Il momento della normalizzazione

Ufficio Studi - Marzotto Sim -
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Dopo anni di tassi d’interesse ai minimi e politiche fortemente espansive, le principali banche centrali hanno l’arduo compito di normalizzare la politica monetaria con l’obiettivo di non superare il target d’inflazione e ridurre l’incertezza sui mercati.

Questa settimana la Fed ha alzato i tassi di 25Bps (già scontato dal mercato) e segnalato un’accelerazione della stretta monetaria rimarcando però – nel linguaggio informale caratteristico di Powell – che il rialzo dei tassi è dovuto ad un’economia che sta “andando molto bene”.

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Stessa sfida anche per l’ECB, che quest’oggi ha annunciato che – qualora i dati economici dovessero rispettare le stime – il QE verrà ridotto da 30 a 15 miliardi di Euro a partire da ottobre fino a dicembre 2018, quando il programma di acquisti giungerà al termine. Tuttavia, l‘ECB ha anche modificato la forward guidance, passando da un generico “i tassi rimarranno bassi a lungo ben oltre la fine del QE” ad “i tassi rimarranno al livello corrente almeno fino alla fine dell’estate 2019”. Di conseguenza, se da un lato ha confermato le aspettative del mercato riguardo la fine del QE, dall’altro ha rassicurato i mercati ancorando i tassi fino all’estate 2019, e sottolineando che la fine del QE dipenderà comunque dalla bontà dei dati macro. Questo cambiamento nella comunicazione, spiega probabilmente il leggero rally (Bund decennale -5.5Bps) osservato sul mercato obbligazionario europeo ed il deprezzamento dell’Euro nei confronti del dollaro che ha raggiunto quota 1.16.

il momento della normalizzazione
Infatti, in questo difficile percorso di normalizzazione, è possibile che le banche centrali facciano sempre più affidamento su di una forward guidance puntuale, che consenta di ancorare le aspettative ed eliminare l’incertezza sui mercati.

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