Rivitalizzare un mercato sottovalutato: il Giappone sta finalmente dando priorità agli azionisti

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Il Giappone sta adottando importanti misure volte a modernizzare il proprio panorama aziendale ed eliminare una ritrosia di lungo corso a dare priorità agli interessi degli azionisti.

Dall’inizio della “Abenomics”[1], il programma di riforme deciso dall’ex primo ministro Shinzo Abe nel 2012, il Giappone ha avviato un percorso di miglioramento di redditività, allocazione dei capitali e corporate governance. Sebbene i progressi siano stati lenti, in parte a causa dell’approccio cauto del Paese ai cambiamenti, oggi sembra esserci un maggior senso di urgenza affinché si faccia fronte a bilanci caratterizzati da elevate riserve di liquidità e a rami d’attività inefficienti.

A marzo la Borsa di Tokyo ha chiesto alle società quotate di presentare e mettere in atto politiche volte a migliorare redditività, rendimenti a lungo termine e valutazioni, con un’enfasi su redditività del capitale investito e proprio e sul far sì che i rapporti prezzo/valore contabile divengano superiori a 1. Secondo analisi della Borsa di Tokyo, a fine agosto circa il 39% delle aziende dell’indice TOPIX 500 (per numero di società) scambiava al di sotto del proprio valore contabile, contro il 5% di quelle statunitensi dell’indice S&P 500.

Un rapporto prezzo/valore contabile inferiore a 1 significa che il valore attribuito a una società dal mercato è inferiore a quello del suo patrimonio netto. Se un’azienda genera una redditività del capitale proprio superiore al proprio costo del capitale, il rapporto prezzo/valore contabile dovrebbe migliorare, e alcuni modi per raggiungere quest’obiettivo sono:

  • ridurre la liquidità in eccesso;
  • incrementare la redditività dei rami d’azienda operativi;
  • concentrarsi sui core business e sbarazzarsi delle controllate con performance negative.

Nel frattempo, il Ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria sta promuovendo un aumento delle operazioni di fusione e acquisizione nel Paese e all’estero, nella speranza che ciò renda più disciplinate le società, riduca bilanci inefficienti e favorisca una crescita inorganica. Più specificamente, le proposte renderebbero più difficile, per i Consigli di amministrazione, respingere offerte di acquisto a condizioni congrue senza motivazione. Si tratterebbe di un importante cambiamento dal momento che, a nostro avviso, le attività di fusione e acquisizione possono sbloccare valore sfruttando la liquidità non utilizzata nei bilanci aziendali.

Il governo giapponese, infine, sta anche portando avanti un’agenda di riforme detta “dal risparmio all’investimento”, con politiche come l’“Asset Income Doubling Plan” (ovvero il piano per il raddoppio del reddito da investimenti). Nell’ambito di tale piano, la Financial Services Agency ha proposto una massiccia espansione del NISA, il programma che mira a incentivare i cittadini a incrementare i propri investimenti dal punto di vista fiscale.

Nel breve periodo, questo quadro ha spinto al rialzo l’azionario giapponese a livelli mai così alti da fine anni ‘80, trainato in gran parte dai titoli value; il che non stupisce dato che le politiche sono indirizzate alle aziende sottovalutate. I piani di acquisto di azioni proprie[2] annunciati nel corso dell’esercizio finanziario 2022 hanno raggiunto livelli record, anche se alla fine di agosto quasi il 70% delle società quotate nella sezione “prime” della Borsa di Tokyo non aveva ancora risposto all’appello per una maggiore efficienza del capitale[3].

Abbiamo assistito a un miglioramento anche sul fronte di CAPEX e investimenti esteri diretti, specialmente in aree legate al settore tecnologico come quella dei data center, e il Giappone è tra i pochissimi Paesi che mira a creare inflazione dopo decenni di deflazione.

Ma dopo tante false partenze in Giappone, questa volta davvero è diversa?

Da una parte questo mutamento del quadro nel Paese dimostra la sempre maggiore capacità degli investitori di dialogare con le società su temi ambientali, sociali e legati alla governance (environmental, social and governance, ESG), sfruttando i propri poteri di azionisti, a lungo inutilizzati, per risolvere le criticità esistenti.

Nel lungo periodo questo mix di riforme potrebbe in effetti portare a passi in avanti su questo fronte tramite operazioni di cessione degli attivi, crescita dei dividendi versati e acquisto di azioni proprie. Tuttavia, anche se le società con un minor rapporto prezzo/valore contabile raggiungessero il target di 1, il listino giapponese salirebbe solamente di una percentuale relativamente contenuta (pari all’incirca al 15%), dal momento che tali titoli non costituiscono una porzione significativa dell’indice.

Riteniamo che questi mutamenti non debbano fermarsi alle società con un rapporto prezzo/valore contabile inferiore a 1, bensì evolversi in un fenomeno più generalizzato “Molte aziende giapponesi con un prezzo/valore contabile superiore a 1 generano una redditività del capitale proprio troppo bassa a causa dell’eccessivo accumulo di liquidità o di una gestione inefficiente del portafoglio di rami d’attività. Se assistessimo a miglioramenti significativi in questi ambiti potrebbe davvero verificarsi un cambio di paradigma.

[1] L’Abenomics mirava a incrementare l’offerta di moneta della nazione, a dare impulso alla spesa pubblica e a varare riforme volte a rendere l’economia più competitiva

2 Acquisto di azioni proprie da parte di società per poi annullarle, riducendo il numero di azioni in circolazione e incrementando il valore di quelle rimanenti per gli investitori

3. Al 31 agosto 2023. Fonte: Reuters