Dopo un rialzo, le materie prime stanno registrando un calo in tutti i settori

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Il mese scorso abbiamo notato che le materie prime avevano registrato la crescita più forte da un anno a questa parte. Tutti i principali settori delle materie prime – energia, metalli preziosi, metalli industriali e agricoltura – avevano registrato guadagni. Questo mese, invece, il quadro appare sostanzialmente diverso: tutti i principali settori delle materie prime sono in calo e le commodity in senso lato hanno registrato un rendimento del -4% nel mese conclusosi il 22 maggio 2023.

Tutto ciò non sorprende in quanto quest’anno rimangono due i driver importanti per le materie prime. Il primo riguarda l’andamento della riapertura della Cina. Sebbene i mercati abbiano iniziato l’anno con grande ottimismo, da allora sono entrati in modalità reattiva e si sono concentrati su dati che non sono stati abbastanza convincenti per sostenere l’ottimismo iniziale. L’idea che la ripresa cinese sia in gran parte trainata dai servizi piuttosto che dal settore manifatturiero sta offrendo un sostegno relativamente scarso alle materie prime. Ciò è evidente dal fatto che l’indice PMI dei servizi cinesi è diventato espansivo a gennaio e da allora è rimasto tale, mentre il PMI manifatturiero è diventato brevemente espansivo a febbraio ma è scivolato di nuovo in territorio di contrazione il mese scorso. Pertanto, i mercati non hanno una narrativa chiara a cui aggrapparsi per quanto riguarda la Cina, il che spiega in parte l’andamento altalenante dei prezzi fino a quest’anno. Manteniamo una visione costruttiva sulla ripresa della Cina quest’anno, ma riteniamo che l’ottimismo del mercato all’inizio dell’anno fosse eccessivo. La pazienza è invece giustificata per consentire alla Cina di riprendersi gradualmente quest’anno.

Il secondo driver riguarda le aspettative di recessione nelle principali economie dei mercati sviluppati. Anche su questo fronte, i mercati non hanno un quadro chiaro, data la divergenza di opinioni sulla possibilità che gli Stati Uniti abbiano un atterraggio duro o morbido o che evitino del tutto la recessione quest’anno. I dati economici degli Stati Uniti non forniscono ancora un quadro chiaro della strada da percorrere. L’inflazione continua a scendere, mentre il mercato del lavoro e la fiducia dei consumatori rimangono stabili. Nel frattempo, però, le trattative sul tetto del debito degli Stati Uniti hanno creato molto rumore nelle ultime settimane, danneggiando il sentiment degli asset di rischio. Anche se il rumore non è ancora finito e l’insolvenza degli Stati Uniti sui propri prestiti è solo uno scenario di coda, un accordo calmerebbe comunque i nervi e solleverebbe il sentiment di rischio sia per le azioni che per le materie prime.

Il mese scorso i metalli industriali hanno subito il colpo più forte a causa delle due narrazioni di cui sopra. Tra i maggiori detrattori ci sono stati il nichel e lo zinco, entrambi beni di cui la Cina è di gran lunga il maggior consumatore. Le curve dei futures per la maggior parte dei metalli industriali sono ora in contango, tranne che per il piombo e lo stagno che sono in leggero backwarding. Ciò indica che i mercati non si aspettano una stretta dell’offerta nel breve termine a causa delle forze sopra descritte.

I metalli preziosi sono scesi complessivamente dell’1,4%. Ciononostante, è stato un mese ricco di eventi per il settore, con l’oro che ha flirtato con i massimi storici. Il deprezzamento del dollaro da novembre ha ampiamente sostenuto l’oro negli ultimi mesi, con un ulteriore supporto derivante dai problemi del settore bancario e dai continui timori di un’imminente recessione. A maggio, tuttavia, il dollaro ha riguadagnato parte del terreno perduto, poiché i mercati si aspettano un’ulteriore stretta da parte della Federal Reserve. Questo ha fatto sì che l’oro si ritirasse nuovamente dai massimi storici.

Le materie prime energetiche hanno continuato a indebolirsi il mese scorso, guidate dal petrolio. Gli Stati Uniti hanno in programma di rifornire la loro riserva strategica di petrolio, ma l’annuncio ha avuto un impatto minimo sui prezzi del petrolio, poiché le preoccupazioni del mercato ruotano attorno ai problemi del tetto del debito statunitense, alla politica monetaria e al rallentamento delle condizioni economiche. Gli incendi in Canada hanno causato la chiusura di diversi pozzi petroliferi, ma le reazioni del mercato sono rimaste minime. Il mercato dei futures mostra un profondo pessimismo sul petrolio Brent e sul greggio WTI, mentre gli investitori contrari vedono opportunità nei prodotti negoziati in borsa. Tuttavia, i mercati sembrano non tenere conto del fatto che l’OPEC e i suoi paesi partner rappresentano il 45% dell’offerta globale di petrolio e c’è il rischio di un ulteriore intervento da parte dell’OPEC+ in occasione della prossima riunione. Il gas naturale ha subito perdite quest’anno, ma si prevede un aumento della domanda con la preparazione dell’inverno in Europa, anche se la domanda attuale rimane bassa.

Sebbene anche le materie prime agricole siano state complessivamente in calo, ci sono stati alcuni punti positivi. I prezzi del cotone sono aumentati dell’8,8% grazie alle previsioni positive dell’USDA, con scorte statunitensi più limitate e un aumento delle esportazioni. I prezzi dello zucchero sono aumentati del 4,7%, poiché si prevede una diminuzione dell’eccedenza globale e un aumento del consumo. I prezzi del grano rimangono sotto pressione a causa dell’estensione dell’accordo sui cereali tra Russia e Ucraina, ma le previsioni sui raccolti statunitensi più basse e le condizioni climatiche avverse in Argentina pongono rischi di approvvigionamento. Le previsioni sul raccolto di grano russo sono state riviste al rialzo, ma le esportazioni dovrebbero rimanere stabili.