Il Recovery Plan può favorire il debito italiano

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Il Primo Ministro Mario Draghi sta sostenendo sulle proprie spalle un carico pesante di speranze da quando è entrato in carica. Il prolungarsi della crisi pandemica e la conseguente debolezza della ripresa economica hanno incrementato ulteriormente la pressione sul Premier perché ottenga i risultati sperati. Il mercato obbligazionario sta osservando attentamente gli ultimi aumenti del budget del Governo, che ora dovrebbero raggiungere la doppia cifra, con l’indebitamento che rischia di superare livelli mai visti nell’ultimo secolo. Infatti, il rapporto debito-Pil potrebbe raggiungere il 170% nei prossimi anni, per poi stabilizzarsi.

Ma i tempi sono cambiati. Il debito può essere un segno di fiducia, più che di fragilità. Si pensi a una banca: solitamente è più disposta a concedere un mutuo a una persona con patrimonio elevato e un reddito costante e sicuro. In questo esempio, l’Italia possiede entrambi: il patrimonio del Paese è uno dei maggiori in Europa e al mondo, e il deficit primario negli ultimi anni – se non si considera lo shock provocato dal Covid-19 – è rimasto stabile. Viceversa, il rapporto debito-Pil degli USA raggiungerà probabilmente il 130% nei prossimi anni e i costi di finanziamento potrebbero essere tre volte più elevati, dato che il framework monetario e politico statunitense può essere considerato meno credibile.

Nel corso del fine settimana, l’Italia ha raggiunto un accordo con l’Unione Europea riguardo al Recovery Fund ed è previsto che Draghi presenterà oggi la proposta al Parlamento e al pubblico. Ciò permetterà di rimuovere un altro ostacolo nell’implementazione del Recovery Fund, al quale anche la Corte Costituzionale Federale tedesca ha dato il via libera settimana scorsa.

Rimanendo in Germania, attualmente i sondaggi vedono i Verdi in vantaggio rispetto ai rivali dell’Unione Cristiano-Democratica, uno sviluppo che dovrebbe essere più favorevole per il progetto europeo nel complesso e per gli spread dei Paesi periferici. Il Recovery Fund dovrebbe diventare pienamente operativo e iniziare a emettere bond più avanti nell’anno.

Dopo l’annuncio della Commissione Europea della scorsa settimana, secondo il quale questi bond verranno emessi tramite una cosiddetta ‘primary dealership’,l’Europa ha compiuto un altro enorme passo avanti verso un’unione dei mercati di capitali. Questa rete di banche nelle vesti di operatori primari (o primary dealer) dovrebbe agire da cuscinetto contro il rischio, e potrebbe essere potenzialmente usata per tutti i bond governativi europei, agevolando l’azione di unificazione dei mercati e di chiusura dei gap esistenti. Una maggiore unione tra i mercati dei capitali dovrebbe anche supportare la creazione dell’unione bancaria, il che a sua volta potrebbe accelerare l’attività di M&A nel settore, con risvolti positivi per coloro che vi investono e per il comparto in generale. Tutto ciò dovrebbe essere particolarmente significativo per l’Italia, sede di quasi 500 enti creditori differenti.

Sul fronte delle relazioni diplomatiche, le forti dichiarazioni di Draghi nei confronti della Turchia e di altri Paesi con visioni geopolitiche diverse rispetto all’UE sono state un altro elemento favorevole. Un atteggiamento meno divergente nei confronti della Russia di Putin da parte dell’Italia è stato finora riconosciuto positivamente e rappresenta anche un grande passo avanti dal punto di vista geopolitico verso una direzione politica unica. Per sentirsi più tranquillo ad acquistare il debito italiano, il mercato obbligazionario ha ora bisogno di maggiori commenti unificati da parte delle tre potenze europee (Germania, Francia e Italia) riguardo alla loro interdipendenza e a un futuro insieme, al di là dei continui progressi verso una maggiore unione sul fronte dei mercati finanziari e sulle direttive politiche.