Il coinvolgimento e la capacità di giudizio contano

Joseph V. Amato -
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Neuberger Berman spiega perché i gestori attivi bottom-up occupano una posizione migliore per richiamare le società alle proprie responsabilità.

Negli ultimi anni, non è certo mancato il dibattito sui meriti della gestione attiva e passiva e anche noi abbiamo voluto dire la nostra.

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Lo scambio di vedute è rimasto incentrato quasi esclusivamente sulla performance relativa e sui fattori che l’alimentano. Un altro aspetto importante della questione, che però non viene affrontato altrettanto spesso, è il coinvolgimento degli azionisti. A mio avviso si tratta di una grave lacuna in questo dibattito, perché sono convinto che il coinvolgimento sia uno dei principali ingredienti a valore aggiunto della gestione attiva e che sia indispensabile per generare valore per gli investitori nel lungo termine.

Il coinvolgimento è importante. E siccome un coinvolgimento genuino richiede un giudizio informato, è indispensabile possedere una certa esperienza nel valutare le società.

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Profondità e qualità

Gli investitori passivi sostengono che, non potendo vendere le proprie posizioni, sono di fatto investitori di lungo termine. Spesso fanno notare che i gestori attivi possono liquidare senza problemi le posizioni nelle società che ritengono abbiano imboccato una direzione sbagliata.

Una simile dichiarazione potrebbe essere vera per alcuni investitori, ma non per molti altri. I gestori di portafoglio di Neuberger Berman investono in una società perché riconoscono la qualità e il valore aggiunto dei prodotti e dei servizi da questa sviluppati e perché desiderano che i nostri clienti e gli altri azionisti ne traggano vantaggio. Al contrario di un investitore passivo, che è tenuto a detenere una posizione in una determinata società, alla base di un nostro investimento c’è sempre l’intenzione di detenere una società, sin dal primo giorno, e ciò comporta una valutazione costante di quella società. In altre parole, l’esperienza svolge un ruolo importante, proprio come l’esperienza che viene maturata lavorando per lungo tempo in determinate aziende. Non avviamo un’indagine solo quando ci rendiamo conto che qualcosa non quadra. E se vediamo un team dirigenziale esitare quando si tratta di generare valore nel lungo termine, ecco entrare in gioco il nostro coinvolgimento. Il nostro punto di vista è che vendere potenzialmente potrebbe significare rinunciare a del valore non ancora realizzato e i nostri gestori non amano questo.

Inoltre, quello che veramente pensiamo degli investitori passivi è che siano puri e semplici spettatori. I grandi investitori passivi non dispongono di risorse dotate di esperienza per un coinvolgimento reale con una società o per giudicare la qualità o il successo dei suoi manager. Si servono di team di dimensioni relativamente ridotte, con compiti di “amministrazione”, concentrati il più delle volte sul processo di votazione per delega. Sebbene necessarie, le votazioni si tengono solitamente una volta l’anno e spesso vertono su questioni relativamente irrilevanti che non si avvicinano affatto a ciò che è necessario per comprendere se una società viene gestita in modo efficiente.

Mettiamo a confronto quel pugno di votanti per delega ai centinaia di gestori e di analisti, molti dei quali vantano un’esperienza decennale nell’analisi di società e settori, che una società come Neuberger Berman mette in campo.

Non fraintendetemi. Anche noi seguiamo con attenzione il processo delle deleghe, in particolare l’elezione dei membri del CdA. Quello che voglio dire è che, per quanto necessario, non è sufficiente.

Richiamare CdA e dirigenza alle proprie responsabilità

Chi, se non i gestori attivi, richiama la dirigenza di una società alle sue responsabilità?
Alla luce dei flussi degli ultimi anni, gli investitori passivi detengono oggi posizioni considerevoli (spesso del 15-20%) nella maggior parte delle società quotate in borsa. Se a questo aggiungiamo le strategie azionarie quantitative (che pure si mostrano piuttosto disinteressate a un coinvolgimento diretto nelle società partecipate), il problema diventa evidente.

Ad esempio, per gli azionisti c’è forse un argomento più importante del processo decisionale che stabilisce l’allocazione del capitale di una società? Eppure si tratta di qualcosa che non viene quasi mai menzionato in una delega. E che dire della composizione del CdA? Certo, nella delega se ne parla. Ma chi valuta l’esperienza e la competenza dei soggetti che rappresenteranno in maniera più diretta gli interessi degli azionisti?
E che dire di altri problemi, come la responsabilità sociale o ambientale d’impresa? Di recente, ad esempio, abbiamo assistito a un dibattito relativo alle posizioni detenute dagli investitori in Olin Corp, American Outdoor Brands, Sturm Ruger & Co e Vista Outdoor, produttori di armi quotati in borsa. Neuberger Berman non detiene alcuna posizione nei suoi fondi (sia mutual fund che UCITS) in queste società produttrici di armi, ma gli investitori passivi sì: sono costretti. Solo di recente, però, hanno iniziato un “coinvolgimento” con tali società, che nel loro caso di solito equivale all’invio di alcuni questionari. Presumo che sia così che gli investitori passivi esprimono il proprio “coinvolgimento”.

Ma stabilire se una società è ben gestita e, in caso contrario, richiamare la sua dirigenza alla responsabilità richiede capacità di giudizio, non la spunta di qualche casella. Riteniamo che i gestori attivi bottom-up, che si basano sui fondamentali, sfruttino decenni di esperienza e competenza nel settore, collocandosi tra i pochi operatori di mercato veramente informati su questi aspetti di una società.

Quando si tratta di richiamare il management alle sue responsabilità – cioè la sostenibilità di un’azienda non solo in termini di valore per gli azionisti, ma anche di ambiente e società – il coinvolgimento e la capacità di giudizio sono importanti. Siamo convinti che la qualità abbia il suo prezzo.


 Joseph V. Amato – President and Chief Investment Officer – Neuberger Berman