Ecco perché l’esito delle elezioni USA non metterà a rischio la transizione verde

-

dopo il Super Tuesday, Trump sembra destinato a essere il candidato repubblicano alle presidenziali. Cosa potrebbe significare una sua rielezione per i titoli delle aziende green? Si rischia un’inversione a “U” sulla transizione ecologica?

Rahul Bhushan – Managing Director di Ark Invest Europe – ritiene di no, per una serie di motivi illustrati nell’analisi di seguito.

Negli ultimi cinque anni, le aziende del settore green hanno affrontato una complessa serie di venti contrari: dalla presidenza Trump alla pandemia, dalla guerra in Ucraina a un ciclo di rialzi dei tassi senza precedenti, e infine le nuove tensioni in Medio Oriente. Hanno dovuto resistere alle difficoltà per le interruzioni della catena di fornitura e alla volatilità dei costi di materiali chiave. Senza dimenticare il panorama normativo in costante evoluzione nei vari Paesi.

Ma cosa potrebbe avvenire quest’anno con le elezioni americane? C’è il rischio di un contraccolpo sul settore della transizione ambientale

Senza dubbio, i risultati di un recente sondaggio Pew mostrano un netto contrasto: l’88% dei democratici si sente angosciato per le condizioni della Terra, contro solo il 50% dei repubblicani. Nonostante ciò, è importante sottolineare che il divario tra i partiti non ha ostacolato gli investimenti nelle energie pulite, anzi: dati alla mano, gli Stati repubblicani stanno sostenendo attivamente le rinnovabili.

Nel 2022, i primi cinque Stati leader per quota di elettricità prodotta da energia eolica erano prevalentemente repubblicani: Iowa, South Dakota, Kansas, Oklahoma, North Dakota. L’esame della produzione totale rivela una tendenza simile: in cima alla lista c’è il Texas, in netto vantaggio rispetto agli altri, seguito da Iowa, Oklahoma e Kansas, tutti repubblicani. In particolare, circa il 70% dell’energia eolica statunitense è prodotta in Stati politicamente repubblicani.

Per quanto riguarda l’energia solare, la tendenza è leggermente diversa, ma gli Stati repubblicani sono comunque impegnati in modo significativo. La California è in testa nella produzione di energia solare, ma il Texas, tipicamente una roccaforte repubblicana, è al secondo posto. La Florida e la Carolina del Nord, anch’essi Stati “rossi”, figurano tra i primi cinque. In particolare, gli Stati repubblicani hanno rappresentato un terzo della produzione solare totale degli Stati Uniti nel 2022.

Questi dati suggeriscono come gli Stati repubblicani stiano progressivamente adottando l’energia pulita, con considerazioni economiche che probabilmente giocano un ruolo più significativo rispetto alle preoccupazioni per il climate change. La loro posizione geografica nella “Wind Belt” degli Stati Uniti offre loro abbondanti risorse eoliche e solari, che portano a fattori di capacità elevati e a rendimenti d’investimento interessanti.

Per i proprietari terrieri, l’energia pulita rappresenta un business redditizio, in grado di produrre un reddito costante con un impatto minimo sulle loro attività agricole. Questa stabilità è particolarmente attraente rispetto alle incertezze dell’agricoltura, spesso soggetta a rendimenti incostanti a causa di condizioni meteorologiche variabili e raccolti scarsi. L’attrattiva economica dell’energia eolica e solare sembra essere un fattore chiave per la sua adozione in queste aree, suggerendo un atteggiamento più pragmatico verso lo sviluppo delle energie rinnovabili di quanto si possa inizialmente prevedere.

Tuttavia, il passaggio all’energia pulita negli Stati repubblicani non è guidato esclusivamente dalle dinamiche di mercato. Anche le considerazioni politiche giocano un ruolo fondamentale. In primo luogo, la velocità di sviluppo dei progetti rinnovabili è influenzata in modo significativo dalle normative e dalle restrizioni edilizie, aree in cui gli Stati repubblicani sono spesso avvantaggiati. In secondo luogo, e un po’ per ironia della sorte, questi Stati sono stati i maggiori beneficiari dell’Inflation Reduction Act (IRA) di Biden, nonostante le loro inclinazioni politiche.

Secondo le stime della Casa Bianca, grazie all’IRA gli Stati repubblicani attireranno circa 337 miliardi di dollari di investimenti per grandi progetti solari, eolici e di stoccaggio fino alla fine di questo decennio. Nel frattempo, gli Stati guidati dai democratici attireranno circa 183 miliardi di dollari.

Le regioni del Midwest e del sud degli Stati Uniti sono già diventate importanti centri di produzione di tecnologie pulite, tanto da meritare il soprannome di “Battery Belt”. L’Ohio, ad esempio, è diventato uno dei mercati più vivaci per i nuovi impianti solari.

In ultima analisi, la difesa delle cause ambientali non è un prerequisito per riconoscere l’importanza e il valore degli investimenti in energia pulita. Di conseguenza, il sostegno alle iniziative green locali è rimasto solido, anche all’interno dei circoli conservatori.

Non a caso, anche durante la presidenza Trump (2016-2020) si sono verificati notevoli cambiamenti nel panorama energetico USA, nonostante il suo scetticismo sul clima: la produzione di pannelli solari ha registrato un’impennata del 110%, e la capacità eolica installata è raddoppiata, passando dal 4,6% al 9%.

Certo, questi risultati nel campo delle energie pulite non sono stati raggiunti grazie alla presidenza Trump, ma piuttosto a dispetto di essa. Ma ciò sottolinea un punto cruciale: l’interazione tra forze di mercato e progressi tecnologici si è dimostrata troppo forte per ostacolare la marcia delle energie rinnovabili. Il mercato ha riconosciuto che la transizione energetica è inevitabile e che i combustibili fossili sono destinati all’obsolescenza.

Alla luce della nostra analisi, riteniamo che il rischio associato all’esito delle elezioni statunitensi di novembre sia probabilmente minimo, a causa del riconoscimento bipartisan dei vantaggi economici derivanti dagli investimenti nel solare, nell’eolico e nelle batterie, anche negli Stati a maggioranza repubblicana. Inoltre, l’IRA trascende il suo ruolo di legge sulla transizione energetica, allineandosi con l’agenda “American First”, senza dimenticare che il tema della sicurezza energetica ha un’ampia risonanza in tutto lo spettro politico americano.