Ritorno al carbone: a mali estremi, estremi rimedi?

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L’Italia, negli ultimi anni, ha perseguito lo smantellamento delle sue centrali a carbone. La multinazionale italiana dell’energia ENEL ha chiuso una centrale a carbone in Liguria solo lo scorso dicembre, dopo averne chiuse altre due nel corso del 2020. La produzione di energia a carbone in Italia rappresenta oggi il 6% del mix energetico totale. La soluzione al problema energetico causato dalla guerra tra Russia e Ucraina non è di certo quella di riaprire le centrali recentemente chiuse, affidandosi nuovamente al carbone, una fonte costosa e altamente inquinante. L’Italia sta fallendo nell’accelerare le rinnovabili su scala industriale e, più importante, lo sviluppo delle fonti rinnovabili distribuite. Trattandosi di un Paese il cui clima permette di sfruttare un vento costante in certe aree o una favorevole irradiazione solare, il Governo Italiano dovrebbe vedere l’attuale situazione come un’opportunità per snellire i processi di autorizzazione, per rendere più veloce lo sviluppo e l’immissione sul mercato di soluzioni eoliche e solari, abbracciando soprattutto il “solare locale”, impianti situati in loco rispetto a dove avviene l’utilizzo di energia, che possono essere aggregati in centrali virtuali a beneficio della rete. La crisi energetica richiede soluzioni permanenti che allontanino l’Italia dalle materie prime volatili dei combustibili fossili importati. Le soluzioni devono essere in primis locali, molto locali, partendo dal singolo consumatore. Ma soprattutto, l’Italia deve snellire il processo di autorizzazione e la burocrazia coinvolta nello sviluppo delle rinnovabili.