La capitolazione della Fed

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Il Presidente della Fed Jerome Powell è salito sul podio in una posizione molto debole. La Fed aveva gestito decisamente male le comunicazioni prima della riunione del Federal Open Market Committee (FOMC) a metà giugno; aveva telegrafato un aumento di 50 pb segnalando tuttavia all’ultimo momento l’aumento effettivo che è stato più ampio, attestatosi a 75 pb, e che quindi era stato ampiamente scontato nei prezzi dei mercati.

I rialzi inattesi del Consumer Price Index (CPI) headline e dell’inflazione prevista avevano minato seriamente la credibilità delle previsioni del FOMC e dell’irrigidimento moderato della politica alla quale si era accennato nella riunione del mese passato.

Il risultato del FOMC ha ricordato tempestivamente che al momento giusto sono i dati dell’economia a dettare la giornata. Ritengo che la conferenza stampa tenuta dopo la riunione abbia chiaramente segnalato che gli investitori devono prepararsi per altre sorprese aggressive. Powell ha riconosciuto il ruolo chiave del recente aumento dell’inflazione prevista nel passaggio alla decisione di un rialzo maggiore. Ha anche riconosciuto che il mercato molto rigido del lavoro contribuisce alle pressioni dell’inflazione, tramite una robusta crescita dei salari. Ha ricordato che in ultima analisi la Fed è responsabile dell’inflazione headline del CPI, e che tale inflazione headline è il propulsore dell’inflazione prevista. È stato un chiaro messaggio che la Fed è attualmente – in ritardo – consapevole che l’inflazione prevista e i salari stanno rafforzando le pressioni inflazionistiche e che i rischi di inflazione tendono visibilmente al rialzo.

La mediana del tasso politico previsto dal FOMC si è bruscamente irripidita passando al 3,4% per la fine di quest’anno e 3,8% per la fine del 2023. Il tasso atteso per la fine del 2022 ha superato attualmente di 150 pb quello della riunione di marzo.

Powell ha ripetutamente enfatizzato il livello elevato dell’incertezza economica, soprattutto per il ruolo importante che shock delle forniture che esulano dal controllo della Fed possono continuare ad avere sul fronte dei prezzi, ribadendo che la risposta della politica della Fed dipenderà dai dati.

Invertendo la famosa frase di Marco Antonio “Io vengo a seppellire Cesare, non a lodarlo”, Powel ha lodato la forward guidance, ma di fatto l’ha seppellita. La Fed vuole essere trasparente nei confronti degli investitori, per non contribuire alla volatilità nei mercati, ma in questo caso essere trasparente significa che le mosse future della politica dipenderanno da dati sui quali la Fed ha pochissima visibilità. È un cambiamento piuttosto epocale. Per più di 10 anni le maggiori banche centrali hanno tenuto per mano i mercati con forward guidance incise nella pietra, affermando al tempo stesso che la politica sarebbe dipesa dai dati.

L’incongruenza e la non sostenibilità di questa combinazione adesso sono venute allo scoperto. I mercati dovranno adeguarsi a questa nuova realtà.

Mentre reagirà ai dati, la Fed è consapevole che la sua impostazione è ancora lontana dall’essere neutrale, e l’inflazione dovrà scendere per vari mesi prima di essere sicuri che le pressioni dei prezzi stiano tornando sotto controllo.

È una Fed molto più sobria e realistica rispetto alle riunioni precedenti. Certe critiche e dubbi che avevo espresso in documenti precedenti sono ancora validi: l’inflazione potrebbe facilmente chiudere l’anno al 6%-7%, per cui un tasso dei fed fund del 3,4% sarebbe ancora decisamente negativo in termini reali. Al valore nominale, le previsioni della Fed continuano a presumere che l’inflazione scenderà di propria iniziativa, anche con una politica monetaria ancora espansionistica. Questa conferenza stampa tuttavia ha ora segnalato che la Fed potrebbe procedere ad altri irrigidimenti, qualora l’inflazione dovesse mantenersi ostinata- mente elevata. Continuo a ritenere che la stima dei tassi neutrale della Fed intorno al 2,5% sia troppo bassa, ma Powell questa settimana mi è sembrato alquanto meno fiducioso nell’affidabilità di questa stima.

Powell ha ritenuto necessario rassicurare i mercati che secondo lui un rialzo di 75 pb non dovrebbe diventare la norma. È sembrata una dichiarazione non in sintonia con gran parte del resto dei suoi commenti. Il consenso sembra muoversi nella direzione di altri 75 pb previ- sti per luglio, seguiti da rialzi di 50, 25 e 25 pb nelle altre riunioni sulla politica di quest’anno. Vorrei tuttavia invitare alla prudenza riguardo al fatto che se inflazione, crescita dei salari e attese dell’inflazione restassero robuste, il dot plot della Fed potrebbe tornare a salire e l’irrigidimento effettivo della politica essere più rilevante. In effetti, personalmente ritengo molto possibile che ciò possa avvenire.

Nel complesso, la Fed secondo me ha fatto un passo avanti importante nella giusta dire- zione. Riconoscere che la politica sarà trainata da un flusso di dati molto incerto è un chiaro avvertimento che l’irrigidimento della politica potrebbe essere notevolmente più marcato. Prevedo che nei prossimi mesi in effetti i dati punteranno alla necessità di un irrigidimento maggiore, e i prezzi del mercato dovranno adeguarsi. Tuttavia con la sua nuova impostazione la Fed dovrebbe guadagnarsi una maggiore credibilità e contribuire a limitare la volatilità del mercato lungo una strada molto difficile verso la disinflazione.