T. Rowe Price – Fed: tre scenari per i Treasury con le prossime decisioni sui tassi

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In occasione di un incontro dei nostri gestori per discutere le prospettive e il posizionamento dei portafogli, ci siamo chiesti se il rendimento dei Treasury USA a 10 anni si attesterà al 4% o al 5%. La risposta è stata che entrambi i casi possano verificarsi. Negli ultimi due o tre mesi, il consenso del mercato ha subito decisi cambi di rotta, per poi tornare apparentemente indietro. Il rendimento dei Treasury decennale ha seguito tale tendenza, scivolando verso il basso, per poi rialzarsi e successivamente precipitare di nuovo giù, dimostrando che i pendoli non si fermano mai nel mezzo.

Ma cos’è cambiato nella realtà? L’indice dei prezzi al consumo (IPC) core statunitense ha registrato un incremento mensile dello 0,3%/0,4% in tutte le rilevazioni del 2024 fino ad aprile. Sebbene la volatilità rimarrà una costante e le stime di consenso indichino improvvise inversioni di tendenza, è importante rimanere concentrati su ciò che si pensa accadrà effettivamente nel corso del tempo e avere un piano per gestire la situazione.

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Riconsiderando i nostri giudizi pubblicati negli ultimi mesi, molti si sono tramutati in consenso o dati di fatto. Da inizio anno i mercati hanno notevolmente ridimensionato le aspettative sui tagli dei tassi da parte delle banche centrali dei mercati sviluppati. Gran parte di questo cambiamento è dovuto al fatto che le stime di consenso prevedevano una ripresa dell’inflazione. Anche se i dati effettivi sull’inflazione statunitense per il primo trimestre sono stati stabili, in realtà sono stati anche più alti del previsto.

Tuttavia, alcuni di questi giudizi non si sono rivelati del tutto corretti. La scorsa estate ritenevamo che il “no landing” – un trend di crescita ininterrotto seguito da una recessione globale – fosse un risultato più probabile rispetto a una breve fase di rallentamento senza recessione, come previsto dal consenso. Attualmente, stiamo riscontrando uno scenario di no landing, ma l’ipotesi di recessione è sparita dal dibattito.

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Rendimenti più alti e curve più inclinate

Cosa accadrà per quanto riguarda i tassi? Considerato che il rendimento dei Treasury USA a dieci anni si è attestato al 4,35% a metà maggio ed è in calo, riteniamo che tutto questo rappresenti un’opportunità per ridurre l’esposizione alla duration. Rileviamo che i rendimenti si muovono sostanzialmente al rialzo e che le curve dei rendimenti sono più inclinate, a fronte dell’aumento dei tassi a più lungo termine. Come già affermato in precedenza, potremmo non aver ancora raggiunto il picco dei rendimenti.

Riteniamo che vi siano tre possibili scenari per la Fed, che si tradurrebbero tutti in rendimenti più elevati e in una maggiore inclinazione delle curve. Il primo: la Fed ammette che non taglierà i tassi. Il secondo: la Fed riduce i tassi, poiché vuole farlo assolutamente (si parla anche di tagli preventivi), e non a causa di gravi incrinature sul mercato del lavoro o di un peggioramento dei dati economici. Le aspettative sull’inflazione in questo caso crescono. Terzo scenario: gli effetti di condizioni finanziarie meno rigide sperimentate tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024 si dissipano, determinando una riduzione dei tassi e un aumento delle aspettative per l’inflazione. Il rialzo dei rendimenti registrato negli ultimi due-tre mesi potrebbe rientrare nel quadro di questo inasprimento delle condizioni finanziarie, anche se le azioni e il credito hanno resistito relativamente bene.

Treasury: rendimenti a breve termine più interessanti

Ovviamente, gli investitori potrebbero chiedersi quando sarebbe ragionevole aggiungere duration a un portafoglio. Riteniamo che ci stiamo avvicinando al livello ottimale: un rendimento dei Treasury statunitensi a due anni in un range del 4% è certamente ottimale. Il rendimento a due anni ha brevemente oltrepassato il 5% a fine aprile, dopo essere salito dal 4,15% a metà gennaio, prima di interrompere il suo slancio al rialzo.

Anche se non riteniamo che i rendimenti abbiano raggiunto un picco, è una buona idea avere almeno una certa esposizione alla duration a questi livelli. Crediamo ancora che la duration sarà la copertura più efficace contro un drastico sell-off degli asset di rischio, come le azioni e le obbligazioni societarie, analogamente a quanto visto nei primi mesi del 2020, proprio all’inizio della pandemia. Fatta questa debita premessa, non intravediamo alcuna prova affidabile che, nel prossimo futuro, possa ripresentarsi la correlazione negativa sul piano dei rendimenti tra duration e asset di rischio.

Dollaro USA come copertura

Riteniamo che l’esposizione al dollaro americano costituisca un modo per beneficiare di una copertura contro una flessione più lieve degli asset di rischio, che potrebbe essere innescata da una maggiore preoccupazione legata al Medio Oriente o all’insieme di situazioni delicate a livello geopolitico. Il dollaro americano tende a fungere da bene rifugio e a trarne vantaggio in questo tipo di situazioni caratterizzate da una scarsa propensione verso il rischio. Prevediamo che sarà ancora così, anche dopo la decisa fase di solidità del biglietto verde. Infatti gli investitori hanno rapidamente ridimensionato le loro previsioni sui tagli dei tassi della Fed, preservando i tassi d’interesse relativamente interessanti disponibili negli USA.

Un abbinamento di queste due coperture – esposizione alla duration e posizione long sul dollaro americano – potrebbe essere auspicabile per la creazione di un portafoglio internazionale. Se la narrativa sui mercati si orientasse verso una prospettiva più conciliante della Fed, che implichi ulteriori tagli dei tassi, l’esposizione alla duration ne trarrebbe vantaggio, mentre la posizione nel dollaro statunitense, probabilmente, si ridurrebbe. Laddove le stime di consenso optassero per una Fed più aggressiva, la duration perderebbe di attrattiva, ma il dollaro verosimilmente si apprezzerebbe.

Tuttavia, l’unica avvertenza che ci sentiamo di fare è di osservare con attenzione la situazione fiscale e politica negli USA. Sebbene gli automatismi nei confronti dei Treasury e del dollaro siano ben radicati, i prossimi mesi potrebbero rappresentare una rottura di questo paradigma, laddove la spesa fiscale statunitense apparisse andare fuori controllo.