Effetto domino per i tagli dei tassi?

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La Reserve Bank neozelandese ha aperto la strada con il suo recente taglio dei tassi d’interesse. Ora che ci stiamo avvicinando alla fine del ciclo, è possibile che anche altre Banche Centrali dei Mercati Sviluppati ne seguano l’esempio.

Fondamentali

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All’inizio del mese, sotto l’effetto combinato di un’inflazione bassa e di una crescita economica fiacca, la Reserve Bank neozelandese è stata la prima tra le Banche Centrali dei Mercati Sviluppati ad aver tagliato i tassi di interesse negli ultimi anni. La Reserve Bank australiana sarà probabilmente la prossima, visto che in occasione della riunione di politica monetaria di giugno ha già ha fatto sapere di “avere all’esame l’opportunità di ridurre i tassi d’interesse”. Un taglio sarebbe ragionevole, considerata la persistente debolezza del mercato immobiliare australiano e il recente deterioramento di quello del lavoro, dove ad aprile il tasso di disoccupazione è salito al 5,2%. L’evoluzione a breve e le tempistiche delle altre regioni sono invece meno chiare, in particolare negli Stati Uniti dove l’inflazione bassa dovrebbe scongiurare ulteriori strette monetarie, mentre la solidità della crescita dovrebbe evitare tagli nell’immediato (ad esempio, ad aprile l’indice della fiducia dei consumatori statunitensi ha toccato il picco del ciclo). A conti fatti, anche se per il momento la Federal Reserve (Fed) dovrebbe restare in attesa, appare chiaro che le altre Banche Centrali si stanno muovendo verso una politica più espansiva.

Valutazioni quantitative

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Le aspettative dei mercati hanno subìto consistenti variazioni negli ultimi sei mesi, passando da attese di inasprimento a previsioni di un orientamento monetario più espansivo. Al momento i mercati scontano un primo taglio di 25 punti base da parte della Fed nell’anno in corso e un altro nel 2020. Considerato però che la crescita statunitense non dà segni di rallentamento e che la Fed sembra soddisfatta dei tassi al livello attuale, non crediamo che nel secondo semestre dell’anno in corso effettuerà un altro taglio di un quarto di punto percentuale. Tuttavia, stanti i timori sulla crescita e i rischi presenti nelle varie regioni del mondo, due tagli da 25 punti base potrebbero essere un’aspettativa realistica tra adesso e la fine del 2020, anche se i tempi degli interventi ancora sono tutti da vedere. A prescindere da tutto ciò, le attuali aspettative dei mercati sono un utile barometro del clima di fiducia globale e potrebbero anticipare la direzione generale delle politiche delle Banche Centrali nei prossimi mesi.

 

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Fattori tecnici

Nel reddito fisso la domanda pare generalmente robusta e la performance positiva di quest’anno ha attratto ingenti afflussi di investimenti verso tutte le classi di attivo. In particolare, hanno beneficiato di questa tendenza i fondi obbligazionari aggregati statunitensi, che a tutt’oggi hanno raccolto oltre 64 miliardi di Dollari. Questi afflussi, unitamente ai pagamenti delle cedole e ai rimborsi di capitale, hanno posto gli investitori davanti al problema di cosa fare di tutta questa liquidità. Pertanto, la caccia al rendimento prosegue. I recenti interventi delle Banche Centrali dimostrano anche che il timore di un aumento dei tassi (che aveva caratterizzato la maggior parte del 2018) si è per il momento attenuato, creando un contesto potenzialmente favorevole al reddito fisso.

Cosa significa per gli investitori obbligazionari?

La Nuova Zelanda ha aperto la strada al taglio dei tassi. Ora che ci stiamo avvicinando alla fine del ciclo, le opportunità di incrementare la duration dei titoli di Stato internazionali dovrebbero diventare più numerose. Lo dimostra in particolare il caso dell’Australia. Le altre regioni sono leggermente in ritardo, in particolare gli Stati Uniti dove il quadro di crescita continua ad essere complessivamente favorevole agli attivi più rischiosi. Ciò nonostante, è sempre più chiaro che con ogni probabilità le politiche delle Banche Centrali si manterranno perlopiù accomodanti per il resto del ciclo attuale.