Inflazione e potere d’acquisto delle famiglie italiane

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L’aumento del costo della vita avvenuto nell’ultimo anno a causa dell’impennata dei prezzi di beni e servizi sta mettendo a dura prova le finanze delle famiglie italiane. È quanto emerge dall’Osservatorio “Sguardi Famigliari” di Nomisma.

Quali sono le principali evidenze? Il 13% delle famiglie italiane ritiene il proprio reddito insufficiente a far fronte alle necessità primarie, vale a dire alle spese irrinunciabili come i generi alimentari, oppure le spese legate alla casa come l’affitto, il mutuo, le bollette. A questo gruppo di famiglie, che si definiscono come “compromesse”, si aggiunge un altro contingente numeroso (il 43% delle famiglie intervistate) che valuta la propria condizione reddituale appena sufficiente a far fronte a tali spese, in una sorta di equilibrio precario che potrebbe essere messo a rischio da un evento imprevisto anche di modesta portata.

Eppure, dal mercato del lavoro, continuano a giungere notizie e dati positivi con un tasso di occupazione ai massimi storici e un livello di disoccupazione molto contenuto, elementi che consentono la tenuta economica della maggioranza delle famiglie ed evitano loro il passaggio a una condizione di precarietà. Non a caso negli ultimi mesi il principale motivo di percezione dell’inadeguatezza delle risorse economiche a disposizione delle famiglie è rappresentato dall’elevato costo della vita (per il 78% delle famiglie si dichiarano insoddisfatte della propria condizione reddituale), molto più delle difficoltà lavorative (10%).

L’impennata dell’inflazione e l’aumento dei prezzi hanno depresso fortemente il potere di acquisto delle famiglie: più della metà degli intervistati ha visto crescere le bollette energetiche di oltre il 50% rispetto ai livelli di un anno fa, con il 16% che dichiara di aver avuto molte difficoltà nel pagare le utenze: di questi il 4% ha accumulato ritardi nei pagamenti. Per far fronte ai rincari energetici le famiglie hanno dovuto innanzitutto comprimere le spese ritenute “superflue”, vale a dire quelle per il tempo libero, per le attività culturali e per quelle sportive. Il 39% delle famiglie che si è dichiarata in difficoltà nel pagare le bollette ha dovuto ridurre anche spese basilari come quelle sanitarie, il 31% ha tagliato le spese in istruzione mentre il 27% ha manifestato difficoltà nel pagare il mutuo o l’affitto della propria abitazione.

Volgendo lo sguardo ai prossimi mesi, il numero di famiglie che teme di poter incontrare forti difficoltà nel pagare le utenze sale al 24%. Vi sono molti gradi di vulnerabilità e alcune condizioni che determinano delle difficoltà oggettive per le famiglie: la presenza di una sola fonte di reddito è certamente una di queste, considerando che se nel complesso del campione la percentuale di famiglie che reputa il proprio reddito non completamente adeguato o insufficiente a far fronte alle necessità primarie è pari al 57%, tra le persone giovani che vivono da sole questa percentuale sale al 69%, mentre tra i genitori soli con figli arriva addirittura al 78%. Queste ultime hanno problemi di natura non solo economica ma anche di tipo relazionale o psicologico, dal momento che la loro condizione deriva da una separazione con il coniuge o partner oppure anche da un lutto, e si trovano pertanto costrette a riorganizzare la propria vita dovendo affrontare tutta una serie di criticità che non erano presenti nella condizione precedente.

L’assenza di una casa di proprietà è un altro elemento che amplifica le problematiche famigliari, in particolare se si deve pagare un affitto, condizione che fa salire al 76% la quota di famiglie che reputa il proprio reddito inadeguato. Se a questo, infatti, sommiamo le difficoltà sopraggiunte nell’ultimo anno a causa dell’aumento del costo della vita e con le bollette in alcuni casi persino raddoppiate, ecco che la casa rappresenta un fattore in grado di amplificare le criticità e un fardello molto pesante sulle spalle delle famiglie.

Altre condizioni maggiormente note si confermano come elementi che più frequentemente si associano a situazioni di difficoltà economica, come l’avere un’attività lavorativa meno qualificata (il 73% dei capifamiglia operai giudica il proprio reddito non adeguato), un basso titolo di studio (62%), oppure vivere nel Sud Italia (63%). Un’eventuale spesa imprevista, anche di piccola entità, potrebbe quindi diventare un serio problema da affrontare per il 22% delle famiglie totali, percentuale che sale al 30% tra le persone sole non anziane, al 31% per i genitori soli con figli, e al 41% per le famiglie in affitto. Per queste famiglie, dunque, basterebbe poco per incorrere in difficoltà economiche ed essere costrette a richiedere supporto esterno.

Tali criticità influiscono enormemente sulla condizione psicologica e sull’approccio alla vita e ai consumi, dal momento che queste stesse famiglie sono quelle che esprimono il grado di fiducia più basso nei confronti delle istituzioni a tutti i livelli, nazionali e locali, e anche verso le categorie professionali che negli ultimi anni sono state maggiormente sotto i riflettori, come medici, scienziati, insegnanti e giornalisti. Tali famiglie non vedono una via di uscita concreta per risolvere le proprie criticità, e dimostrano pertanto insoddisfazione verso un contesto che sovente non ritengono in grado di proporre soluzioni adeguate.