Investire in infrastrutture in un mondo post-Covid

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Il Covid-19 ha profondamente cambiato l’idea stessa di investimento sostenibile in infrastrutture. L’impatto economico della pandemia, ascrivibile alle limitazioni alla mobilità e all’attività aziendale introdotte dai governi di tutto il mondo nel tentativo di rallentare la diffusione del coronavirus, ha fatto sì che la spesa pubblica per infrastrutture raggiungesse livelli senza precedenti in aree come la sanità, l’istruzione e i programmi per l’occupazione.

Conseguentemente, i mercati dei capitali hanno registrato un livello record di emissioni di social bond per la raccolta di fondi destinati a questi progetti. Morningstar stima che i patrimoni dei fondi sostenibili europei abbiano superato per la prima volta i 1.000 miliardi di dollari: solo nel terzo trimestre del 2020 hanno raccolto più di 50 miliardi di euro. Prima della pandemia, di norma l’investimento sostenibile si concentrava per lo più sull’ambiente e sulle strategie di mitigazione del cambiamento climatico. Infatti, negli ultimi anni per quanto riguarda la loro performance ESG (fattori ambientali, sociali e di governance) le aziende e le altre organizzazioni hanno posto notevole enfasi sul primo di questi tre fattori.

Ora, invece, l’investimento finalizzato a ottenere risultati sociali più vantaggiosi o più equi è diventato prioritario. È improbabile che questa spinta si attenui alla fine della pandemia. Gli investitori prendono sempre più coscienza del fatto che gli investimenti in infrastrutture hanno conseguenze a lungo termine sulle comunità e che, in ultima analisi, l’integrazione dei fattori ESG non è solo uno strumento di contenimento del rischio, ma una fonte di rendimento e un’opportunità per creare ulteriore valore generando risultati positivi.

L’investimento per contrastare il cambiamento climatico e il Covid-19

L’idea che investire in infrastrutture possa giovare all’ambiente e/o arginare l’impatto del cambiamento climatico non è nuova. La novità è che la pandemia ha modificato alcune delle dinamiche in quest’area.

Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, le restrizioni ai viaggi, il calo dell’attività industriale e il rallentamento della produzione di energia elettrica durante la pandemia hanno fatto diminuire le emissioni globali fino al 7% nel 2020. È probabile che questo effetto proseguirà anche nel 2021. In tutto il mondo sono già stati imposti nuovi lockdown e potrebbero essere necessari diversi anni prima che la domanda in settori come quello dei viaggi aerei ritorni sui livelli precedenti alla pandemia.

Nonostante ciò, l’anidride carbonica nell’atmosfera continua ad aumentare. Ciò dimostra che, pur essendo utili per ridurre le emissioni globali, le misure imposte durante la pandemia sono ancora ben lontane da quanto gli scienziati stimano sia necessario.

Intanto, il rallentamento dell’attività aziendale nel 2020 ha comportato anche un netto calo dei prezzi dei combustibili fossili e, con il ritorno alla crescita delle economie è possibile che l’espansione possa essere sostenuta dai prezzi più contenuti del petrolio e del gas, con un conseguente incremento delle emissioni. Inoltre, nonostante l’aumento esponenziale della produzione di energie rinnovabili, queste ultime nel 2018 hanno rappresentato solo il 18% del consumo finale lordo dell’UE e i risultati per quanto riguarda i trasporti e il riscaldamento/raffreddamento sono stati particolarmente deludenti.

Ciò mette in evidenza la necessità di moltiplicare gli sforzi per evitare che la ripresa economica si traduca in un nuovo incremento delle emissioni.

La fase post-pandemia offrirà probabilmente l’opportunità di incrementare gli investimenti legati alla mitigazione dei cambiamenti climatici: l’UE, ad esempio, ha comunicato che l’ambiente sarà al centro dei suoi piani per la ripresa economica post-Covid, mentre il Regno Unito ha recentemente annunciato proposte più ambiziose per raggiungere i suoi obiettivi in materia di emissioni. Le politiche “verdi” non si limitano a ridurre le emissioni, ma favoriscono anche gli investimenti in grado di creare posti di lavoro nei settori manifatturiero, edilizio e delle piccole e medie imprese, oltre a far risparmiare denaro ai consumatori.

Negli Stati Uniti, il neopresidente Joe Biden ha dichiarato che il paese aderirà nuovamente all’Accordo di Parigi, e diversi stati americani hanno già fissato l’obiettivo di portare la quota delle energie rinnovabili ad almeno il 50% entro la fine del decennio.

Non vi sono segnali di un possibile allentamento degli ambiziosi obiettivi climatici fissati dai governi di tutto il mondo prima della crisi causata dal Covid-19, il che depone a favore del futuro dell’investimento sostenibile. Un esempio è il supporto fornito all’idrogeno verde da parte dei governi. L’idrogeno è considerato la soluzione tecnologica pulita per la decarbonizzazione di alcuni settori dell’economia, come i trasporti, ma finora ha incontrato l’ostacolo dell’elettrificazione. Gli investimenti europei per 180 miliardi di euro finalizzati ad aumentare la produzione e l’adozione dell’idrogeno pulito possono portare a una netta riduzione dei costi e promuovere il potenziamento della produzione e dell’impiego dell’idrogeno rinnovabile.

Ciò offrirà ulteriori opportunità con la creazione di una rete di distribuzione più intelligente e solida e nuove soluzioni di bilanciamento che consentiranno l’integrazione di risorse rinnovabili più decentrate. Queste iniziative prevederanno tecniche di misurazione e stoccaggio intelligenti. Secondo le stime della Commissione europea, ogni anno tra il 2021 e il 2030 dovranno essere investiti 350 miliardi di euro in più rispetto ai livelli del decennio precedente. La maggior parte degli investimenti aggiuntivi è destinata a finanziare il collegamento delle reti dei paesi e la nuova capacità, nonché la sostituzione di vecchi impianti elettrici e industriali.

Un boom di emissioni di social bond

L’emissione di obbligazioni con destinazione specifica dei proventi, in primis green bond, social bond e sustainability bond, è senz’altro un buon barometro delle tendenze dell’investimento ambientale e sociale. Nel 2020 il mercato primario è stato sostenuto dal netto aumento delle emissioni di social bond (oltre il 700% su base annua) i cui finanziamenti sono stati destinati a progetti specifici con esiti socialmente utili come la creazione di posti di lavoro, l’istituzione di programmi o strutture sanitarie o l’offerta di istruzione o formazione. La pandemia ha avuto effetti disastrosi in tutte queste aree.

A fine novembre 2020 erano state emesse obbligazioni per un totale di 155 miliardi di dollari, con un incremento dell’869% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Circa 100 miliardi di dollari sono stati raccolti con l’emissione di obbligazioni Covid-19 dedicate a progetti sociali e/o legati alla sostenibilità. È stato un anno record per i social bond, ma non a scapito delle emissioni green. Nel 2020 nel segmento dei green bond, social bond e sustainability bond rientravano quasi 0,5 trilioni di dollari di debito, un altro primato. Pertanto, la maggiore attenzione al sociale non è stata un gioco a somma zero. Gli emittenti continuano a raccogliere fondi per progetti ambientali e sociali, dunque un più attento esame dei fattori sociali non sembra essere un trend transitorio, bensì la nuova normalità per l’investimento sostenibile.

 

Figura 1: Emissione di green bond, social bond e sustainability bond, 2018-2020 (mld di USD)

 

 

L’investimento in infrastrutture sociali dopo la pandemia

Il coronavirus avrà verosimilmente un impatto socioeconomico di lunga durata: sembra già aver esacerbato le disuguaglianze di reddito in molte comunità e con ogni probabilità i lavoratori specializzati e meglio retribuiti ne hanno risentito meno rispetto a chi lavora a diretto contatto con i clienti o non può facilmente svolgere il proprio incarico da remoto.

Tuttavia, l’ascesa dell’investimento sociale potrebbe aver contribuito a far comprendere meglio agli investitori l’interazione tra le preoccupazioni ambientali e sociali. Ad esempio, per l’UE la via d’uscita ideale dalla recessione causata dalla pandemia è un nuovo green deal, che può creare migliaia di nuovi posti di lavoro, oltre ad aiutare il blocco a raggiungere i suoi obiettivi in materia di emissioni. Secondo recenti ricerche, gli investimenti in progetti verdi possono creare fino a tre volte i posti di lavoro generati da investimenti equivalenti in progetti basati sui combustibili fossili (Figura 2).

Una minore dipendenza dal petrolio e dal gas può avere ulteriori benefici sociali: i miglioramenti della qualità dell’aria derivanti dall’adozione dei veicoli elettrici, ad esempio, dovrebbero tradursi in notevoli benefici per la salute, che saranno percepiti soprattutto da chi vive nelle aree urbane più popolose.

In definitiva, i progressi compiuti nel ridurre al minimo l’impatto del cambiamento climatico avranno inevitabilmente enormi conseguenze sociali, riducendo la frequenza dei fenomeni meteorologici estremi e la loro capacità di rovinare i raccolti, danneggiare gli edifici e far spostare le persone nei prossimi decenni.

 

Figura 2: Posti di lavoro per ogni milione investito in progetti verdi e in combustibili fossili