Il sistema dei fondi pensione negoziali

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Assofondipensione, l’Associazione di categoria dei fondi pensione negoziali, nell’ambito di una recente audizione parlamentare ha tratteggiato il quadro del sistema di previdenza complementare italiano e formulato alcune interessanti proposte  di rilancio.

Quali sono le principali evidenze ?

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Considerando la platea dei lavoratori dipendenti pubblici e privati, quasi il 40% dispone di una posizione di previdenza complementare e tra questi il 48% ha scelto un fondo pensione negoziale.

La previdenza complementare italiana raccoglie un patrimonio che a fine 2023 aveva un valore di 223 miliardi di euro e i fondi pensione negoziali rappresentano la quota più rilevante tra le diverse forme previdenziali, gestendo il 30,5% del totale. Nel corso del 2023 la previdenza complementare ha raccolto 14,6 miliardi di euro (senza considerare i fondi pensione preesistenti), di cui il 44% i soli fondi pensione negoziali. Dal punto di vista dei rendimenti, e sebbene nel 2022 si sia registrato un risultato negativo, per la crisi dei mercati finanziari determinata dalle politiche monetarie antinflazionistiche e dalle tensioni geopolitiche, l’analisi di lungo periodo coerente con la finalità della previdenza complementare (10 e 15 anni) mostra che i rendimenti dei fondi pensione superano la rivalutazione del Tfr. Ad esempio, un euro investito nei fondi pensione negoziali per 15 anni ha reso, al netto dei costi e della fiscalità, 70 centesimi di euro rispetto ai 42 centesimi del Tfr e ai 59 dei fondi pensione aperti . Questi risultati dei fondi pensione negoziali sono dovuti, tra l’altro, all’efficiente gestione amministrativa e finanziaria che si riflette in una struttura dei costi particolarmente competitiva in confronto alle altre forme pensionistiche complementari, così come evidenziato dall’indagine annuale della Covip.

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La realtà dei fondi negoziali, viene sottolineato ,è estremamente solida e che da essa scaturisce un dibattito avanzato per lo sviluppo del sistema. La prima preoccupazione di Assofondipensione è rafforzare il più possibile la cultura previdenziale ed estendere le adesioni ai fondi pensione. Le parti sociali da tempo stanno sperimentando nuove forme contrattuali per incentivare e sostenere le adesioni ai fondi negoziali, ma il sistema ha bisogno di stabilità e di un convinto sostegno da parte delle istituzioni. In questi anni, Assofondipensione ha sviluppato diversi progetti condivisi tra i fondi soci. L’ultimo in ordine di tempo è il progetto relativo all’Esercizio dei Diritti di Voto, con il quale 13 fondi pensione hanno iniziato a votare in modo coordinato nelle assemblee delle società di cui i fondi possiedono pacchetti azionari. L’obiettivo è votare nel 2024 in circa 100 società quotate europee, contribuendo al miglioramento della loro governance nel rispetto dei principi di sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG) e secondo linee guida discusse e condivise nel contesto dell’Associazione. Inoltre, Assofondipensione è stata protagonista in questi anni del principale progetto di sostegno all’economia italiana emerso dal mondo della previdenza complementare. Si tratta del Progetto Economia Reale. Il punto di partenza di questa iniziativa, avviata nel 2019, è stata la consapevolezza che i fondi negoziali investivano una quota troppo ridotta del loro patrimonio in strumenti diretti a supporto dell’economia reale italiana, come il private equity e il private debt. Il Progetto ha avuto quindi l’obiettivo di mobilitare risorse previdenziali nel private capital del Paese. L’iniziativa è stata concepita sin dall’inizio sulla base di una collaborazione pubblico-privata, che ha visto in Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e nei fondi negoziali, attraverso Assofondipensione, i due attori principali che davano vita a nuovi fondi di fondi di private equity, private debt e infrastrutture. I tre fondi di fondi sono alimentati da risorse pubbliche, rese disponibili da CDP, e private, provenienti dai fondi negoziali che aderiscono al progetto. La gestione di questi fondi di fondi è stata attribuita alla società di gestione del risparmio Fondo Italiano d’Investimento (FII), il più grande investitore istituzionale di private capital in Italia, partecipato al 55% da CDP Equity (la holding di investimenti a totale controllo di CDP).

I principi guida per l’azione del gestore, fissati da Assofondipensione e CDP, privilegiano gli investimenti in piccole e medie imprese operanti in Italia e con solide prospettive di crescita, operanti in settori diversi, dal settore industriale, inclusa l’industria di trasformazione, al settore commerciale, a quello dei servizi, inclusi i servizi pubblici locali, al settore della cooperazione. Gli investimenti devono essere coerenti con i principi ESG verso cui i fondi pensione negoziali, e i loro lavoratori, hanno grande sensibilità; inoltre, le imprese investite devono avere rapporti regolari con i fondi pensione per quanto attiene al diritto di adesione dei lavoratori alla previdenza complementare e i relativi versamenti contributivi.

Il Progetto Economia Reale di Assofondipensione con CDP è riuscito ad attivare risorse finora pari a circa 1,15 miliardi di euro, dando un contributo rilevante al Paese. Si sta  così contribuendo a favorire la crescita dimensionale delle imprese attraverso un supporto finanziario altrimenti non acquisibile sul mercato, rafforzandone il posizionamento strategico nonché la struttura manageriale e razionalizzandone la compagine azionaria e puntando a creare “campioni” in grado di competere sulla scena internazionale. D’altronde, i dati a disposizione mostrano che il Progetto Economia Reale sta creando valore anche per i lavoratori iscritti ai fondi pensione in una logica di diversificazione degli investimenti e della ricerca del maggiore rendimento nell’ottica di lungo periodo che è quella propria dei fondi pensione.

Si ritiene poi fondamentale e una nuova campagna informativa, associata a una nuova finestra temporale di scelta che potrebbe vedere una rimodulazione e un aggiornamento del meccanismo del silenzio-assenso, con meccanismi che, nel rispetto della volontarietà dell’adesione, possano favorire maggiormente l’adesione dei lavoratori più giovani sin dall’inizio del percorso professionale, anche nei periodi caratterizzati da una minore stabilità del rapporto lavorativo. Ad esempio, si potrebbe prevedere come opzione di default una strategia di investimento coerente con l’orizzonte temporale del soggetto interessato, dal momento che un comparto garantito può risultare molto penalizzante per chi è molto lontano dalla pensione.

In tema di fiscalità si ritiene altresì opportuno sottolineare che le regole applicate agli aderenti hanno bisogno di stabilità per non minare la fiducia nel sistema e pertanto ogni eventuale modifica, che talvolta viene evocata rispetto all’attuale schema fiscale ETT applicato alle forme di previdenza italiane, dovrebbe essere molto ben ponderata se non si vogliono produrre effetti negativi sulla percezione che gli iscritti hanno delle prestazioni del secondo pilastro previdenziale. Piuttosto, sarebbe utile una semplificazione con il superamento del meccanismo del pro-rata per gli iscritti ante 2007. Sarebbe altresì opportuno riflettere su una rimodulazione delle prestazioni pensionistiche disponibili per coloro che sono aderenti alla previdenza complementare, dal momento che il mercato delle rendite vitalizie si è rivelato poco efficace nell’offrire soluzioni adeguate ai bisogni del settore. Individuare modalità alternative di erogazione delle prestazioni potrebbe consentire di estendere la vita media delle risorse investite e quindi stabilizzare ulteriormente gli investimenti che possono essere effettuati nell’economia reale. Non ultimo si dovrebbe permettere ai lavoratori che hanno visto confluire il Tfr presso il Fondo Tesoreria dell’INPS, in quanto dipendenti di aziende con organico con più di 50 dipendenti, di poterlo versare ai fondi pensione come “TFR pregresso”, in caso di successiva adesione, superando così la discriminazione ad oggi esistente con i lavoratori delle aziende con meno di 50 dipendenti.