Consumatori europei, il lusso è sulla strada di casa?

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Non è un segreto che prima della pandemia la maggior parte delle vendite dei negozi del lusso in Europa dipendesse dai turisti, soprattutto provenienti dalla Cina, che venivano attirati dall’enorme differenza di prezzo per lo stesso prodotto tra Milano o Parigi e i negozi in patria. Il crollo dei viaggi di piacere su scala globale nel corso del 2020 ha inciso sulle vendite, dato che l’importantissima domanda dei turisti è stata assente per la maggior parte dell’anno. Eppure, i consumi locali in Europa hanno resistito: secondo le stime di Bain, gli acquisti da parte dei consumatori europei sono diminuiti del 10-15% soltanto (rispetto a un settore che globalmente risulta in calo del 20-22%). Le notizie diffuse dalle aziende confermano tale tendenza. Moncler ha riferito che normalmente le vendite ai turisti alla fine dell’anno ammontano a circa la metà del totale, mentre nel 2020 non hanno superato il 10%. Ciononostante, la società ha registrato un calo modesto in Europa (a esclusione dell’Italia dove si concentra la maggior parte delle vendite ai turisti), a conferma di una robusta accelerazione degli acquisti da parte dei consumatori locali. Analogamente, il calo delle vendite di Hermès in Europa (del 10% nel 4° trimestre) dimostra, secondo l’azienda, la “lealtà” dei clienti europei. Al contrario, il calo dei ricavi del 45% registrato da Gucci in Europa occidentale nel corso del 2020 è dipeso dal fatto che l’azienda ha sempre fatto eccessivo affidamento sul turismo, trascurando i consumatori locali, ma in futuro il marchio spera di invertire tale tendenza.

Qual è il motivo che ha spinto i consumatori europei a reinteressarsi ai beni di lusso nel bel mezzo della più grave crisi sanitaria globale del secolo? Si possono identificare alcuni fattori: un reddito disponibile stabile o in crescita tra i consumatori target che hanno trasferito la spesa dalle esperienze (vacanze, ristoranti) ai beni (gioielli, accessori, casalinghi). In tempi di crisi, i marchi fidati generalmente fanno meglio dei nuovi marchi non testati perché i consumatori privilegiano la certezza in un mondo incerto. Ma il principale catalizzatore dell’interesse dei consumatori europei per i beni di lusso è probabilmente il cambiamento delle abitudini di spesa a favore del canale online. L’anno scorso, in soli dieci mesi, la penetrazione dell’e-commerce corrisponde a quasi dieci anni di progressi: i consumatori si sentono sempre più sicuri ad acquistare online, a scatola chiusa, anche prodotti dal costo molto elevato. L’industria del lusso ha adattato il suo stile di vendita e l’esperienza retail al canale online, sfruttando le tecniche di live streaming e convertendo i commessi dei negozi in venditori digitali che instaurano un rapporto diretto coi clienti, praticamente adattando al mondo digitale il rapporto privilegiato vecchio stile col cliente. Rendendo i marchi del lusso più accessibili ai consumatori locali, che in precedenza non desideravano mescolarsi all’onda di turisti nei negozi molto affollati, i marchi sono riusciti a conquistare nuove fasce di clientela. Il rivenditore online con sede in Germania Mytheresa nel 2020 è riuscito a espandere il suo bacino di clienti attivo del 22%, offrendo esperienze digitali curate e collezioni esclusive in edizione limitata firmate, tra gli altri, Valentino e Moncler.

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Sono sempre più giovani, rispetto al passato, gli europei che scoprono i marchi di lusso grazie all’ascesa del mercato resale (prodotti usati o di seconda mano). Oggi, secondo un sondaggio BCG, il 70% di chi acquista prodotti di seconda mano apprezza la “sostenibilità”, rispetto al 62% nel 2018. Gli acquirenti aspirano a possedere meno articoli ma di migliore qualità, e questo spiega l’interesse per i beni più costosi di alta gamma. Dal sondaggio è emerso che lo scorso anno circa il 50% dei consumatori che hanno fatto un acquisto nel mercato resale ha provato un nuovo marchio. Il 62% dei consumatori sostiene di essere maggiormente interessato all’acquisto di marchi di moda che collaborano con aziende nel mercato dell’usato. Inoltre, le abitudini di acquisto dei consumatori si fanno sempre più attente, con una preferenza per il mercato “slow fashion”, dopo un anno in cui le tendenze hanno perso il significato che avevano in precedenza.

I bilanci delle famiglie erano già in buono stato prima della pandemia, e con gli aiuti fiscali del governo in Europa i risparmi delle famiglie sono saliti su livelli straordinariamente elevati. Pur tenendo conto di un certo grado di cautela e di un livello di risparmio più alto della norma all’inizio della ripresa, ci aspettiamo comunque un recupero significativo dei consumi. Per quanto i consumatori probabilmente spenderanno di più in divertimenti e hospitality nella fase di ripresa, dobbiamo ricordare che il totale della spesa disponibile è maggiore rispetto a prima della pandemia. Questo ci porta a pensare che spenderanno sia in beni sia in servizi che, in molti casi, non sono separabili. In un contesto in cui potrebbe volerci un po’ di tempo prima di riprendere il turismo a lungo raggio, i marchi del lusso adottano una value proposition sempre più in linea con le aspirazioni dei consumatori locali. Sostanzialmente la pandemia ha spinto molte aziende a modificare le loro strategie precedenti (facevano molto affidamento sui turisti, non avevano prodotti e merchandising per il mercato locale) e a tornare alle loro radici. Potrebbero dunque scoprire di poter coltivare una nuova generazione di consumatori del lusso europei.

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