Alla fine, non è rimasto nessuno a salvare la pelle di Boris

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La scorsa settimana i mercati finanziari sono stati soggetti ad ampie oscillazioni, anche se l’elevata volatilità infra-giornaliera ha dominato le condizioni di trading. Il fixed income ne ha fatto le spese, con la volatilità implicita nei mercati dei tassi e degli spread creditizi entrambi vicini ai picchi della crisi di Covid di qualche anno fa.

Inoltre, gli ulteriori rialzi dei prezzi del gas naturale continuano ad alimentare i timori di recessione, ma i policymaker potrebbero fare ben poco al riguardo, se non cedere a Putin e revocare le sanzioni. Ipotesi che sembra inconcepibile, per cui i governi europei sono spinti a fornire un maggiore sostegno fiscale, anche se le Banche Centrali sono costrette a inasprire la politica di fronte al rialzo dell’inflazione.

Nelle ultime settimane, i timori di recessione hanno spinto i rendimenti al ribasso, in quanto i mercati scontano un picco inferiore dei tassi di interesse. Tuttavia, nel contesto economico statunitense, riteniamo che i timori di crescita siano stati esagerati: l’indicatore ISM dei servizi di questa settimana indica condizioni aziendali stabili, comodamente in territorio espansivo nonostante i dati siano inferiori a quelli del mese scorso.

Allo stesso modo, anche i dati JOLTS hanno confermato un mercato del lavoro (eccessivamente) solido, con un rapporto tra posti di lavoro vacanti e lavoratori disoccupati ancora a livelli molto elevati. I dati payroll di oggi forniranno probabilmente ulteriori estrapolazioni sulle condizioni del mercato del lavoro. Riteniamo pertanto più probabile che, nelle prossime settimane, i rendimenti aumentino piuttosto che continuare a scendere.

Potremmo anche aspettarci una certa stabilizzazione degli asset di rischio, a seguito di una rivalutazione sostanziale che ha spinto gli spread creditizi verso l’alto e i prezzi azionari verso il basso. In questo contesto, riteniamo improbabile che i prezzi continuino a scendere in picchiata.

I timori di recessione sembrano molto più giustificati in Europa. Con la probabile contrazione dell’Eurozona, riteniamo che sarà difficile per la BCE aumentare i tassi tanto quanto è scontato, anche se l’inflazione continua a superare i limiti.

È probabile che nel corso del mese si verifichi un più che atteso rialzo di 25 punti base, ma quando i tassi di interesse della Zona Euro torneranno allo 0%, l’inflazione potrebbe aver raggiunto il suo picco e i timori per la crescita potrebbero prevalere sull’inflazione nelle considerazioni dei policymaker. Pertanto, privilegiamo un orientamento di lunga durata nell’area euro, e uno di breve durata per i tassi statunitensi e britannici.

La divergenza delle prospettive economiche e delle politiche potrebbe continuare a pesare sull’euro. Abbiamo mantenuto una posizione di sovrappeso sul dollaro USA e un movimento verso la parità rispetto all’euro sembra ormai probabile nelle prossime settimane.

Anche i mercati del credito europei potrebbero continuare a essere messi a dura prova dai timori per la crescita. Tuttavia, ci aspettiamo un sostegno politico per i settori colpiti e non crediamo che i governi se ne stiano con le mani in mano mentre il settore industriale va in rovina. Da questo punto di vista, i default potrebbero essere più attenuati di quanto si teme e, nel settore investment grade, riteniamo che gli spread abbiano più che compensato i rischi connessi in una prospettiva di medio termine.

Nel frattempo, gli eventi politici del Regno Unito hanno continuato a riempire i titoli dei giornali in una settimana accorciata dalla festività del Giorno dell’Indipendenza degli Stati Uniti. Più di un terzo del governo del premier Johnson ha lasciato i propri incarichi sulla scia dell’ultimo scandalo che ha scosso l’amministrazione. Le rivelazioni secondo cui Johnson si sarebbe riferito a un recente incaricato (Chris Pincher) come: “Pincher di nome, pincher di fatto”, sulla scia di uno scandalo sessuale di palpeggiamenti inopportuni, si sono ritorte contro di lui.

Alla fine, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso del suo mandato di premier, ma Johnson non se ne va senza combattere.

Normalmente, ci si aspetterebbe che un Primo Ministro si dimetta sulla scia di un voto di sfiducia e di dimissioni di massa. Ma Boris non è un primo ministro qualunque.

Sembra che sia più interessato a soddisfare le proprie esigenze che quelle del Paese e che, essendo appena sopravvissuto a un voto di fiducia, si sia sentito autorizzato a continuare a prescindere dalla mancanza di sostegno di cui soffre all’interno del suo stesso partito. Pur essendosi dimesso, è pronto a continuare come premier ad interim fino all’autunno, in attesa che venga scelto un nuovo leader, desideroso di portare avanti la sua agenda economica e di fare un ultimo passo avanti.

Inutile dire che, in un momento in cui l’economia britannica è già in ginocchio, questi sviluppi potrebbero continuare ad alimentare il sentiment negativo e a pesare sulle prospettive degli asset finanziari del Regno Unito.

Guardando al futuro

È possibile che le condizioni di trading riflettano ancora una volta la stessa situazione nelle prossime settimane. La liquidità è relativamente scarsa ed è improbabile che migliori con l’avvicinarsi delle vacanze estive, per cui i movimenti di mercato giornalieri potrebbero continuare a essere eccessivi, anche in assenza di una direzione generale del mercato.

Tuttavia, dato che la paura della recessione ha dominato l’azione dei prezzi nell’ultimo mese, riteniamo che molti rischi di ribasso siano stati prezzati. Pertanto, siamo più propensi a prevedere un modesto miglioramento del sentiment nelle prossime settimane.

Nel frattempo, nel Regno Unito è stato affascinante vedere fino a che punto il “maialino ingrassato” (come è stato definito Johnson) è stato disposto a spingersi per mantenere la propria posizione.

In effetti, a volte è sembrato un gatto con nove vite o, in modo poco gentile, uno scarafaggio impermeabile all’Armageddon che lo circonda. Alla fine, non è rimasto nessuno a salvarlo: Boris non è più il maialino ingrassato, ma piuttosto il maialino da latte pronto per la griglia!