Fed, Fidelity: sale il rischio di un hard landing. La Cina un utile diversificatore

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Commento di Anna Stupnytska, Global Economist di Fidelity International sul meeting della Fed di ieri: “La Fed ha aumentato il tasso di interesse di 25 pb nella riunione di ieri, una decisione politica eccezionalmente difficile alla luce delle recenti tensioni sul settore bancario. La decisione di procedere con un rialzo è un segnale della fiducia della Fed nella sua capacità di contenere l’instabilità finanziaria, mantenendo allo stesso tempo una forte attenzione al controllo dell’inflazione.

La Fed sta seguendo il modello della BCE – aumentando i tassi ma passando a un approccio più cauto, riunione dopo riunione. Avrebbe potuto fare una pausa, sfruttando l’attuale situazione del sistema bancario come una valida ragione per prendersi un po’ di tempo. Ma questo avrebbe potuto mettere in discussione l’impegno della Fed a contenere l’inflazione e rischiando di compromettere la sua credibilità, un rischio che i partecipanti al FOMC hanno deciso, a questo punto, di non correre. Il rischio principale per la Fed è che questo rialzo si riveli invece controproducente, esacerbando ulteriormente le preoccupazioni sull’instabilità finanziaria e alimentando le turbolenze di mercato.

Con l’evoluzione della crisi del sistema bancario, riteniamo che la probabilità di un hard landing sia aumentata drasticamente negli ultimi giorni. L’attuale tensione del mercato, sintomo dell’ampiezza e della velocità dell’inasprimento delle politiche finora adottate, sta alimentando ricadute più ampie attraverso il canale dei prestiti bancari all’economia reale.

La funzione di reazione della Fed rimane il fattore cruciale per determinare il percorso da qui in avanti. Qualsiasi segnale di allentamento delle pressioni inflazionistiche e di rallentamento dei limiti del mercato del lavoro nelle prossime settimane rappresenterebbe la salvezza della Fed, consentendole di effettuare il tanto atteso cambio di rotta e di segnalare la fine del ciclo. Se l’inflazione resterà elevata, la Fed tenterà probabilmente di continuare la politica di separazione degli strumenti per destreggiarsi tra stabilità dei prezzi e stabilità finanziaria, cercando di convincere i mercati che non c’è alcun compromesso tra le due. Ma dato il ruolo dei mercati e del sentiment nella trasmissione delle politiche, questo trade-off è vivo e vegeto, e se dovesse diventare ancora più netto, i mercati metteranno alla prova la Fed fino a quando, alla fine, eserciterà la “Fed put”.

Siamo ancora favorevoli a un atteggiamento prudente, espresso da un sottopeso sul credito e da un sovrappeso sulla liquidità. La fine del ciclo di inasprimento della Fed si sta avvicinando e siamo consapevoli che ciò può potenzialmente provocare un rally di sollievo negli asset di rischio nel breve termine. Tuttavia, riteniamo che la notevole quantità di inasprimenti già attuati, il rallentamento della crescita, l’inflazione elevata e ora le tensioni nel settore bancario giustifichino un approccio difensivo. Continuiamo a privilegiare i mercati emergenti rispetto ai Paesi sviluppati, sebbene l’inasprimento degli standard di prestito negli Stati Uniti e in Europa rappresenti un vento contrario per le valute emergenti. La storia della riapertura della Cina è ancora intatta, il che significa che la Cina potrebbe essere un utile diversificatore nel caso in cui la crescita dei Paesi sviluppati si fermi o le tensioni bancarie si intensifichino.”