Il divario di genere in ambito pensionistico

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Il recente Rapporto annuale dell’Inps contiene un interessante approfondimento sul divario di genere in ambito pensionistico, tema di particolare attualità anche in vista della Legge di Bilancio. Quali sono le principali evidenze? Considerando l’intervallo temporale 2012- 2022, per quanto riguarda il numero di prestazioni, il trend per maschi e femmine è simile. Il calo registrato nel 2013 e 2014 è imputabile al D.L. 201 del 2011 (cd. Decreto “Salva Italia”) per cui l’età per la pensione di vecchiaia per gli uomini (tutti) e le donne del pubblico impiego è portata a 66 anni, mentre per le donne del settore privato e le autonome, la legge prevede un innalzamento più graduale. Viene inoltre abolita la pensione di anzianità e il vigente meccanismo delle quote e viene istituita la pensione anticipata che per il 2012 richiedeva un’anzianità di 41 anni e 1 mese alle donne, 42 anni e 1 mese agli uomini e prevedeva aumenti graduali negli anni successivi in linea con l’aumento della speranza di vita. Per effetto di questa riforma, l’età media al pensionamento dei maschi è passata da 62 anni nel 2012 a 64,3 nel 2014, mentre quella delle donne è aumentata più lentamente, ma è arrivata a superare di 5 mesi quella degli uomini nel 2022.

Per quanto riguarda il numero delle prestazioni, nel 2015, si registra un balzo nelle decorrenze dovuto in buona parte alle pensioni anticipate che crescono di oltre il 70% rispetto al 2014. Il dato è una conseguenza diretta della riforma che ha inasprito a decorrere dal 2012 i requisiti per i trattamenti di anzianità/anticipata e i lavoratori che non erano riusciti a raggiungere i requisiti vigenti nel 2011, hanno maturato solo nel 2015 la maggiore anzianità prevista per il trattamento anticipato secondo la nuova normativa.

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All’aumento, hanno contribuito anche le salvaguardie e, per le donne, si ravvisa un notevole incremento dei trattamenti di anzianità legati alla scelta dell’Opzione donna. Opzione donna non viene prorogata nel 2017 e nel 2018 viene aumentata l’età per accedervi e a ciò è in parte riconducibile il rallentamento dei pensionamenti delle femmine rispetto ai maschi tra il 2016 e il 2019. Nel triennio 2019-2021, le liquidazioni sono sospinte dalla cosiddetta Quota 100, di cui hanno usufruito quasi 380.000 lavoratori, e altri 51.000 nel 2022 che avendo maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2021 hanno esercitato il diritto successivamente.

Il ricorso a Quota 102 è invece stato modesto per cui le liquidate nel 2022 sono poco meno di 5.700, mentre è nuovamente aumentato il ricorso a Opzione donna (oltre 26.000 le domande accolte nel 2022). Nel complesso, tra il 2020 e il 2022, il numero di pensionamenti si è stabilizzato e le liquidazioni dei trattamenti ai maschi si sono attestate a poco sopra 300.000 e quelle alle femmine poco sotto le 250.000.

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Per quanto riguarda l’età media al pensionamento, il superamento di quella dei maschi da parte delle
femmine è legato alla diffusa discontinuità delle loro carriere che comporta ritardi relativi nel raggiungimento.

Per quello che riguarda l’importo medio, quello dei trattamenti percepiti dai maschi è sempre maggiore di quello delle femmine. Nel periodo considerato, si registra però una riduzione del divario fino al 2014 principalmente legato all’effetto della selezione indotta dalla riforma per cui le femmine che si sono pensionate, raggiungendo i nuovi requisiti per il pensionamento, avevano carriere relativamente lunghe e quindi hanno beneficiato di pensioni mediamente elevate. Tra il 2014 e il 2018, le differenze di importo tra maschi e femmine sono leggermente aumentate, ma si sono mantenute tra il 10 e il 15% fino al 2019 quando l’importo medio delle pensioni liquidate alle femmine registra una flessione almeno in parte legata all’esercizio di Opzione donna (e al relativo ricalcolo del trattamento con metodo contributivo), per cui in quell’anno il 16,6% degli anticipi delle femmine avviene attraverso questo canale, percentuale che sale al 22,8 nel 2022.

Nel complesso, però, la maggior parte della differenza di genere negli importi è riconducibile
al fatto che l’uscita dal mercato del lavoro delle donne avviene prevalentemente con la pensione di vecchiaia, mentre quello degli uomini con la pensione anticipata il cui importo è storicamente superiore a quella di vecchiaia (1.975 euro in media nel 2022 rispetto a 1.092 euro dei trattamenti di vecchiaia) in quanto generalmente le pensioni anticipate sono legate a carriere lavorative più lunghe e con remunerazioni più elevate.