Sell in May and go away?

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La scorsa settimana una certa mancanza di vivacità è venuta a mancare sui mercati azionari dopo i nuovi massimi fatti segnare di recente. D’altro canto, è difficile continuare a sorprendere con un flusso costante di previsioni positive. Le campagne vaccinali procedono e alcune economie iniziano ad allentare i lockdown, ma con le dovute cautele. I casi di coronavirus aumentano rapidamente, soprattutto in Brasile e inIndia. Gradualmente – molto gradualmente – emerge la consapevolezza che la normalizzazione, per quanto difficile, comporterà un ulteriore rialzo dell’inflazione e che le motivazioni dietro alle politiche monetarie accomodanti delle principali banche centrali mondiali iniziano a vacillare. Negli Stati Uniti e nell’area euro i tassi breakeven sono in continuo aumento ma la Banca Centrale Europea non sembra averlo ancora notato. La riunione dello scorso giovedì non ha riservato sorprese e come sempre è prevalsa la prudenza. Ma su che cosa sono prudenti? Prima o poi la BCE dovrà chiedersi se sia rimasta “dietro la curva”, cioè se sia in ritardo rispetto alle attese del mercato obbligazionario: è solo questione di tempo.

Sul fronte economico, attività e previsioni puntano a una ripresa che dovrebbe essere confermata anche dai dati in uscita la prossima settimana.

Finalmente si riuniranno anche la Bank of Japan e la Federal ReserveUSA. In entrambi i casi non si attendono novità in termini di politica monetaria. Tuttavia, non possiamo escludere che la Fed nel porre l’enfasi sulla ripresa economica intenda inviare un messaggio circa una imminente normalizzazione delle iniezioni di liquidità.

La settimana prossima

La prossima settimana saranno pubblicati diversi indicatori anticipatori del sentiment. Si inizierà lunedì con l’indice ifo della fiducia delle imprese per la Germania e con gli ordinativi di beni durevoli e l’indice manifatturiero della Fed di Dallas per gli Stati Uniti. Martedì seguirà il dato sulla fiducia dei consumatori del Conference Board relativo alla prima economia mondiale. Mercoledì conosceremo i risultati del sondaggio di GfK sulla fiducia dei consumatori tedeschi, che ci darà un’idea del sentiment prevalente nel Paese: ottimismo giustificato per i progressi nelle vaccinazioni o malumore per l’inasprimento del lockdown. Giovedì sarà la volta dell’indicatore del sentiment economico nell’area euro e infine venerdì avremo i dati sul PIL del primo trimestre di USA ed Eurozona. È probabile che l’insieme dei dati rispecchi i trend divergenti nella lotta alla pandemia.

A livello economico le sorprese positive restano all’ordine del giorno; in altre parole la situazione migliora tanto rapidamente che le previsioni macroeconomiche non riescono a tenere il passo. Ma crediamo che questa dinamica non durerà a lungo. In tutte le aree geografiche le aspettative sulla crescita sono state riviste al rialzo già parecchie volte. Secondo Bloomberg, le stime di consensus sulla crescita reale degli Stati Uniti nel 2021 si attestano in media al 6,2%.

Il trend delle revisioni nelle previsioni sugli utili suggerisce che verrà raggiunto un picco nelle prossime settimane, mentre la stagione di pubblicazione dei bilanci attualmente in corso evidenzia un forte momentum al rialzo. Solo il 10% circa delle società dell’S&P 500 ha reso noto i dati trimestrali e di queste l’84% ha superato le previsioni degli analisti sugli utili. La percentuale sale al 94% per le società finanziarie, ma scende al 75% nel settore dei beni di consumo durevoli non ciclici.

Da un punto di vista tecnico, i mesi migliori dell’anno per i mercati azionari (di norma fra ottobre e aprile) stanno per finire. È vero che il vecchio detto “sell in May and go away” non è inciso nella pietra, ma qualche turbolenza possiamo aspettarcela. Il sentiment degli investitori privati, in base alla percentuale di ottimisti circa la direzione dei mercati calcolata dalla American Association of Individual Investors, è alle stelle – un dato che spesso funge da contro-indicatore. La volatilità è diminuita ancora. Ma tanto più si calmeranno le acque, quanto più rapidamente potrebbero essere nuovamente agitate da sorprese negative. Gli indici di forza relativa segnalano una situazione di “ipercomprato” sui mercati azionari in molte aree. L’andamento dell’inflazione e le conseguenti attese in termini di politica monetaria, soprattutto quella della Federal Reserve USA, nonché eventuali shock negativi sul fronte macroeconomico, potrebbero offrire l’occasione per abbandonare alcune posizioni.

Analogamente, il token Bitcoin, da molti considerato una vera valuta, potrebbe essere inteso come indicatore dell’eccessiva noncuranza del mercato. Nonostante il recente calo dei prezzi legato ai maggiori rischi di regolamentazione della moneta virtuale, il fenomeno Bitcoin si conferma, tra l’altro, una conseguenza della mole di liquidità erogata dalle banche centrali e può essere interpretato come un indicatore preliminare di una bolla. Lo stesso vale per i voli pindarici di Elon Musk sui “Dogecoin”.

In generale, sembra che nelle prossime settimane occorrerà tenere gli occhi bene aperti sulle asset class più rischiose.

Tuttavia, chi crede nel detto “sell in May” non deve dimenticare la seconda parte di questa regola del mercato azionario: “but remember to come back in September” [ma ricordati di tornare per settembre] (al più tardi). Le pressioni sugli investimenti sono più alte che mai. Gli ultimi sviluppi dimostrano che i rialzi dei rendimenti delle obbligazioni governative (USA) non provocano necessariamente una caduta dei prezzi azionari. Il mondo sta lottando contro la pandemia e c’è molto terreno da recuperare sul fronte dei consumi.