La sfida di un mondo carbon neutral e il framework normativo europeo
Siccità, piogge intense, innalzamento del livello dei mari, acidificazione degli oceani e perdita della biodiversità: il cambiamento climatico esiste, è in corso e, soprattutto negli ultimi anni, sta mettendo a rischio l’integrità e lo sviluppo socioeconomico del nostro pianeta, esponendo tutti i Paesi a seri rischi finanziari. Intervenire, oggi, è necessario. Per questo, nella legge europea sul clima, l’UE si è impegnata a raggiungere il traguardo della carbon neutrality, le cosiddette “net-zero emission “, entro il 2050 affinché si riducano sempre più le conseguenze disastrose legate al climate change.
Con l’Accordo di Parigi del 2015, ratificato da 190 paesi, ci si era prefissi l’obiettivo di contenere l’aumento delle temperature globali al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali. Per cercare di rimanere entro questo range è possibile emettere in atmosfera soltanto una quantità limitata di CO2 superata la quale, l’Accordo risulterà per tutti solo un tentativo vano di incidere su un destino già chiaramente delineato. Attualmente la situazione è molto complessa: il Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite (Unep), con lo studio Emissions Gap Records, ha lanciato un’allerta, con una proiezione di gas serra emessi entro il 2030.
Lo studio ha rilevato che, nonostante un breve calo delle emissioni di anidride carbonica – legato anche al rallentamento di molteplici infrastrutture industriali a seguito della pandemia COVID-19 – il mondo si sta ancora dirigendo verso un aumento della temperatura superiore ai 3°C, ben oltre gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Analizza inoltre anche le misure di recupero delle basse emissioni di carbonio attuate finora, riassume la portata dei nuovi impegni a zero emissioni nette da parte delle nazioni ed esamina il potenziale dell’andamento di settori come aviazione e trasporto marittimo per colmare il divario.
In sostanza, l’Unep rileva quanto le promesse dei singoli stati siano totalmente inadeguate rispetto alla necessità di una reale inversione di tendenza. Di fatto, alla luce della situazione odierna, anche se rispettate, le temperature globali salirebbero di almeno 3°C entro la fine del secolo.
Nell’agosto del 2021, uno studio del IPCC (il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite) riconferma, infatti, queste criticità. António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, sostiene che questo rapporto è un codice rosso per l’umanità e che solo con immediate azioni in favore della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e dell’abbassamento delle temperature, si potrà contrastare la crisi climatica.
É necessario che tutti i Paesi facciano la loro parte nel modo più rapido ed equo possibile, mettendo in piedi dei piani di sviluppo economico che favoriscano la transizione energetica e affrontino efficacemente i costi per la sua attuazione. L’Europa, dal canto suo, con il Green Deal ha fissato una serie di impegni, volti a raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra (GHG) del 55% rispetto ai livelli del 1990. Il tutto, entro il 2030. Con questa prospettiva, l’Europa ambisce a diventare il primo continente net-zero emissions entro il 2050. A sostegno del piano, ha stilato la roadmap per questa green industrial revolution: il Fit for 55, un pacchetto di riforme adottate dall’Unione europea per rendere le politiche in materia di clima, energia, uso del suolo, trasporti e fiscalità idonee a ridurre le emissioni nette di gas serra.
In modo strutturale e trasversale, la Commissione europea ha ridefinito gli standard necessari per la crescita economica dell’UE intervenendo, in modo equo, sui diversi settori strategici ed economici. Basti pensare all’importanza data al nuovo Social Fund per il clima che fornirà, agli Stati membri, i finanziamenti per sostenere i cittadini europei a rischio di povertà energetica. Oltre al Social Fund, grande importanza è data alla revisione del sistema EU-ETS, il mercato mondiale della CO2 che sarà esteso al trasporto pesante su strada, al trasporto marittimo e agli edifici. Altre importanti revisioni riguardano il settore dell’idrogeno, le direttive sull’efficienza energetica lato industry e building, oltre la regolamentazione sulle energie rinnovabili e le comunità energetiche (CER e CEC). Un mix di riforme che mira a coinvolgere, sempre più, sia il mondo delle industrie che i privati cittadini in questo lungo percorso verso la decarbonizzazione.
Al centro della discussione, l’energia intesa come vettore strategico per il raggiungimento dell’obiettivo di riduzione delle emissioni GHG. Da sempre motore del mondo e fonte primaria per lo sviluppo della produttività, è necessaria una sua ridefinizione in termini di sostenibilità. Costruire un sistema legislativo che finanzi e sostenga l’implementazione delle energie rinnovabili è necessario per la decarbonizzazione del continente.
Di certo, la strada è lunga e complessa. Cittadini, imprese, governi e mondo della finanza: tutti abbiamo la responsabilità di un impegno concreto per il raggiungimento della carbon neutrality.