su elementi quantitativi per effettuare una prima valutazione di questo aspetto. Le metriche definite comprendono i livelli di turnover volontario del personale, gli investimenti in formazione e la percentuale di seniority che beneficia di un piano di incentivi a lungo termine.

Il modello delle Cinque S supporta quindi l’analisi dei fondamentali e valutazione della performance delle aziende in portafoglio, integrandosi al nostro approccio di investitore attivo e sempre attento all’impatto sociale dei propri investimenti. In particolare, riuscire a identificare le modalità tramite cui le aziende approcciano e gestiscono il capitale umano restituisce, anche a noi investitori, un indice importante sullo sviluppo nel lungo termine delle società in cui investiamo.