GAM, perché le aziende restano private più a lungo?

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Vent’anni fa l’età media di collocamento di una società era quattro anni. Apple ne è un esempio lampante: si è quotata con un fatturato di circa 150 milioni di dollari circa quattro anni dopo la sua nascita. Nel 2022, l’età media di una società al momento della quotazione era salita a 10-15 anni e la capitalizzazione media di mercato era cresciuta di diverse centinaia di punti percentuali. Questo cambiamento ha portato anche a un aumento del numero dei cosiddetti unicorni – start-up non quotate con una valutazione superiore a un miliardo di dollari – in quanto queste aziende presentano metriche operative più significative, anche se va notato che in alcuni casi ciò è in parte attribuibile alla frenesia e all’eccessiva esuberanza del mercato.

Le ragioni di questa tendenza a rimanere privati più a lungo sono molteplici. I cambiamenti normativi hanno aumentato gli oneri amministrativi e i costi associati alle public company. Spesso, inoltre, le aziende non vogliono essere tenute a pubblicare gli utili su base trimestrale o essere ostaggio della volatilità del mercato pubblico. Attualmente, oltre il 70% delle aziende che generano ricavi pari o superiori a 100 milioni di dollari sono private. In realtà, questo numero è potenzialmente ancora più alto, dato che la maggior parte delle società private non è tenuta a divulgare i propri dati finanziari. L’implicazione per gli investitori è che chi non investe in queste società quando sono private potrebbe perdere l’opportunità di una sostanziale rivalutazione del capitale.

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Aumento della domanda globale

Negli anni successivi alla crisi finanziaria globale del 2008 abbiamo assistito a un aumento vertiginoso del volume di capitali raccolti per investire nei mercati privati. Considerando solo le società statunitensi sostenute da venture, negli ultimi dieci anni sono stati resi disponibili circa 1.500 miliardi di dollari, a sostegno del trend che vede le società rimanere private più a lungo. Abbiamo anche assistito a un aumento degli investitori “turistici” – investitori che si affacciano a questo mercato ma non hanno tipicamente radici nel venture capital – che hanno stimolato la domanda acquistando nei mercati privati, portando a valutazioni elevate.

Alla ricerca delle migliori opportunità

Nel 2022, tuttavia, le valutazioni hanno iniziato a tornare a livelli più realistici, creando opportunità sul mercato privato che riteniamo difficili da ignorare. Siamo consapevoli delle sfide macroeconomiche in corso, ma riteniamo che alcuni dei momenti migliori per impiegare il capitale siano i periodi di volatilità e incertezza. Non raccomanderemmo mai agli investitori di tentare di prendere il tempo a una qualsiasi asset class, tanto meno i mercati privati, che richiedono una prospettiva a lungo termine, ma l’anno scorso molte delle opportunità che abbiamo osservato sono arrivate dal mercato secondario, dove abbiamo osservato prezzi profondamente distorti in società di alta qualità con bilanci solidi. Storicamente gli investimenti effettuati durante i periodi di maggiore distorsione dei mercati hanno generato forti performance negli anni successivi.

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Le società su cui ci concentriamo – il cosiddetto venture capital late stage, che si colloca a metà strada tra il venture capital e il private equity tradizionale – sono spesso già di successo, con una quota di mercato consolidata, solidi consigli di amministrazione e prodotti collaudati. Molte di queste aziende sono simili alle tradizionali società growth a piccola e media capitalizzazione, ma oggi non sono disponibili sui mercati pubblici nella stessa misura in cui lo erano un tempo per i motivi che abbiamo descritto sopra. Siamo sempre più convinti che i mercati privati siano l’unico modo per accedere ad alcuni dei settori più innovativi e tecnologici, tra cui il fintech, l’intelligenza artificiale, la cybersecurity, il cloud, l’archiviazione e l’analisi dei dati, l’istruzione online, l’ottimizzazione della catena di approvvigionamento, l’e-commerce, la salute digitale e la space economy, e che possano offrire agli investitori interessanti rendimenti corretti per il rischio con una volatilità potenzialmente inferiore rispetto alle azioni quotate.

Detto questo, stiamo assistendo a una biforcazione del mercato, in cui le società di alto calibro continuano a raccogliere capitali senza grossi problemi e in genere a valutazioni più elevate. Riteniamo che il rischio più elevato sia rappresentato dalle società di minor calibro, o da quelle che hanno limitazioni a livello di capitale. Ci aspettiamo che questa biforcazione continui. La selettività e un team di gestione esperto restano quindi fondamentali per navigare nell’attuale contesto e individuare le migliori opportunità nello spazio del venture capital late stage.