Acetaia Gubertini, un aceto balsamico esclusivo creato da alchimisti emozionali

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Una storia ultracentenaria, tre barili di cui due andarono perduti mentre uno è tuttora conservato in acetaia ma soprattutto una grande passione familiare. Nasce così la storica Acetaia Gubertini, da un piccolo proprietario terriero dell’appennino modenese, Gelso Gubertini, che nel 1880 decise di avviare l’acetaia. Un tesoro prezioso da tramandare, oggi alla quinta generazione, arrivato sino ai giorni nostri.

Ma che cosa rende così speciale l’aceto Gubertini? “Il rispetto del tempo, dei processi naturali, la scelta delle materie prime migliori, la lavorazione rigorosamente manuale e la piccola produzione”, spiegano Francesco Gubertini, responsabile della comunicazione e Imer Gubertini Mastro Acetaio, intervistati da LMF. “La nostra produzione per attenzioni, esclusività e tirature limitate ha caratteristiche più simili al settore del lusso che del food”, sottolinea Francesco Gubertini. E aggiunge: “Ci definiamo alchimisti emozionali perché i nostri aceti balsamici non sono un condimento ma una sinfonia di sensazioni al palato e al naso, orchestrate sapientemente dal Mastro Acetaio”.

Imer Gubertini e Renata Mesini a Cibus 2023

Imer Gubertini e Renata Mesini a Cibus 2023

L’intervista a Imer Gubertini

Partiamo dalle origini, la vostra è una passione familiare che parte da molto lontano. Quando e come nasce l’acetaia Gubertini?
“Il trisavolo di mio nonno era un piccolo proprietario terriero dell’appennino modenese, nel 1880 decise di avviare l’acetaia con tre barili. Era consuetudine tra le famiglie modenesi dell’epoca avere qualche botte d’aceto come simbolo di benessere, un bene prezioso da tramandare ad uso familiare. Di quei tre barili, negli anni, due andarono perdute, mentre uno è tuttora conservata e alimentata in acetaia. Negli anni 50-60 si affiancarono altri barili per alimentare le batterie e far fronte all’ingrandirsi dei membri della famiglia. A partire dagli anni 70 si iniziò la vera gestione “moderna” delle batterie, con controlli periodici e annotazione di tutte le lavorazioni. Questo ha permesso di elevare moltissimo gli standard qualitativi negli anni successivi preparando il terreno ad una gestione più consapevole in materia bioculturale”.

Negli anni ’80 del Novecento decidete di andare oltre l’acetaia, ovvero cercate di ricreare l’ambiente microbiologicamente perfetto in cui far avvenire le trasformazioni acetiche naturali. Che cosa significa?
“La vera differenza tra l’aceto balsamico tradizionale e quello industriale risiede nel ricreare un micro ambiente naturale dove fare lavorare le colonie batteriche alla base della trasformazione acetica, senza additivi o componenti chimici. Fino agli anni 70 non cerano molti studi sulla micro biologia, quindi di fatto tutti quelli che producevano aceto balsamico tradizionale si affidavano al disciplinare di Francesco Aggazzotti (agronomo dell’800) e a ciò che tramandavano gli anziani. Mancavano le conoscenze per capire determinati processi biologici alla base della trasformazione del mosto in aceto. Dagli anni ’80 siamo andati oltre l’acetaia nel senso che abbiamo ricercato e selezionato le migliori uve per il nostro mosto (una miscela di Trebbiano e Lambrusco) e i migliori legni (alcune batterie hanno fino a 7 tipi di legno differenti) per riuscire a creare un habitat ideale in cui far avvenire le trasformazioni acetiche naturali, questo conferisce al prodotto finale un sapore molto profondo e intenso”.

Quali sono le fasi che portano alla nascita dell’aceto balsamico Gubertini?
“La nostra filosofia di base è il rispetto assoluto del tempo delle trasformazioni naturali, questo vuol dire avere molta pazienza e attendere anni prima di aver un aceto balsamico con il nostro scudo sopra. Tutto parte dall’evaporazione controllata a bassa temperatura del mosto, in pochi sanno che l’aceto balsamico vero è fatto partendo dal mosto cotto, non dal vino acetificato come ad esempio quello industriale. Al mosto portato ad una concentrazione ottimale di acqua si avvia la naturale fermentazione alcolica per ridurne la quantità zuccherina e viene inserito nelle Badesse (barili più grandi di quelli delle batterie) che contengono elevate quantità di aceto batteri che trasformano l’alcool in aceto. Il contenuto delle badesse si presenta con una densità bassissima e una quantità di acidità molto elevato tipici dell’aceto giovane. La seconda fase sono i controlli fatti con strumenti che utilizzano scale standard, per capire come le flore batteriche dentro ogni barile hanno lavorato. Il risultato di questi controlli permetterà di comprendere durante i travasi quanto prodotto potrà essere prelevato e quanto rabboccato per mantenere ottimali i micro ambienti batterici”.

Una delle caratteristiche del vostro aceto balsamico è la diversità dei legni presenti nelle fasi di invecchiamento delle batterie. E’ qui che nasce l’unicità del vostro aceto?
“Come ho accennato prima, le botti con differenti volumi e i legni hanno uno scopo ben preciso per ottenere un prodotto con sapore caratteristico, un vero brand che identifica l’acetaia, un pò come il liqueur d’expédition per lo champagne. Le nostre batterie utilizzano fino a 7 tipi di differenti legni ognuno con caratteristiche differenti. Il Ginepro: conferisce al balsamico un profumo ed un sapore spiccato di bacche di ginepro. Il Frassino: accelera l’acetificazione dell’alcol presente nel balsamico giovane. Il Castagno: cede al balsamico il tannino conferendogli il colore ambrato. Il Gelso: agevola l’evaporazione e concentrazione del balsamico. L’Acacia: utilizzata per mantenere l’acidità per questo viene usata prevalentemente nelle botti più grandi delle batterie. Il Rovere: è un legno duro, resistente nel tempo, neutro adatto a preservare il balsamico senza alterarlo. Il Ciliegio: conferisce un’inconfondibile essenza del frutto maturo al prodotto finale”.

L’intervista a Francesco Gubertini

Che cosa rende così speciale il vostro Aceto Balsamico?
“Il rispetto del tempo, dei processi naturali, la scelta delle materie prime migliori, la lavorazione rigorosamente manuale e la piccola produzione. Per noi un prodotto top non può risiedere nei grandi numeri. L’esclusività non è solo un posizionamento di mercato è una scelta produttiva, non possono esserci la stessa attenzione, passione e quindi qualità, in produzioni industriali fatte di milioni di bottiglie, dove alla fine è il prezzo a fare la competizione e non il prodotto. Ogni nostra bottiglia viene lavorata a mano e nel retro viene scritto a mano il seriale, perché di ogni nostra bottiglia si può risalire alla sua anagrafica. La nostra produzione per attenzioni, esclusività e tirature limitate ha caratteristiche più simili al settore del lusso che del food”.

Vi definite “alchimisti emozionali”. Vuole spiegarci meglio i valori che vi identificano?
“Partiamo dal presupposto che il cibo e le emozioni hanno un forte legame. Alchimisti emozionali perché noi definiamo i nostri aceti balsamici non un condimento ma una sinfonia di sensazioni al palato e al naso, orchestrate sapientemente dal Mastro Acetaio. Assaggiare un nostro Aceto di 50 anni, dove 50 identifica il minimo di riposo in batteria, ma più spesso sono 60, vuol dire avere una quantità, una profondità e un’ampiezza di sapori e odori che difficilmente lascia indifferenti. Le logiche di mercato dove al primo posto viene messo il profitto a discapito della qualità del prodotto, vanno esattamente in senso opposto. Noi abbiamo deciso che non saremmo mai scesi a compromessi affiancando al nostro nome prodotti di scarsa qualità per il mero guadagno. Sulla base di questa decisione tutti i nostri aceti sono prodotti con la stessa qualità assoluta di quelli che usavamo quando erano ad uso esclusivamente familiare”.