Conti in rosso per Prada, Bertelli chiede tempo

Walter Quattrocchi -
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Semestrale in pesante passivo, maison in ritardo sul digitale. Gucci da record

Un’altra semestrale di passione per il gruppo Prada che ha visto la pesante reazione dei mercati con il tonfo registrato il giorno dopo le parole dell’ad Patrizio Bertelli con il titolo che alla Borsa di Hong Kong ha perso il 14% lo scorso 11 settembre.

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Il quadro finanziario
La società ha archiviato il primo semestre con un utile netto in diminuizione del 18,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, attestandosi a 115,7 milioni di euro. Anche le vendite nette hanno registrato una flessione del 5,7% attestandosi a 1,442 miliardi. Le royalties sono diminuite del 4,7% a 26,1 milioni, mentre la posizione finanziaria netta a fine luglio era negativa per 223,4 milioni, dopo il pagamento di dividendi agli azionisti per 307,1 milioni.

Le vendite
A livello di mercati, sono andate bene le vendite in Asia e Cina, ma hanno sofferto quelle nel resto del mondo. Giù il Giappone (-14,2%) e il Medioriente (-11,7%), complice la delicata situazione geopolitica. In Europa, i ricavi sono diminuiti del 7,7% a cambi correnti (-66,6% a cambi costanti), risentendo anche dell’euro forte che ha scoraggiato gli acquisti dei turisti. Male in America (-3,7%).
Le poche notizie positive arrivano dall’ Estremo Oriente (Asia-Pacifico). In particolare nella Greater China (Cina, Macao Hong Kong) dove le vendite sono cresciute del 5,2%.
Nel periodo febbraio-luglio l’azienda ha inoltre aperto sei nuove boutique, ma ne ha chiuse 13.
La divisione abbigliamento ha registrato un progresso del 4,3% (+4,1% a cambi costanti), con il marchio Miu Miu che ha addirittura vantato una crescita a doppia cifra. Per contro la divisione pelletteria ha accusato una flessione del 7,4% (-7,9%) e le scarpe hanno accusato un ribasso del 9,7% (-9,5%).
Sul fronte dei singoli marchi del gruppo, Prada ha registrato un calo del 4,6% (-5%). Sono calate del 9,9% le vendite di Miu Miu (-10,2%), risentendo anche della chiusura di 8 negozi. Church’s ha registrato un ribasso del 15%, anche a causa della recente ristrutturazione del canale distributivo. La contrazione si è verificata soprattutto in Europa. È invece andato bene il brand Marchesi 1824 della pasticceria, oltre che Car Shoe.

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Le reazioni alla semestrale
La prestigiosa “Lex Column” del Financial Times dopo i deludenti risultati della semestrale, ha severamente criticato l’azienda italiana quotata a Hong Kong. L’accusa è di mancare di “abilità commerciale”, ricordando come le vendite restano deboli e i costi operativi sono saliti al 63% rispetto ai ricavi ( scesi del 5,5% a 1,47 miliardi).
La stroncatura del FT si estende anche alla nuova strategia della casa di moda che mira a rivolgersi di più sul canale digitale, indirizzandovi due quinti degli investimenti in marketing perché le vendite sul web raggiungano almeno il 5% del totale.
Ma il quotidiano finanziario segnala che la media del mercato è il 7% e il 10% per i top brands.
Il giudizio che gli inglesi danno sui quattro anni di quotazione del titolo è addirittura disastroso: dalla capitalizzazione iniziale di 23 miliardi di euro si è scesi a 7,5 miliardi

“Qualche errore è stato fatto – ammette il management del gruppo – forse nell’essere partiti in ritardo sul digitale”.
La società, guidata da Patrizio Bertelli e Miuccia Prada, ritiene che il piano strategico, nel quale la ristrutturazione del retail network e digitale avranno un ruolo maggiore, determinerà un ritorno alla crescita di ricavi e margini, anche se i risultati attesi potrebbero richiedere più tempo del previsto.
In uno studio su Prada, Luca Solca, responsabile del settore del lusso per Exane Bnp Paribas, fa notare che spesso il gruppo ha commesso errori sulla promozione dei prodotti. “Prada sovente sbaglia – osserva Solca – sul merchandising. Al di là di chi ne è responsabile, è tempo di cercare nuovi talenti per guidare questa divisione”. E questo perché “Prada continua a essere sbilanciata”, per esempio “avendo sbagliato il prezzo di entrata delle borse handbag o avendo sottovalutato le potenzialità delle scarpe da ginnastica sneaker”.
Insomma sembrano lontani i tempi dello zainetto in nylon di Prada (must degli anni Ottanta) venduto a prezzo accessibile tra i marchi europei di lusso : ora nell’ e-commerce di Prada ci sono decine di modelli di borse e alcune possono costare anche più di settemila euro cercando di emulare marchi come Hermés e Chanel.

Il modello vincente di Gucci
Senza contare, come scriveva tempo fa l’Economist, che anche il gusto dei ricchi cinesi si sta spostando altrove. Forse verso Gucci, marchio ammiraglio di Kering, holding multinazionale francese guidata da Francois Henri Pinault, che a differenza di Prada è riuscito a intercettare i gusti di giovani e giovanissimi di tutto il mondo: i Millennials (i nati tra il 1980 e il 1999) e la Generazione Z (i nati dopo il 1999).
È tra loro che si trovano i big spender.
Gucci seguendo questa strategia sta vivendo un periodo d’oro (quasi 4,4 miliardi di euro di fatturato con un incremento dei ricavi del 51%) ed è pronto ad assumere 900 giovani artigiani entro il 2018. Lo stilista Alessandro Michele, classe 1972, al timone della griffe dal 2015, è riuscito a conquistare i giovani con le sue ultime collezioni fuori dagli schemi.
Mentre Miuccia Prada restava ancorata a un’eleganza minimal, Gucci stravolgeva le collezioni strizzando l’occhio al gender-neutral, caro alle nuove generazioni di big spender.
Gli investitori di Prada non nascondono il malcontento e vorrebbero che i proprietari, sulla falsariga di quanto fatto dalla francese Kering con Gucci, iniziassero a far crescere all’interno del gruppo una squadra di seconde linee pianificando la successione per il futuro dell’azienda.