Con una Cina che ancora arranca, gli investitori dovrebbero guardare all’India

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Gli investitori che vogliono guardare ai mercati emergenti ma diffidano degli investimenti azionari in Cina, potrebbero trovare un’interessate alternativa nelle azioni indiane.

Infatti, sebbene a partire dagli anni ’80 l’economia cinese sia cresciuta rapidamente fino a diventare la seconda economia mondiale, gli ultimi tre decenni non sono stati gratificanti per chi ha investito nelle azioni cinesi.

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Dal 1992, l’MSCI China ha garantito agli investitori un CAGR di appena lo 0,5% (dati aggiornati alla fine di ottobre). Dall’altro lato, nello stesso periodo le azioni indiane hanno riportato un Tasso composto di crescita annuale dei rendimenti dell’8,4% (in USD), nonostante la rupia indiana si sia deprezzata di quasi il 3,4% all’anno rispetto al dollaro USA.

Dopo aver toccato i minimi prima dell’ingresso della Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio nel dicembre 2001, l’MSCI China ha registrato un CAGR dell’8,4%, simile al CAGR dell’8,3% registrato dall’S&P 500. Tuttavia, nello stesso periodo, l’MSCI India ha registrato un CAGR del 12,2% (in USD), superando ancora una volta le azioni cinesi.

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A determinare questa sottoperformance da parte delle azioni cinesi è stata la crescita sofferente degli utili societari. Dal 2007, i titoli azionari cinesi hanno registrato una crescita degli utili pari solo al 3,6% annuo, mentre gli azionisti hanno visto i rendimenti del capitale proprio quasi dimezzarsi, dato che questi sono passati da un picco del 19% al più recente 11%.

Dal 2007, invece, le azioni indiane hanno registrato una crescita annuale degli utili dell’11%, superando persino l’8,7% realizzato nello stesso periodo dal NASDAQ 100, indice trainato dai titoli tecnologici.

Certo, per gli investitori azionari che guardano all’India si presenta la sfida dettata dal fatto che questa crescita premium degli utili ha fatto sì che le azioni indiane vengano tipicamente valutate a livelli superiori rispetto a quelle cinesi e a molte altre controparti globali.

In effetti, il premio di valutazione delle azioni indiane rispetto a quelle cinesi è prossimo al massimo storico. Questo ampio divario è dovuto alle valutazioni ciclicamente elevate dell’India e a quelle vicino alla crisi della Cina. Livelli simili si sono visti solo nel 2008-09, durante la crisi finanziaria globale, e nel 2011-14, durante la crisi del debito europeo e il primo tentativo di ristrutturazione del settore immobiliare cinese.

Se le valutazioni delle azioni indiane, che al momento sono pari al 22x, dovessero ridursi e tornare alla loro media storica di 20x, si aprirebbe un’opportunità a quegli investitori che attualmente sono focalizzati sulla Cina e che sono alla ricerca di una crescita economica e di utili di qualità superiore nel processo di ristrutturazione avviato in Cina dopo la bolla speculativa. Questi, infatti, potrebbero cogliere l’opportunità per costruire un’esposizione strategica all’India.

Nel complesso, gli investitori focalizzati sulla Cina dovrebbero riconoscere che quest’era di ristrutturazione dello sviluppo economico cinese ha dato luce a uno scenario d’investimento diverso e più impegnativo.

Di conseguenza, questi investitori dovrebbero adattare le loro strategie, sfruttando un potenziale rimbalzo del ciclo economico globale per riorientare l’esposizione da settori maturi e in fase di ristrutturazione, verso a settori con un ciclo di crescita economica e degli utili più lungo. Ciò può avvenire concentrandosi sulle politiche governative cinesi che guidano la trasformazione economica e/o integrando l’esposizione alla Cina con un’esposizione all’azionario indiano, che storicamente ha garantito agli investitori una crescita degli utili più sostenibile e di lungo ciclo.