A quando l’eliminazione delle microplastiche dai nostri mari e acque interne?

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Le numerose forme delle microplastiche includono microsfere, frammenti, pellet, pellicole, schiuma e fibre. Possono essere creati quando oggetti di plastica più grandi si rompono col tempo sotto l’azione del sole e delle onde, oppure possono essere fabbricati intenzionalmente, come nel caso di microsfere e pellet. In uno studio sulle microplastiche condotto su 37 spiagge protette negli Stati Uniti, sono state trovate microfibre in ogni sito e costituivano il 97% dei detriti. La più alta concentrazione di microplastiche in questo studio nazionale è stata trovata presso l’Apostle Islands National Seashore nel Wisconsin, con una media di 221 pezzi di microplastica per chilogrammo di sabbia.

Questi studi hanno dimostrato che le quantità maggiori si trovano vicino alle aree urbane vicine alla costa, in particolare vicino ai luoghi in cui si riversano fiumi, acque piovane e scarichi di acque reflue.

L’impatto sugli animali

È stato scoperto che lo zooplancton, i pesci, le cozze e gli uccelli stanziali ingeriscono microplastiche, scambiando i detriti per il loro cibo naturale. Le microplastiche possono attrarre e trasportare gli agenti inquinanti già presenti nell’acqua e rilasciare sostanze chimiche aggiunte alla plastica per renderla colorata, flessibile o resistente alla fiamma. Studi di laboratorio hanno dimostrato che le microplastiche possono avere un impatto sugli animali ritardandone le fasi di sviluppo, causando problemi con la riproduzione e potrebbero persino rendere loro difficile combattere le malattie. Sebbene sia accertato il rischio che la fauna selvatica possa ingerire o essere esposta alle microplastiche e ai loro additivi chimici, sono necessarie ulteriori ricerche per capire come potrebbero essere colpiti e soprattutto come il fenomeno possa impattare la catena alimentare umana.

I provvedimenti

Il Marine Debris Act (2006) e il Save our Seas Acts (2018 e 2020) degli Stati Uniti da anni danno priorità alla prevenzione, ricerca, valutazione e rimozione dei rifiuti del mare, con azioni specifiche per comprendere e affrontare il tema delle microplastiche. Gli Stati Uniti hanno inoltre approvato il Microbead-Free Waters Act del 2015, che vieta i cosmetici a risciacquo che contengono microsfere di plastica aggiunte intenzionalmente.

L’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente ha concordato all’unanimità di negoziati formali su un trattato giuridicamente vincolante per porre fine all’inquinamento da plastica, con l’obiettivo di concludere i negoziati entro la fine del 2024. Il Canada ha anche vietato la produzione, importazione, vendita ed eventualmente esportazione di molti tipi di articoli in plastica monouso.

Gli articoli monouso e usa e getta sono profondamente radicati nella nostra vita quotidiana, ma possono diventare tutti detriti marini e microplastiche.

La situazione in Italia

Anche in Italia gli esperti stimano che ogni anno nove tonnellate di rifiuti di plastica sfuggano al recupero e finiscano nell’ambiente dove lentamente si degradano, appunto in pezzi sempre più piccoli e sempre meno recuperabili. Altre fonti di microplastiche sono i tessuti sintetici e gli pneumatici, che rilasciano queste particelle nell’aria, sul suolo e nelle acque.

Le microplastiche inquinano l’ambiente e, come dicevamo, costituiscono un rischio per la salute degli animali e degli esseri umani. Si stima che attraverso il cibo ognuno di noi ingerisca circa cinque grammi di microplastica a settimana, ma oltre che negli alimenti, le microplastiche si possono trovare anche nell’acqua che beviamo e nell’aria che respiriamo, quindi la nostra esposizione a queste particelle è difficilmente calcolabile. Anche se ancora non conosciamo i reali effetti delle microplastiche sulla nostra salute, è importante cercare di limitare il più possibile l’ulteriore immissione di plastica nell’ambiente.

La Plastic Tax

A tre anni di distanza dalla sua istituzione, la Plastic Tax non vede ancora la luce: rimandata a luglio l’attuazione dell’imposta sulla plastica monouso. A seguito dell’approvazione del maxi emendamento sostitutivo del disegno di Legge di Bilancio 2024, il Senato italiano ha deciso di posticipare al 1° luglio 2024 l’entrata in vigore della tanto dibattuta Plastic Tax.

Ma che cos’è la Plastic Tax? Introdotta originariamente dall’articolo 1 della legge di Bilancio 2020, è un’imposta sui manufatti in plastica monouso.

L’imposta, ora prorogata per la sesta volta, dovrebbe colpire i cosiddetti Macsi, manufatti in plastica con singolo impiego, realizzati utilizzando materie plastiche costituite da polimeri organici di origine sintetica, che includono, per esempio, i contenitori del latte in tetrapak, le bottiglie, gli imballaggi in polistirolo e alcuni preformati. Esclusi invece dalla tassazione quelli compostabili conformi alla normativa europea 13432/2002, come per esempio i dispositivi medici classificati come tali e i contenitori di preparati medicinali. L’attuazione pratica della Plastic Tax è ora rimessa a un provvedimento, non ancora noto, del direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.