Occhi puntati su Fed e Bce, c’è ancora molto da fare

Sean Shepley, Senior Economist Allianz Global Investors -

La prossima settimana l’attenzione sarà rivolta soprattutto alle riunioni della Federal Reserve (Fed) e della Banca Centrale Europea (BCE). Mentre la BCE ha mantenuto coerenza nel segnalare la necessità di un’ulteriore stretta monetaria (e per la prossima settimana prevediamo un rialzo dei tassi di 25 pb), nella conferenza stampa di maggio il Presidente della Fed, Powell, ha reso noto che, sebbene il clima di incertezza rimanga elevato, il timore è che nella seconda metà dell’anno si affacceranno segnali di debolezza nell’attività economica; inoltre, ha comunicato che la fase di inasprimento è probabilmente prossima alla fine e che potrebbe essere opportuno prendersi una pausa per valutare i progressi futuri.

Cosa è cambiato da allora?

Numerose sono state le notizie positive riguardanti l’economia statunitense: non solo la spesa per i consumi e la produzione industriale sono aumentate più del previsto, ma vi sono stati buoni risvolti anche per quanto riguarda l’abolizione del tetto del debito. Il prezzo imposto dalla maggioranza repubblicana alla Camera dei Rappresentanti era volto a contenere le spese future, ma è probabile che l’economia statunitense non subirà rallentamenti significativi. Il mercato del lavoro statunitense è divenuto un indicatore chiave difficile da interpretare: se da un lato assistiamo al costante e insostenibile incremento dei salari, dall’altro il tasso di disoccupazione è iniziato a salire ed è diminuito il numero di dipendenti che abbandonano un posto di lavoro per accettarne uno nuovo, segno che è in corso un allentamento del mercato del lavoro. Infine, per quanto non sembri più costantemente sotto pressione, il settore bancario non è apparentemente in grado di finanziare la crescita: lo dimostrano i prestiti bancari, che a distanza di due mesi dal fallimento di SVB sono ancora al di sotto del livello precedente all’evento.

Al contempo, i titoli azionari statunitensi hanno dato buoni frutti: l’entusiasmo per il potenziale grande aumento della produttività derivante dalle nuove scoperte nel campo dell’intelligenza artificiale ha fatto sì che il settore tecnologico raggiungesse nuovi massimi per il 2023 e gli spread creditizi hanno completamente annullato l’allargamento registrato nella prima parte di maggio. A seguito di tutti questi fattori, i mercati hanno ormai escluso l’aspettativa di un taglio dei tassi prima della fine dell’anno e hanno scontato un’elevata probabilità di un ulteriore rialzo da parte della Fed nel corso dell’estate.

Va anche detto che al di fuori degli Stati Uniti le notizie non sono state così costruttive: a fronte del rapido ritmo registrato a inizio anno, la ripresa cinese ha subito un rallentamento e il settore manifatturiero sta convergendo verso le prospettive inferiori alla norma che caratterizzano gli Stati Uniti e l’area dell’euro. Proprio in quest’ultima sta svanendo la ripresa delle aspettative delle imprese e lo slancio del settore dei servizi mostra segni di cedimento nonostante la continua espansione dell’attività commerciale.

Per quanto riguarda infine l’inflazione in sé, il precedente ottimismo sull’allentamento delle pressioni statunitensi ha perso mordente. Come mostra il grafico della settimana, l’indice che misura i prezzi delle spese per i consumi personali di base (core PCE) si è stabilizzato a un tasso di crescita annuale appena superiore al 4,5% (rispetto all’obiettivo del 2% fissato dalla Fed).

Riassumendo, quindi, i tradizionali indicatori economici anticipatori del settore manifatturiero, gli aggregati monetari e l’inclinazione della curva dei rendimenti segnalano tutti una futura debolezza dell’attività, presumibilmente destinata a ridurre l’inflazione. Per contro, la resilienza dell’attività corrente e la vischiosità dell’attuale inflazione si uniscono a sostegno di un ulteriore inasprimento da parte della Fed, dalla cui riunione si prospettano due scenari possibili: un innalzamento dei tassi di interesse, con grande stupore per il mercato, oppure il mantenimento dei tassi attuali con la possibilità di un ulteriore inasprimento nel corso dell’estate. Per quanto la prima ipotesi sia possibile, riteniamo che la seconda sia la più probabile.

La settimana prossima

A prescindere dalle riunioni delle banche centrali, ci aspettiamo che i dati statunitensi della prossima settimana vedano un’attenuazione della spesa per i consumi e della crescita della produzione industriale dopo i guadagni particolarmente consistenti di aprile. Con tutta probabilità, gli indicatori anticipatori del settore manifatturiero rimarranno deboli. La pubblicazione dell’indice dei prezzi al consumo (CPI) per il mese di maggio dovrebbe vedere un ritmo annuale più lento sia dell’inflazione headline sia di quella core, mentre il PPI si è recentemente attenuato.

Nell’area dell’euro la produzione industriale potrebbe invertire la significativa debolezza registrata in aprile, ma ci aspettiamo che l’indicatore di sentiment del Zentrum für Europäische Wirtschaftworschung (ZEW) si indebolisca ulteriormente.

I dati sul mercato del lavoro del Regno Unito acquisiranno rilevanza dopo il significativo indebolimento segnalato dalla pubblicazione del mese scorso. Data un’inflazione core di quasi il 7% su base annua, la Bank of England ha bisogno di assistere a un materiale rallentamento dell’economia britannica se non vuole che i tassi di interesse salgano ai livelli degli Stati Uniti o oltre – nonostante nel Regno Unito la crescita tendenziale sia molto più debole. I dati sulla produzione industriale rimarranno probabilmente deboli.

Infine, è probabile che i dati sulle vendite al dettaglio, sugli investimenti e sulla produzione industriale della Cina mostrino un ritmo di crescita annuale più contenuto. L’entità dell’attenuazione sarà importante, poiché il mercato nutre speranze in nuovi stimoli politici a sostegno dell’attività.

In conclusione, ci aspettiamo che la BCE aumenti i tassi d’interesse di 25 pb, considerando l’evidenza di una maggiore crescita dei salari, e che la Fed mantenga i tassi invariati la prossima settimana. Tuttavia, prevediamo che entrambe le banche centrali non tarderanno a segnalare la necessità di intervenire ancora per ridurre l’inflazione: in presenza dei primi segnali di indebolimento della crescita, l’ulteriore inasprimento monetario potrebbe accrescere le tensioni sul mercato nel corso dell’anno, ma è chiaro che le principali banche centrali hanno ancora molto da fare.