Reddito fisso, i rischi della recente caccia al rendimento sul mercato

Michael R. Carrion, CFA, Managing Director Fixed Income, e Russel Higgins, Senior Credit Analyst, TCW -
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Lo scorso settembre sul mercato del credito europeo abbiamo assistito a un altro mese di inarrestabile domanda di rendimento che ha spinto gli spread a restringersi, nonostante un’altra impennata della volatilità. Molti investitori che di norma vanno a caccia di rendimenti, come i fondi pensione, le compagnie assicurative e gli investitori retail, continuano ad acquistare obbligazioni societarie per sfruttare l’ultimo massimo del ciclo dei rendimenti del credito europeo. I rendimenti, del resto, sono piuttosto interessanti e comprare credito sulla base di queste condizioni, nonostante gli spread ristretti, potrebbe essere la soluzione per molti investitori che seguono una strategia da cassettista. Se questi acquisti sono preceduti da una buona selezione (per assicurarsi di essere ripagati) e accompagnati da un’esplicita capacità e volontà di assorbire la volatilità degli spread, alcuni investitori hanno la possibilità di realizzare i loro obiettivi a lungo termine.

I segmenti da evitare

Il pericolo, in quest’ambiente, è rappresentato da quei segmenti in cui sono più evidenti gli effetti distorsivi dell’eccesso di domanda di rendimenti che sta spingendo gli spread a restringersi ulteriormente. Questa dinamica ha innescato un circolo vizioso: l’aumento di acquisti, spinto dalla paura di perdere le occasioni di acquisto sul mercato, a sua volta sta portando gli spread a restringersi ancora di più, fino a livelli in cui non si ha una sufficiente compensazione per il rischio di default o di volatilità. Si è osservata, tuttavia, una crescente disponibilità da parte degli investitori a scendere di qualità, pur di ottenere qualche punto di spread in più. Con l’avvicinarsi della fine del terzo trimestre, le società hanno iniziato a sfruttare in modo proattivo questa dinamica di auto-restringimento dello spread alimentato dall’insaziabile domanda di rendimento. Le aziende più deboli hanno potuto così emettere nuovo debito attirando gli investitori grazie a una concessione sostanziale di spread rispetto ai livelli compressi raggiunti sul mercato secondario.

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Come potrebbe andare a finire? Nel dicembre 2022 l’acquisto di obbligazioni non garantite emesse da una certa azienda di servizi di recupero crediti in sofferenza con elevata leva finanziaria rappresentava una ricerca aggressiva di rendimento, dopo un aumento di +435 punti base sui Fed Funds e di +200 punti base del tasso sui depositi della Bce. Questa nuova emissione è stata realizzata in un contesto di mercato spumeggiante, come quello in cui ci siamo trovati alla fine dello scorso anno, quando era ben più diffusa la speranza di un atterraggio morbido. Ebbene, l’entusiasmo si è spento a settembre, dopo che la stessa società ha emesso un profit warning. Una combinazione non ottimale, che ha portato a un calo del 50% del prezzo delle azioni, a un aumento del 40% degli spread sul debito e a un declassamento del rating di due notch a settembre.

L’effetto tassi alti più a lungo sui BTP

L’acquisto di rendimenti ha permesso all’indice Bloomberg Pan European Investment Grade Corporate di chiudere il mese con un aumento di 1 punto base, con una dispersione limitata. È stato un altro caso in cui il settore a più alto rendimento, il settore immobiliare, che è più sensibile ai tassi d’interesse del mercato, ha sovraperformato. Tuttavia, il mercato ha registrato un notevole deterioramento della tolleranza al rischio verso la fine di settembre, quando la volatilità dei tassi d’interesse e dei titoli azionari si è impennata sulla scia di un rinnovato timore per tassi “(molto) più alti e più a lungo”, una lente attraverso la quale probabilmente osserveremo una crescente dispersione del credito man mano che procediamo nel ciclo.

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Il rischio italiano è emerso alla fine del mese, diventando l’ultima vittima del timore che i tassi possano rimanere elevati più a lungo di quanto previsto. Il 27 settembre l’Italia ha annunciato l’intenzione di registrare un deficit di bilancio compreso tra il 4,1 e il 4,3% del PIL nel 2024, rispetto al 3,7% previsto in precedenza, e che il deficit del 2023 sarà pari al 5,5% del PIL rispetto a una stima precedente del 4,5%. È ancora presto per capire come questo si ripercuoterà sul rischio di credito italiano, ma l’allargamento dello spread BTP/Bund a +200 punti base è sembrato un colpo d’avvertimento.