Fed, è possibile un cambio di rotta della politica monetaria?

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La Federal Reserve ha aumentato nuovamente i tassi in occasione della prima riunione del Federal Open Market Committee (FOMC) del 2023, portando il tasso sui Fed funds al 4,75% con un aumento di 25 punti base. Nel comunicato che annuncia la decisione, si afferma che probabilmente sarebbero stati necessari “continui aumenti” per contenere l’inflazione. Nella conferenza stampa successiva alla riunione, il Presidente Powell ha rafforzato questo messaggio, affermando che il “lavoro della Fed non è finito” e che è “troppo presto per dichiarare vittoria” contro l’inflazione. Powell ha anche aggiunto che “continui aumenti” significa “un altro paio” di rialzi dei tassi di 25 punti base. Come sosteniamo da mesi, i tassi overnight probabilmente saliranno e resteranno alti più a lungo di quanto il mercato si aspetti. E nulla di quanto abbiamo sentito mercoledì dalla Fed ci ha dissuaso da questa view.

Tuttavia, i mercati finanziari hanno reagito positivamente con il protrarsi della conferenza stampa post-riunione. I mercati azionari hanno annullato le perdite precedenti e i titoli di Stato sono saliti. Questo è successo a causa delle previsioni differenti di mercati e Fed, e per il fatto che Powell ha aperto le porte a un possibile errore di politica monetaria, che potrebbe (eventualmente) indurre a un pivot.

In primo luogo, il mercato sembra molto più favorevole a uno scenario in cui l’inflazione si riduce rapidamente. Nel frattempo, la Fed rimane più scettica (come noi): Powell ha infatti parlato della divergenza tra le aspettative della Fed e i prezzi del mercato obbligazionario, affermando che “è positivo che la disinflazione che abbiamo visto finora non sia avvenuta a spese di un mercato del lavoro più debole”. Ma ha poi aggiunto che “il processo di disinflazione a cui stiamo assistendo è in una fase iniziale”.

In base alle nostre discussioni con gli investitori, alcuni vedono una prova più definitiva che il processo disinflattivo è già ben avviato. Anche alcuni giornalisti presenti alla conferenza stampa del FOMC hanno messo in dubbio l’approccio della Fed, sostenendo, in modo aggressivo, che la variazione annualizzata a 3 mesi dell’inflazione core avesse già subito un rallentamento in linea con l’obiettivo della Fed – ovvero, se il tasso di variazione attuale fosse stato mantenuto per un anno.

In risposta, Powell ha riconosciuto che i prezzi dei beni sono crollati di recente, trascinando al ribasso il tasso di variazione dell’inflazione core, ma ha anche avvertito che i prezzi dei beni finiranno per stabilizzarsi, riducendo quindi la spinta sull’inflazione core). Allo stesso tempo, i prezzi degli affitti non hanno ancora rallentato e i servizi non abitativi (l’altro “56% dell’inflazione core”, secondo Powell) non mostrano “ancora segnali di disinflazione”, registrando tassi di inflazione superiori al 4%, secondo gli ultimi dati. Anche se il restante 44% dell’inflazione core PCE dovesse registrare un tasso di inflazione dello 0% per l’anno in corso, un’ipotesi alquanto improbabile, la sola parte dei servizi non abitativi manterrebbe l’inflazione core PCE al di sopra del target del 2% fissato dalla Fed. Anche in questo caso, secondo la Banca Centrale americana, è troppo presto per cantare vittoria.

Invece di fare troppe pressioni, Jerome Powell ha infine dichiarato: “Non cercherò di convincere chi ha una previsione diversa”. Probabilmente è un segnale di umiltà da parte del Presidente, che, però, ha anche sottolineato la possibilità che il mercato abbia ragione e la Fed ha torto, potendo indurre un cambiamento di politica monetaria nel corso dell’anno.

Questo è il messaggio che i mercati hanno apprezzato. Si tratta di un sottile, ma importante, cambiamento nella comunicazione che potrebbe risultare fondamentale nel corso dell’anno.

A che punto siamo?

In un mercato del lavoro forte (o “sbilanciato”, secondo le parole della Fed), l’approccio alla gestione del rischio da parte della Banca Centrale si concentrerà sui potenziali rischi di inflazione al rialzo. E se i dati sull’inflazione reale rimarranno “elevati”, come sospettiamo – il prossimo CPI è previsto per il 14 febbraio – la Fed continuerà probabilmente con i rialzi nel 1° trimestre, portando il tasso sui Fed funds al 5%, e forse oltre, nel 2° trimestre.

Una svolta politica rimane ancora una possibilità remota, ma per molti il solo fatto di dirlo significa che ci possa essere una possibilità.