Tagli dei tassi: azioni, obbligazioni o liquidità?
Solo un anno fa, ci stavamo preparando alla recessione più attesa della storia e il rendimento dei Treasury USA a 10 anni minacciava di scendere sotto il 3%. Un anno dopo, il rendimento a dieci anni negli USA ha toccato, per breve tempo, un massimo pluridecennale del 5%, mentre i mercati azionari stanno beneficiando di risultati record.
Dunque, per quanto riguarda le prospettive di crescita e dei prezzi degli asset per il 2024 ci sono buone ragioni per essere ottimisti. I dati comunicati di recente indicano un rimbalzo tattico dell’attività e, in media, una prospettiva più costruttiva per la crescita a breve termine. In particolare, le indagini PMI nel comparto manifatturiero si stanno consolidando dopo un 2023 debole, grazie all’adeguamento delle scorte. L’inflazione si è ridimensionata in modo significativo e il mercato del lavoro, pur rimanendo resiliente, ha mostrato dei segnali di raffreddamento. I tassi di disoccupazione rimangono bassi, ma sono al di sopra dei minimi post-pandemia nella maggior parte delle economie. Le prospettive più rosee vengono rafforzate dall’allentamento delle condizioni finanziarie, e sono previsti dei tagli dei tassi.
Sono stati fatti buoni progressi sul fronte dell’inflazione, ma il lavoro non è ancora finito e le banche centrali vorranno vedere l’inflazione scendere in modo sostenibile, prima di dichiarare vittoria prematuramente. L’inflazione nel comparto dei servizi rimane vischiosa e i mercati del lavoro devono ulteriormente adeguarsi per smorzare le pressioni salariali.
Di fatto, i recenti dati sul mercato del lavoro statunitense sono stati molto positivi. La crescita dei posti di lavoro è stata doppia rispetto alle aspettative e ha evidenziato una persistente crescita dei salari. Ciò mette in discussione la narrativa sui mercati, che prevede un pivot della Fed e ampi tagli dei tassi.
Sebbene i dati economici siano ottimistici, i rischi al ribasso continuano a offuscare le prospettive. Tra questi, i rischi di un rialzo dell’inflazione, unitamente all’emissione di titoli di Stato e ai rischi geopolitici. Si tratta di un anno importante per le elezioni, con circa 4 miliardi di persone in tutto il mondo che si recheranno alle urne e che rappresentano il 60% del Pil globale.
Banche centrali, la domanda è: quando tagliare
Il dilemma per le banche centrali è se tagliare troppo presto e rischiare che l’inflazione si radichi o che sia sospinta al rialzo dalla vischiosità dei prezzi dei servizi e dall’impatto sui prezzi dei beni di una potenziale escalation del conflitto in Medio Oriente.
D’altro canto, un taglio troppo tardivo potrebbe incidere negativamente sulla crescita e sui mercati del lavoro. Un regime di tassi d’interesse più alti e più a lungo rischia d’innescare un ciclo creditizio: i costi più elevati incidono sulla redditività delle imprese il che, a sua volta, si ripercuote sui mercati del lavoro e fa crescere i tassi d’insolvenza. Si tratta di uno scenario che potrebbe implicare una recessione degli utili, che determina una recessione economica.
Tuttavia, le recenti comunicazioni della Fed rivelano un orientamento conciliante, nonostante alcune reazioni negative alla tempistica del ciclo dei tagli sui mercati. Il presidente Jerome Powell è stato chiaro sulla direzione della politica monetaria. Un solido contesto di crescita e l’andamento del mercato del lavoro non ostacoleranno i tagli dei tassi, mentre l’equilibrio si sposterà sul rallentamento dell’inflazione. Si tratta quindi di una questione di “quando”, piuttosto che di “se”, e il primo taglio avrà probabilmente luogo a maggio o giugno.
Tuttavia, altrove, le prospettive sono incerte. Nel Regno Unito, ad esempio, la dinamica economica sta registrando uno slancio, se si osservano una serie di indicatori, come ad esempio i recenti dati PMI che mostrano una riaccelerazione dell’attività nel comparto dei servizi. Il mercato del lavoro rimane resiliente e più rigido del previsto, mentre l’inflazione nel comparto dei servizi rimarrà vischiosa, a causa dell’allentamento fiscale, e sussiste un rischio elevato di un’inflazione dei beni limitata dalle catene di approvvigionamento. Ciò potrebbe costringere la BoE a mantenere invariati i tassi più a lungo e potrebbe spingere i tagli dei tassi fino al terzo trimestre.
È probabile che si verifichino delle divergenze in termini di crescita, politiche e utili in tutto il mondo. Di conseguenza, continuerà a esserci volatilità, mentre gli investitori si orientano tra i dati e il percorso incerto della politica.
Sebbene l’incertezza persista, la “fase di pausa” potrebbe offrire opportunità agli investitori. L’analisi storica del rendimento medio annualizzato totale degli indici S&P500, Bloomberg US Aggregate Bond e Bloomberg US Treasury bills, tra l’ultimo rialzo dei tassi della Fed e il primo taglio, evidenzia che le azioni e le obbligazioni hanno tendenzialmente sovraperformato la liquidità nel periodo in esame e all’avvio del ciclo di tagli.
Manteniamo un giudizio equilibrato sulle azioni, sostenuto dall’allentamento delle condizioni finanziarie, dal miglioramento delle prospettive economiche e dai trend positivi degli utili in un contesto di valutazioni elevate. Una posizione sovrappesata negli asset reali è in linea con prospettive strutturalmente migliori per i prezzi dell’energia e delle materie prime, valutazioni interessanti e una copertura contro lo scenario di un’inflazione potenzialmente più vischiosa. Nell’ambito del reddito fisso, continuiamo a sovrappesare le obbligazioni high yield e dei mercati emergenti, in considerazione degli interessanti rendimenti complessivi e dei fondamentali favorevoli, e in particolare delle tendenze disinflazionistiche di questi ultimi.