Sfruttare la desincronizzazione del ciclo

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Nelle ultime settimane si sono verificati forti crolli dei listini azionari e delle obbligazioni a causa dei dati allarmanti sull’inflazione, degli interventi delle banche centrali e dei crescenti timori per la crescita economica. Questi eventi ci ricordano che è in corso un cambiamento di regime, in cui stiamo assistendo alla ripresa dei rischi di stagflazione e ai tentativi delle banche centrali di ripristinare la loro credibilità. In futuro, l’inflazione e le politiche delle banche centrali continueranno a determinare l’andamento dei mercati.

  1. Crescita: a inizio anno prevedevamo già una decelerazione della crescita, ma ora stiamo per assistere a un suo rallentamento marcato, soprattutto nella zona Euro, con il rischio di una recessione tecnica. Tale situazione è da ricondurre soprattutto alla debolezza dei consumi privati e degli investimenti in Europa, il continente più colpito dall’aumento dell’inflazione. Negli Stati Uniti i consumi privati e gli investimenti dovrebbero invece continuare a supportare la crescita, ma per il 2023 ci attendiamo un forte rallentamento congiunturale e rischi crescenti di recessione. Il mercato si concentrerà sulla traiettoria della crescita e, in particolare, sugli eventuali segnali di un peggioramento dell’outlook degli Stati Uniti.
  2. Inflazione: non ha ancora raggiunto il picco, ed è alimentata da driver diversi negli USA e in Europa. Il picco atteso si è spostato nel tempo ed è salito rispetto alle previsioni iniziali. I driver dell’inflazione sono diversi negli USA e in Europa; negli USA l’inflazione è trainata soprattutto dalla domanda, mentre in Europa è causata soprattutto dai vincoli all’offerta, e dagli shock energetici dovuti alla guerra che stanno ulteriormente peggiorando l’outlook. In un contesto caratterizzato da un rallentamento della crescita anche l’inflazione dovrebbe rallentare.
  3. Le banche centrali hanno l’arduo compito di ripristinare la loro credibilità. In generale, la stretta monetaria è più efficace quando l’inflazione è alimentata da una forte domanda interna. Quando è invece determinata da fattori esogeni (vincoli all’offerta), la stretta monetaria delle banche centrali è meno efficace nel contenerla. La Fed dispone di maggiori margini di azione per una stretta monetaria, mentre la BCE si trova in una posizione peggiore perché deve affrontare anche il problema della frammentazione dell’UE, come evidenziato nel suo annuncio di uno strumento anti-frammentazione dedicato. In generale, siamo convinti che non appena l’inflazione avrà raggiunto il picco e i riflettori si accenderanno sul calo della crescita, le banche centrali probabilmente faranno una pausa e aumenteranno i tassi meno di quanto dichiarato all’inizio.

In questo contesto ancora fortemente volatile, gli investitori dovrebbero mantenere una forte diversificazione ed evitare di aumentare il rischio perché il repricing del mercato, seppure in fase avanzata, non si è ancora concluso. Questo è il momento di puntare su aree di elevata qualità e su business model resilienti che siano in grado di preservare i margini. In particolare:

  • Le recenti vendite a valanga delle obbligazioni rendono questa classe di attività a tratti più interessanti perché l’atteggiamento hawkish delle banche centrali è ormai scontato e, a un certo punto, le banche centrali potrebbero essere costrette a limitare i loro interventi per evitare una recessione o un’ulteriore frammentazione. Gli attuali livelli stanno diventando più attraenti anche per investitori come le compagnie di assicurazione e i fondi pensione, e ciò potrebbe limitare il potenziale di ulteriori rialzi dei rendimenti. Siamo più positivi di prima e prossimi alla neutralità sulla duration negli Stati Uniti e nei Paesi core europei, ma manteniamo nel complesso un approccio agile un po’ ovunque. Rimaniamo neutrali sul debito periferico in euro e seguiamo con attenzione i rischi di frammentazione.
  • Credito: consigliamo di orientarsi verso il credito di qualità più elevata e di essere più selettivi in generale sullo spettro del credito (IG e HY) visti alcuni timori riguardo agli utili. Tuttavia, permane la nostra preferenza regionale per le obbligazioni IG USA alla luce degli ottimi dati sui consumi e sul mercato del lavoro negli Stati Uniti che dovrebbero favorire il miglioramento della crescita economica.
  • Azioni: manteniamo un atteggiamento complessivamente vigile, e dato che in Europa non sono ancora del tutto scontati ulteriori declassamenti degli utili, rimaniamo cauti per via dei venti contrari dovuti all’inflazione galoppante che potrebbe pesare sulla domanda dei consumatori. Gli Stati Uniti dovrebbero invece godere di una situazione relativamente positiva, e per tale motivo manteniamo una preferenza per questo Paese. Per quanto riguarda invece lo stile, gli investitori dovrebbero optare per aree meno cicliche nel comparto azionario e puntare su titoli value, di qualità e che sono orientati a distribuire dividendi. Dovrebbero essere premiate le società con solidi bilanci e capacità di dettare i prezzi, nonché di trasferire i costi crescenti ai consumatori e di preservare i margini.
  • Stiamo diventando leggermente più positivi sulle azioni cinesi di classe A perché sembrano più protette rispetto ai Paesi sviluppati, dove i rischi di stagflazione stanno aumentando. Prevediamo inoltre che questa classe di attivi beneficerà della riapertura dell’economia cinese e delle misure di stimolo messe in campo.
  • Ai fini della diversificazione, gli investitori dovrebbero prendere in considerazione le materie prime e le strategie con una bassa correlazione alle azioni e alle obbligazioni. In tema di valute, manteniamo la nostra preferenza per il dollaro USA rispetto all’euro e, in misura minore, per lo yen.