L’ultimo miglio della disinflazione rimane accidentato

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Il “destino macroeconomico” del 2024 dipenderà dal fatto che il processo di disinflazione iniziato l’anno scorso prosegua rapidamente, consentendo alle banche centrali di eliminare alcune delle misure restrittive. Nel 2023, la disinflazione è stata guidata principalmente da fattori esogeni, come la normalizzazione delle linee di approvvigionamento e dei prezzi dell’energia; purtroppo, stiamo assistendo al ritorno di rischi da ‘policrisi’ che potrebbero far deragliare il rallentamento generale dei prezzi dei beni commerciali nell’economia globale. I recenti sviluppi della situazione nel Mar Rosso suggeriscono che l’impatto inflazionistico della crisi mediorientale potrebbe assumere una forma diversa dal ‘solito’ shock dei prezzi del petrolio, in quanto le linee di approvvigionamento iniziano ad essere nuovamente perturbate. A Taiwan, l’elezione di un Presidente del DPP per la terza volta consecutiva ci costringe a confrontarci ancora una volta con la possibilità di un’escalation della rivalità sino-americana, con il potenziale di innescare l’ennesima guerra commerciale.

Ciononostante, riteniamo ci siano ancora motivi per rimanere ragionevolmente fiduciosi. L’attuale situazione nel Mar Rosso non è paragonabile al fermo generale delle linee di rifornimento in periodo pandemico. E anche il fatto che il Presidente eletto di Taiwan non abbia ottenuto la maggioranza parlamentare, in una configurazione in cui la Cina non è nella posizione migliore per correre il rischio di perdere il sostegno della domanda estera, potrebbe contribuire a evitare l’intensificarsi delle tensioni tra Pechino e Washington.

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Tuttavia, anche se le forze inflazionistiche esogene verranno tenute sotto controllo, gli ultimi dati sui prezzi al consumo negli Stati Uniti suggeriscono che il cosiddetto “ultimo miglio” della disinflazione rimane accidentato. Su una base annualizzata di 3 mesi, l’inflazione core ha toccato una “linea di resistenza” al di sopra del 3% da settembre. Non si può ancora escludere la materializzazione dello scenario prospettato in un paper del 2023 da Bernanke e Blanchard, in cui l’inflazione guidata dal costo del lavoro prende il sopravvento mentre gli shock guidati dall’offerta si affievoliscono. Siamo meno preoccupati per l’Eurozona dove, malgrado il continuo calo della produttività che spinge al rialzo i costi unitari del lavoro, ci aspettiamo che il deterioramento della fiducia economica faccia scendere i margini.