Eurozona: prospettive di resilienza ed inflazione per i mercati

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Le previsioni di crescita globale sono state abbassate di cinque decimi quest’anno e di otto nel 2023. Quest’ultima modifica è forse quella più preoccupante, in quanto annulla la precedente aspettativa di miglioramento. Inoltre, comporta maggiori rischi al ribasso, poiché gli effetti ritardati di una stretta monetaria aggressiva si fanno sentire con maggiore forza in quel momento, soprattutto nelle economie sviluppate le cui banche centrali stanno attuando la stretta solo ora. I ribassi delle previsioni sono stati quasi universali. Tuttavia, l’Australia e il Canada (entrambi esportatori di materie prime, con condizioni commerciali in miglioramento ed economie nazionali solide) hanno fatto eccezione. Un po’ a sorpresa, vista la limitata esposizione degli Stati Uniti al commercio diretto con la Russia, il declassamento della crescita statunitense è stato sostanziale. In questo caso, il motivo principale è un inasprimento molto aggressivo della politica monetaria che sta accelerando il rallentamento della domanda già in corso.

Se prima gli Stati Uniti guidavano la ripresa globale, ora hanno anche una minore spinta derivante dalle riaperture. In effetti, queste ultime sono una delle ragioni per cui, nonostante la vicinanza alla guerra e il notevole impatto dell’aumento dei prezzi dell’energia, la performance dell’eurozona regge ragionevolmente bene. Il sostegno fiscale per contrastare l’impatto dell’aumento dei costi dei servizi è un altro motivo. La Germania, tuttavia, rimane un paese poco performante: la sua sproporzionata dipendenza dal settore manifatturiero è un ostacolo in un mondo di prezzi dell’energia alle stelle e di persistenti problemi alla catena di approvvigionamento. Nel 2023, tuttavia, le cose potrebbero cambiare. Le restrizioni imposte dalla Cina hanno imposto un downgrade anche a questo paese. Pur riconoscendo ulteriori rischi di ribasso, riteniamo che le azioni di sostegno macroeconomico daranno risultati nel secondo semestre.  Le previsioni sull’inflazione sono state ancora una volta riviste nettamente al rialzo, con la Cina che rappresenta l’unica eccezione a questa tendenza.

È impossibile distinguere quanta parte dell’impennata dell’inflazione sia dovuta a fattori di domanda e di offerta, ma è chiaro che entrambi svolgono un ruolo. Finora i segnali di normalizzazione delle catene di approvvigionamento globali sono stati decisamente modesti. Tuttavia, ci sono stati dei miglioramenti e l’imminente decelerazione della domanda potrebbe innescare un notevole alleggerimento degli ordini nei prossimi mesi. Rimaniamo convinti che l’inflazione scenderà in modo molto visibile nei prossimi trimestri. Ci aspettiamo di assistere a dinamiche simili per quanto riguarda l’inflazione salariale con il raffreddamento delle economie, anche se, naturalmente, i tempi varieranno da paese a paese. L’Eurozona e l’Australia, ad esempio, sono solo ora in fase di accelerazione salariale, mentre nel Regno Unito e negli Stati Uniti l’inflazione salariale sembra aver raggiunto il suo picco. Osserviamo l’aumento delle aspettative di inflazione dei consumatori, ma non siamo particolarmente preoccupati per il de-ancoraggio.

In un certo senso, le previsioni di crescita della zona euro possono sembrare un enigma. Data la vicinanza al teatro di guerra, la dipendenza dalle importazioni di energia dalla Russia e la frenetica necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento, l’afflusso di rifugiati e l’impennata dei costi dei servizi, perché il danno alla crescita del 2022 non è più marcato? Non fraintendetemi, in questa tornata abbiamo abbassato le previsioni di quasi un intero punto percentuale, portandole al 2,8%, ma si tratta di un dato superiore alle proiezioni di crescita degli Stati Uniti.

Come mai? Le ragioni di questa resistenza sono molteplici. Una riguarda le dinamiche di “riapertura” che sono ormai deboli negli Stati Uniti, ma che giocheranno un ruolo di maggior sostegno nel breve periodo nell’Eurozona.

Un altro aspetto da considerare è che i consumatori europei godono anche di un sostanziale cuscinetto di risparmi in eccesso; secondo alcuni parametri, la dinamica dei risparmi delle famiglie nell’area dell’euro è addirittura migliore di quella degli Stati Uniti. In terzo luogo, le misure fiscali compensative aiutano ad attutire in parte il colpo dell’aumento dei prezzi.

In quarto luogo, i trasferimenti fiscali dal fondo Next Generation EU favoriscono gli investimenti e la crescita, soprattutto in alcune economie selezionate. Infine, sebbene la BCE si stia preparando ad aumentare i tassi di interesse a luglio, il ciclo di tightening monetario non è così avanzato, né sarà così drastico come negli Stati Uniti. Sull’altro lato della bilancia c’è la considerazione che mentre lo scenario di base dell’eurozona parla di resilienza, lo scenario negativo è quello di un’acuta vulnerabilità. Si tratta di uno scenario non solo di sofferenza dei prezzi a causa degli alti costi dell’energia, ma potenzialmente di vera e propria scarsità e di interruzione dell’attività nel caso in cui si verifichino interruzioni delle forniture nel corso dell’anno.

L’impennata dell’inflazione nell’eurozona si è dimostrata altrettanto violenta di quella statunitense. Con l’inflazione complessiva che ha superato l’8,0% a maggio, abbiamo dovuto apportare ulteriori sostanziali revisioni al rialzo alle previsioni sull’inflazione, ora vista al 6,7% quest’anno prima di moderarsi drasticamente nel 2023.

Tale moderazione potrebbe però essere ritardata. La BCE ha mantenuto un atteggiamento accomodante per gran parte dell’anno scorso. Ma negli ultimi mesi, l’intensità del picco dell’inflazione ha imposto una rivalutazione e, a partire dalla riunione di giugno, una chiara indicazione che i tassi di interesse inizieranno a salire a partire da luglio. Prevediamo un aumento di 25 punti base, seguito da 50 punti base a settembre e da altri 50 entro la fine dell’anno. Si tratta di una previsione inferiore a quella prezzata dal mercato, ma visti i rischi per la crescita e i rischi di frammentazione dei mercati finanziari, ci aspetteremmo che la BCE proceda con maggiore cautela.