Anticipo pensione: il Tfr ritardato penalizza i dipendenti pubblici

di Walter Quattrocchi -

Il provvedimento allo studio del Governo rischia di penalizzarli rispetto ai privati a causa dell’allungamento dei tempi nel pagamento della liquidazione

L’Ape, l’anticipo pensionistico per la flessibilità in uscita, allo studio del Governo, potrebbe risultare per i dipendenti pubblici più penalizzante rispetto ai lavoratori del settore privato per via della dilatazione dei termini di liquidazione del Tfr o del Tfs agli statali stabilita dal 2014.

L’Ape è infatti una possibilità di uscita flessibile dal lavoro riservata agli over 63, che potranno andare in pensione di vecchiaia con tre anni di anticipo, stipulando un prestito bancario da restituire sulla pensione in 20 anni, con rate fino a un massimo di circa il 15% dell’importo dell’assegno, senza garanzie reali da parte del beneficiario e con una copertura assicurativa per l’ipotesi di premorienza.

Il dipendente pubblico, per compensare la rata del prestito pagata attraverso decurtazione della pensione, non avrebbe però la disponibilità della somma rappresentata dal Tfr o dal Tfs, mentre il lavoratore del settore privato avrebbe in tempi brevi la disponibilità del Tfr.

La questione nasce dalla legge di stabilità per il 2014, che ha allungato i tempi di pagamento della liquidazione dei dipendenti pubblici, portandoli a 12 mesi per le cessazioni per raggiungimento del limite di età o di servizio e ben 24 mesi per dimissioni volontarie o licenziamento.

Nel settore privato, invece, la liquidazione del Tfr deve avvenire nei termini previsti dai contratti collettivi nazionali di categoria: se il lavoratore appartiene al settore terziario, turismo, metalmeccanico e telecomunicazioni, per esempio, il suo trattamento di fine rapporto deve essere pagato entro 30 giorni, se invece appartiene alla categoria del commercio o artigianato il termini diventa di 45 giorni.