Il reddito fisso resterà attrattivo anche nel 2024

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L’inflazione è senza dubbio il peggior nemico di chi investe nel reddito fisso e il suo andamento è probabilmente il parametro più difficile da prevedere, soprattutto in un contesto con una volatilità che non si osservava dagli anni Settanta, con lo shock petrolifero. Se si considera poi che questa rappresenta ancora uno degli indicatori più importanti per i mercati finanziari (e in particolare per quelli obbligazionari), non ci si stupisce che il grande interrogativo di quest’anno sarà: “Possiamo smettere di preoccuparci delle conseguenze di un’inflazione alta o, con il passare dei mesi, la situazione peggiorerà di nuovo?

Le reazioni quasi euforiche che gli investitori hanno avuto a seguito dello stop del rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve segnalano che la maggior parte di loro ha interpretato questa manovra come un segno che l’inflazione era stata contenuta e, effettivamente, i numeri sono in discesa. Tuttavia, questo ha anche diffuso la convinzione che presto le maggiori banche centrali avrebbero dato il via a una serie di tagli dei tassi d’interesse che avrebbe scongiurato una recessione dura, a sostegno dello scenario di “atterraggio morbido”; un punto su cui, invece, è lecito nutrire più di qualche dubbio.

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Infatti, i dati arrivati a inizio 2024 non indicano solamente un trend positivo dell’inflazione, ma anche un mercato del lavoro statunitense molto solido, con livelli di occupazione più alti del previsto. Inoltre, le tensioni nel Mar Rosso hanno già iniziato a creare problemi a livello di offerta, con potenziali implicazioni proprio sull’inflazione. Pertanto, più si osserva il mercato comportarsi come se il costo del denaro sia una questione appartenente al passato, meno c’è da stare tranquilli. Questo è anche uno dei motivi che ha spinto noi di LGIM a non puntare su soluzioni con una duration particolarmente alta.

Un altro punto chiave legato agli Usa è se l’economia di questi rallenterà nel 2024, indipendentemente che entri in recessione o meno. Ad oggi, ciò che si evince è che il settore manifatturiero in tutto il mondo è in difficoltà, mentre quello dei servizi, al contrario, si presenta in buona salute. Fintanto che questi fattori si accompagneranno a mercati del lavoro rigidi come menzionato sopra, il rischio di una recessione sarà sempre presente, ma sul fatto che questa sia imminente, ovvero che abbia luogo nel primo semestre di quest’anno, le probabilità si stanno riducendo.

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È importante parlare anche di come, negli ultimi due anni, gli investitori si siano ritrovati a dover fare i conti con una volatilità particolarmente alta, che quasi certamente si protrarrà anche in questo, a causa delle elezioni politiche in programma in numerosi mercati chiave (Usa, Regno Unito, Unione Europea e India, solo per citarne alcuni). Tuttavia, questo elemento non è necessariamente un male. In LGIM siamo soliti dire che la volatilità è come il colesterolo: ne esiste una buona e una cattiva; quella cattiva è quella che si lega a un rischio sistemico, mentre quella buona è quella che, se opportunamente sfruttata attraverso strategie di management attivo, può dare vita a opportunità di investimento. Il caso odierno è quest’ultimo.

Le ultime considerazioni riguardano il rally registrato negli ultimi due mesi del 2023, che ha sicuramente eroso parte dei guadagni che gli investitori si aspettavano, ragionevolmente, di conseguire nell’arco di quest’anno. Inoltre, sebbene la narrativa dell’atterraggio morbido sia positiva per gli asset più rischiosi, riteniamo che i mercati finanziari oggi lo stiano scontando maggiormente. Nonostante ciò, la redditività del comparto fixed-income continua a mantenersi attrattiva rispetto alla sua media storica, soprattutto nel segmento corporate. D’altro canto, riteniamo che le prospettive per l’apprezzamento del capitale potrebbero essere più incerte nei prossimi mesi, data l’entità del rally negli ultimi mesi del 2023.