De senectute. Le ricadute economiche dell’allungamento dell’età lavorativa

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— di Gianluca Sabbadini * —

De Senectute

L’invecchiamento è un argomento delicato: anche se tutti noi speriamo di vivere il più a lungo possibile, sembra esserci una qualche forma di reticenza psicologica nell’affrontarlo, dato che implica concetti ansiogeni (malattia, dipendenza da terzi, …), e ciò nonostante nel mondo intero una delle tendenze demografiche principali sia proprio l’aumento dell’età media della popolazione. In Europa, oggi i cittadini con più di 65 anni sono circa il 20% della popolazione, e si prevede che nel 2050 siano superiori ad un terzo; si prevede inoltre che in un futuro relativamente prossimo si raggiungeranno età una volta molto rare: oggi l’aspettativa di vita alla nascita è di 77.4 anni, mentre la previsione per il 2050 è circa 85 anni e di 90 anni nel 2100.

L’aumento della longevità è il risultato dei costanti progressi nelle scienze della vita e dei miglioramenti nelle condizioni generali quali l’alimentazione, gli alloggi e l’istruzione; tuttavia una società progressivamente più anziana pone sfide importanti. Uno dei punti principali riguarda l’accettazione di un cambiamento nell’idea della società1: da una che sta invecchiando e che si concentra sull’età, ad una che cerca di sfruttare i benefici di vite più lunghe tramite i cambiamenti nel modo in cui invecchiamo. Si deve cioè uscire dalla vecchia logica, legata ad aspettative di vita relativamente contenute, di una esistenza scandita da scuola – lavoro – pensione, per entrare in un’ottica più dinamica.

Le ricadute economiche dell’allungamento dell’età lavorativa sembrano essere positive: sotto il profilo della crescita economica stime effettuate nel Regno Unito indicano che l’aumento di un anno nella vita lavorativa aumenta il PIL di circa l’1%, e si può presumere che sotto il profilo dell’occupazione giovanile una persistenza degli over 60 nel mondo del lavoro non abbia impatti negativi (sempre nel Regno Unito fra il 1951 ed il 2019 l’occupazione femminile è aumentata di 7 mln, senza causare riduzioni nell’impiego maschile). Incertezze potrebbero sorgere sulle implicazioni per le aziende di assumere dipendenti ultracinquantenni: il fisiologico decadimento può essere un handicap in determinati settori legati ad accelerati processi innovativi o dove il lavoro fisicamente impegnativo è prevalente. Tuttavia, in generale, si può affermare che è dubbio se con l’età diminuisca anche la produttività: l’esperienza e la conoscenza di un determinato settore sono atouts difficilmente quantificabili e, sotto il profilo dei costi, la disponibilità dei capelli grigi ad incarichi part – time ed a tempo determinato è sicuramente più in linea con le aspettative rispetto a quelle di un giovane. È comunque provato l’effetto positivo di squadre professionali composte da giovani ed anziani, ed anche sotto il profilo dell’innovazione questi teams possono dare un contributo importante nella creazione di prodotti e servizi, interessanti per il giovane previdente di oggi, meglio focalizzati per una platea di utenti più vecchi: per esempio nel settore turistico, del tempo libero, assicurativo, o finanziario.

L’istruzione e l’aggiornamento professionale costante devono diventare la base di una vita lavorativa più lunga ed elastica che può coprire attività differenti, non solo come conseguenza dei cambiamenti tecnologici, ma anche perché gli interessi, le prospettive e le esigenze degli individui mutano con il passare del tempo.

Una sfida importante di una società di longevi riguarda l’aspetto sanitario, nella quale il punto focale deve essere come invecchiamo, piuttosto che concentrarsi solo sul sostegno agli anziani. Invecchiare è la caratteristica di ogni organismo vivente e può essere definito come un processo graduale, multifattoriale e dipendente dallo scorrere del tempo che porta alla perdita di certe funzioni ed a danni biologici e fisici; è influenzato dall’interazione di fattori genetici, meccanici, biochimici e ambientali. Seppure sia un processo universale, il suo sviluppo temporale è diverso per ogni essere, e negli umani il suo sviluppo è unico per ogni individuo, dato che la longevità dipende anche da fattori legati alla propria storia clinica, alla dieta, all’esercizio fisico, a fattori di carattere socioeconomico ed alla geolocalizzazione; tutti questi aspetti si sommano nel corso della vita ed influenzano lo sviluppo o la progressione delle patologie legate all’età. Da cui l’importanza crescente che deve avere la prevenzione e l’insegnamento fin dall’infanzia di corretti stili di vita. L’avanzamento tecnologico, con l’applicazione del deep learning nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, ha permesso dal 2016 lo sviluppo di “orologi dell’invecchiamento” (aging clocks)2, cioè tecniche che aiutano a determinare l’età biologica (diversa da quella anagrafica) e l’effettivo stato di salute, attuale e previsionale, di un individuo. Questo progresso tecnologico sta dando origine ad una nuova specializzazione, la medicina della longevità, basata sull’analisi dei biomarcatori dell’invecchiamento fondamentale nella prevenzione e nella cura precoce delle patologie, anche se non potrà annullare i rischi legati all’invecchiamento ed alle malattie non trasmissibili. Una diffusione molto ampia di questa nuova disciplina potrà garantire sia l’allargamento dei database necessari per una definizione sempre più precisa e puntuale degli aging clocks, sia una riduzione dei costi per renderla disponibile per tutti.

Viviamo in un mondo caratterizzato dal “tutto e subito”, dove poca attenzione rivestono i processi che per loro natura sono lenti, nonostante micro-cambiamenti costanti portino a rivoluzioni radicali in un orizzonte più lungo; mi sembra che il crescere della longevità sia trattato più come un fatto curioso, studiato dalla medicina ma non affrontato dal dibattito pubblico come un aspetto determinante della società futura. Per fortuna, ci sono nicchie della società che cominciano a mettere in essere iniziative lungimiranti. Lo sviluppo delle Università della Terza Età, con un progressivo allargamento degli argomenti affrontati, sono un valido esempio per proporre strumenti di apprendimento in campi utili per le nuove necessità e per permettere di beneficiare del progresso tecnologico. La crescita del terzo settore, oltre alle ricadute positive del suo operato, è occasione di lavoro per molte persone anziane; e sempre più aziende stanno adottando modelli innovativi di lavoro e welfare aziendale. In attesa del diffondersi della medicina della longevità, le campagne di screening per alcune delle più comuni forme tumorali, e di vaccinazioni per varie patologie, indicano una maggiore attenzione alla prevenzione.

I nostri nipoti saranno anziani alla fine del secolo: vivranno ancora in un mondo dove il dibattitto riguarda l’aumento dell’età pensionabile e dove l’assistenza sarà ancora delegata alla famiglia, o saranno attivi ed indipendenti?

Note

1  A. J. Scott: The Longevity Society; The Lancet Healthy Longevity, Vol. 2, Issue 12, December 2021

 D. Radenkovic, A. Zhavoronkov, E. Bischof: AI in Longevity Medicine; in: N. Lidströmer, H. Ashrafian, (eds) Artificial Intelligence in Medicine; Springer Nature Switzerland, 2021

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* “Gianluca Sabbadini, bocconiano, socio AIAF (Associazione Italiana Analisti Finanziari) collabora con The Adam Smith Society, di cui è anche socio, quale ideatore e redattore della newsletter mensile Abbi Dubbi”.