Mario Draghi al MIT: la lotta all’inflazione non è finita. Un “cambiamento di paradigma”

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Mario Draghi al Mit Massachusetts Institute of Technology riceve il prestigioso Premio Miriam Pozen 2023 

Mario Draghi al MIT

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La guerra in Ucraina e il ritorno dell’inflazione hanno causato un “cambiamento di paradigma” che “può portare a tassi di crescita potenziale più bassi” e che “richiederebbe politiche che portino a deficit di bilancio e tassi di interesse più elevati”.

Lo ha detto Mario Draghi al Mit Massachusetts Institute of Technology dove ha ritirato il premio Miriam Posen. “Mentre noi eravamo impegnati a celebrare la fine della storia, la storia stava preparando il suo ritorno”, ha detto. “Le conseguenze geopolitiche di un conflitto prolungato al confine orientale dell’Europa sono molto significative. In primo luogo, l’Ue deve essere disposta a rafforzare le proprie capacità di difesa. In secondo luogo, dobbiamo essere pronti a iniziare un percorso con l’Ucraina che porti alla sua adesione alla Nato. In terzo luogo, dobbiamo prepararci a un periodo prolungato in cui l’economia globale si comporterà in modo molto diverso dal recente passato”.

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Qui il link al discorso integrale tradotto per formiche.net da Gianfranco Polillo.

LA GUERRA IN UCRAINA PESERÀ PER MOLTI ANNI

La guerra in Ucraina ha contribuito all’aumento delle pressioni inflazionistiche a breve termine, ma è anche probabile che inneschi “cambiamenti duraturi che annunciano un’inflazione più elevata in futuro” 
“Con il senno di poi, è probabile che le autorità monetarie avrebbero dovuto diagnosticare per tempo il ritorno di un’inflazione persistente. Ma soprattutto in Europa, data la natura di shock guidato dall’offerta, non è chiaro se agire più rapidamente avrebbe arginato di molto l’accelerazione dei prezzi”.

“L’incapacità dei governi di accordarsi tempestivamente su un tetto massimo di prezzo per il gas naturale ha reso il lavoro della Bce molto più difficile. In ogni caso, quando le banche centrali sono intervenute, hanno dimostrato un forte impegno a tenere sotto controllo l’inflazione e hanno in gran parte recuperato il tempo perduto”.

L’aumento dei tassi si sta ora diffondendo nell’economia e ci sono segnali di rallentamento nel settore manifatturiero, per l’ex premier italiano. “L’inflazione si sta dimostrando più resistente di quanto le banche centrali avessero inizialmente ipotizzato”. La lotta contro l’inflazione non è finita e probabilmente richiederà “una cauta continuazione della stretta monetaria, sia attraverso un ulteriore aumento dei tassi di interesse, sia allungando i tempi di inversione del loro corso”.

Non ci si aspetta che le preoccupazioni relative alla stabilità finanziaria ostacolino il processo. “Gli attuali problemi bancari non sono in alcun modo paragonabili alla crisi finanziaria e dovrebbero essere affrontati con misure ad hoc, come è stato fatto finora”, ha detto.

“Date le dimensioni limitate di queste crisi, i governi dovrebbero finanziare, quando necessario, ogni intervento necessario, evitando di creare un conflitto per le banche centrali tra il perseguimento degli obiettivi di politica monetaria e quelli di stabilità finanziaria”. Alla fine, secondo l’ex presidente Bce “le banche centrali riusciranno a riportare il tasso di inflazione ai loro obiettivi” ma “l’economia sarà molto diversa da quella a cui siamo abituati”. I governi avranno disavanzi di bilancio permanentemente più elevati e “nel lungo periodo, è probabile che i tassi di interesse si mantengano più alti di quanto non siano stati nell’ultimo decennio. Allo stesso tempo, la bassa crescita potenziale, i tassi più alti e gli elevati livelli di debito post-pandemia sono un cocktail volatile, e le banche centrali che tollerano l’inflazione non saranno la soluzione”.

Mario Draghi ha osservato infine che “le banche centrali devono certamente essere molto attente al loro impatto sulla crescita, in modo da evitare inutili sofferenze. Ma il compito di ridisegnare le politiche fiscali in questo nuovo contesto spetterà principalmente ai governi”.