Wall Street corregge. Calma piatta sul mercato valutario

Saverio Berlinzani, Senior Analyst ActivTrades -
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Wall Street ritraccia qualcosa anche se, sostanzialmente, rimane ancorata sui massimi storici, in assenza di notizie che in qualche modo, possano modificarne la price action. Siamo in presenza, per la verità, di un contesto di preoccupazioni economiche e di inflazione che sembra aver smesso di scendere con continuità. A tal proposito diventano fattori chiave i dati, che usciranno in settimana, sull’inflazione del PCE e gli interventi dei funzionari della Federal Reserve. Le previsioni indicano che sia il dato generale, sia quello core mostreranno un leggero aumento su base mensile, mentre si prevede che il tasso annuale rallenterà. Inoltre, sempre in settimana sarà rilasciata la seconda rilevazione del PIL del quarto trimestre 2023. Sul fronte delle trimestrali, intanto, Berkshire Hathaway ha visto le sue azioni salire di oltre il 2% a seguito di un utile operativo annuale record. Anche Nvidia ha registrato un aumento dell’1,5%, mentre anche altri titoli del settore tecnologico sono aumentati. Nelle contrattazioni lunedì, il Dow è sceso dello 0,16%, l’S&P 500 è sceso dello 0,38% e il Nasdaq Composite ha perso lo 0,13%. Otto degli 11 settori dell’S&P hanno chiuso in ribasso, trascinati al ribasso dai servizi di pubblica utilità, dai servizi di comunicazione e dal settore immobiliare.

VALUTE

Calma piatta sul mercato valutario, con il solo Jpy debole, e in persistente discesa, anche se lenta, contro dollaro. La BoJ è sparita e il mercato può liberamente deprezzare lo Jpy, indifeso e in discesa senza soluzione di continuità. Non siamo lontani da 151.00 e da quel 151.80 massimo degli ultimi anni, realizzato il 17 ottobre 2022, a cui fece seguito un intervento massiccio della Banca centrale giapponese a sostegno dello Jpy. Ma va detto che c’era Kuroda, come Governatore, decisamente più interventista del suo successore, Ueda, che per ora sé limitato a qualche intervento verbale per rallentare la velocità di discesa della valuta giapponese senza volerlo apprezzare. Probabilmente l’obiettivo della BoJ è quello di raddrizzare la bilancia commerciale giapponese, in deficit da molto tempo ormai. Sugli altri cambi poco da segnalare, con rinnovata debolezza del dollaro australiano, tornato ieri sera, contro dollaro neozelandese, sotto quota 1.0600, per poi reagire questa notte con un ritorno prepotente a 1.0620, mentre Euro e sterlina sono inchiodati in 30-40 pip di trading range. Franco svizzero ancora in leggero indebolimento, a 0.9550 contro euro e 0.8810 rispetto al dollaro. Poco da segnalare sui cross della moneta unica, con il solo EurJpy che si è avvicinato a quota 164.00. Si aspetta un trigger, una ragione che possa spostare le attuali price action. Cosa potrà essere? Solo movimenti sui tassi, a nostro avviso.

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GIAPPONE, INFLAZIONE IN DISCESA

Il tasso di inflazione annuale in Giappone è sceso al 2,2% a gennaio 2024 dal 2,6% del mese precedente, segnando il livello più basso da marzo 2022, poiché i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati meno del previsto (5,7% contro 6,7% a dicembre). Inoltre, i costi sono diminuiti per l’assistenza sanitaria (2,3% contro 2,4%), e per il settore della comunicazione (2,1% contro 4,8%). Allo stesso tempo, i prezzi del carburante e della luce sono diminuiti per il 12° mese (-11,9% contro -13,2%), a causa dell’elettricità (-21,0% contro -20,5%) e del gas (-15,3% contro -13,8%). Al contrario, l’inflazione è rimasta invariata per l’edilizia abitativa (allo 0,7%), l’abbigliamento (al 3,0%) e i mobili e gli utensili domestici (al 6,5%). l tasso di inflazione core è sceso al minimo di 22 mesi del 2,0% dal 2,3% di dicembre, al di sopra del consenso del mercato dell’1,8%, ma entro l’obiettivo del 2% della Banca del Giappone dopo aver superato tale livello per 21 mesi. Su base mensile, i prezzi al consumo sono rimasti stabili dopo essere aumentati dello 0,1% a dicembre. Leggero recupero dello Jpy questa notte, ma insignificante sotto il profilo percentuale.

PETROLIO

Ieri il Wti si è mantenuto sopra i 77 dollari al barile, dopo essere balzato di oltre l’1% nella sessione precedente, sostenuto dalle continue interruzioni delle spedizioni che hanno sollevato preoccupazioni sull’offerta. Nello Yemen continuano gli attacchi alle navi da parte dei ribelli Houti, il che provoca un aumento dei costi di trasporto in ragione di maggiori costi per la protezione e del ritardo delle consegne. Ad aggravare la situazione, ovviamente, anche i negoziati falliti per il cessate il fuoco tra Israele e Hamas. Negli Stati Uniti, intanto, aumenta la domanda da parte delle raffinerie di petrolio che stanno beneficiando di forti margini. In ragione di un aumento della domanda di greggio americano dall’estero, per evitare problemi di spedizione nel Mar Rosso.

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