Il dito e la luna

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L’attenzione maniacale dei mercati per movimenti anche impercettibili nelle dichiarazioni di membri della Fed lascia in secondo piano processi simili già in atto a livello globale. E il fatto che una forma di “tapering”, quanto meno dall’espansione monetaria più estrema, sia già stata ampiamente avviata

La scorsa settimana dei mercati è stata ampiamente condizionata dall’attesa riunione della Fed. In parti­colare, i c.d. “dot plot”, ovvero le attese sul livello del tasso dei Fed Funds per i prossimi due anni, hanno sorpreso con lo spostamento significativo di membri del Comitato verso uno scenario che prevede un possibile rialzo nel 2022 o al più tardi nel 2023. A questo si aggiunge, sbandierato da alcuni esponenti (Quarles, più di recente Bullard), l’inizio “formale” del dibattito in merito al tapering, ovvero a tempistiche e modalità della frenata degli acquisti di titoli da parte della Banca Centrale.

La rilevanza del punto di vista della più importante autorità monetaria al mondo è indubbia; non deve tuttavia sfuggire che il picco di politica monetaria espansiva è già stato ampiamente superato non solo negli USA, ma a livello globale. Un primo sentore di questo si ha se esaminiamo i bilanci delle quattro principali Banche Centrali (Fed, BCE, Banca Popola­re Cinese e Banca del Giappone): appare chiaro che gli acquisti procedano, ma ad una velocità decisa­mente inferiore rispetto a quella di qualche mese fa. Crossborder Capital, che sviluppa alcuni indici proprietari, ha a questo proposito recentemente segnalato la diminuzione nel tasso di crescita della li­quidità globale, passato dal +41% di aprile al +16% di maggio (crescita trimestrale annualizzata). Gli Stati Uniti guidano questo rallentamento, essendo passati da +78% a +7% nell’arco delle ultime dieci settima­ne, ma anche BCE e Banca d’Inghilterra sembrano aver raggiunto un picco ad aprile e la Banca del Canada ha formalmente dato il via al tapering.

La Cina, come argomentato nella Musa dei Mercati del 18 giugno, non fa eccezione: lo sforzo monetario e fiscale della potenza asiatica è stato enorme l’anno scorso, ma alcune misure decise dalle Autorità nel recente passato, come ad esempio il tetto all’ero­gazione di credito assegnato agli intermediari e l’aumento del coefficiente di patrimonializzazione bancaria obbligatorio dal 5 al 7%, dimostrano un’im­postazione in senso più restrittivo.

D’altra parte, l’uscita da politiche ultra-espansive che non hanno precedenti a livello storico, è del tutto fisiologica. Dal punto di vista dei mercati sarà importante che sia gestita su un lasso di tempo ragionevole, impedendo in particolare movimenti bruschi dei tassi reali. Un altro elemento critico riguarda le politiche fiscali, che idealmente dovreb­bero prendere il testimone dalle politiche monetarie nel continuare a sostenere la crescita dei prossimi anni e smussare delle condizioni di finanziamento del sistema che, pur favorevoli, dovrebbero esserlo meno che in passato. Se da un lato l’Europa può contare sull’ormai imminente spinta del programma NextGen EU, con i primi finanziamenti in partenza, per i mercati sarà importante valutare le tempistiche dell’ambizioso programma infrastrutturale dell’Ammi­nistrazione Biden, che vive in questo momento una condizione di impasse e potrebbe slittare al quarto trimestre dell’anno.