Giappone, rimbalzo dei consumi post-Covid?

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Nel secondo trimestre si è finalmente usciti e si è andati in giro per negozi. Le mascherine sono state tolte in aprile, il Covid è stato dichiarato ufficialmente superato dall’Organizzazione mondiale della sanità a maggio e i visti cinesi hanno ripreso ad essere concessi a luglio. Anche se la vita potrebbe tornare a una “normalità” pre-Covid, alcune abitudini e comfort instauratisi con il lockdown sembrano difficili da sradicare.

Durante e dopo il Covid, le tendenze della moda si sono orientate maggiormente verso l’abbigliamento da casa e sportivo, un look che il marchio di moda giapponese Uniqlo vende a piene mani (e a prezzi abbordabili). Fondata negli anni ’80 per emulare i marchi americani ed europei Gap e Benetton, il proprietario di Uniqlo, Fast Retailing Group, e il suo Presidente Tadasi Yanai hanno fissato l’ambizioso obiettivo di diventare il più grande retailer al mondo, puntando a raggiungere un fatturato di cinque mila miliardi di yen (circa 33 miliardi di dollari USA) entro il 2028 e 10 mila miliardi di yen (66 miliardi di dollari USA) nel 2033.

Un modo per raggiungere questo obiettivo è quello di espandersi ulteriormente negli Stati Uniti, dove attualmente Uniqlo detiene solo l’1% di quota di mercato. Data l’enormità del mercato statunitense e il prezzo interessante dell’abbigliamento Uniqlo, l’azienda potrebbe potenzialmente sottrarre una quota di mercato rilevante allo stile simile di Gap, che ha visto diminuire le vendite in-store (-7%) e online (-11%).

Il nuovo COO Daisuke Tsukogashi, nominato nell’agosto 2023, è entrato a far parte di Fast Retailing nel 2002 ed estende il suo successo nella crescita dell’attività nordamericana di Uniqlo alla società nel suo complesso.

La società ha come obiettivo 300 miliardi di yen di vendite USA (2 miliardi di dollari USA) entro l’esercizio 2027 e un margine operativo del 20%. Forse l’obiettivo è esagerato, ma il suo margine operativo continua a crescere: nell’esercizio 2019, il Nord America rappresentava appena il 5%, mentre nell’esercizio 2022 è salito al 10%. A nostro avviso, un margine operativo del 15% per il Nord America e l’Europa dovrebbe essere realizzabile perché sembra che la moda rimanga orientata sulla comodità, indipendentemente dall’aumento dei costi.

Al contrario, il suo margine operativo nel sud-est asiatico è in media del 19%, ma in alcuni di quei Paesi esso supera il 20% e la priorità della società per ora è quella di espandere la quota di mercato. Nel frattempo, il margine operativo per la Cina era del 18%-19% prima del Covid, e – da allora – è sceso solo al 15%. L’obiettivo è tornare ai dati pre-Covid. Data la ripresa economica cinese da gennaio, non siamo troppo preoccupati.

Tra le altre priorità del management c’è quella di fare ulteriori progressi nel format digitale di vendita al consumo, spostare la gestione verso una prospettiva globale, concentrarsi sulla sostenibilità, espandere le altre marche ed evitare i danni al marchio derivanti dall’aumento dei prezzi dovuto all’inflazione o ai tassi di cambio.

Nel settore alimentare e della distribuzione invece siamo positivi su Kobe Bussan, società che si occupa di produzione alimentare, franchising, ristoranti ed energia rinnovabile. L’approccio commerciale di Kobe Bussan consiste nel tenere i prezzi più bassi rispetto ai concorrenti. L’importazione diretta ha costituito una spinta sui costi dei beni importati e, sebbene il margine di profitto relativo sia un po’ ridotto, la società lo sta lentamente recuperando.

Kobe Bussan ha dichiarato di essere sulla buona strada per aprire e gestire 40 negozi di generi alimentari quest’anno (1° trimestre 2023: 7 aperture, 2 chiusure; 2° trimestre 2023: 17 aperture, 6 chiusure). Secondo Kobe Bussan, le chiusure avvengono in gran parte per passare da edifici obsoleti a locali più nuovi e più grandi. Nonostante l’aumento dei costi delle utenze e le condizioni difficili, l’azienda continua ad attrarre nuovi affiliati. In base alle nostre informazioni, non vediamo molti affiliati uscire completamente dal mercato, ma alcuni vengono acquisiti da altre catene di negozi di generi alimentari.

Se alcune aziende possono fornire supporto finanziario agli affiliati per l’aumento dei servizi di pubblica utilità e dei costi del lavoro, l’approccio di Kobe Bussan è stato invece quello di incoraggiare costantemente gli affiliati a essere efficienti dal punto di vista energetico, a partire dall’uso di elettrodomestici come i congelatori o di sistemi di ordinazione autonomi per ogni negozio, ecc.

Secondo le stime dell’azienda, nell’ultimo anno il traffico nei negozi è gradualmente diminuito dopo la riapertura delle attività commerciali e dopo che i clienti hanno ripreso ad uscire. Per quanto riguarda i supermercati generali, Kobe Bussan ritiene di essere più economica del 30% per quanto riguarda la merce generica mentre la differenza è quasi nulla o leggermente inferiore rispetto ai discount. Ha inoltre comunicato che la frequenza di lancio dei loro nuovi prodotti e la loro pubblicità non sono cambiate. Riteniamo che gli obiettivi di apertura di negozi e di coefficiente di prodotti interni del piano a medio termine dell’azienda siano in linea con le aspettative e che il ruolo dell’azienda come forza di efficienza nel frammentato e probabilmente arretrato settore dei supermercati giapponesi rimanga molto interessante.

Per quanto riguarda le energie rinnovabili, l’azienda si concentra sui pannelli solari e sulla biomassa, ma non li fornisce agli affiliati, bensì li vende alle società elettriche. Kobe Bussan continuerà con gli impianti esistenti e non prevede di costruirne di nuovi dopo il lancio di un nuovo sistema di generazione di energia solare quest’inverno. Non sta interrompendo la propria attività sul fronte delle energie rinnovabili, ma continuerà a vendere l’energia che generano fino alla conclusione del programma giapponese di acquisto dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili a prezzi e durata fissati (Feed-in-Tarif (FIT) Scheme). Per i prossimi 20 anni si prevede la vendita di 1MW di energia a 32 JP¥ (0,21 dollari USA).

Al fine del rispetto dei criteri ESG, l’azienda ha assunto un consulente esterno per rivedere i propri impianti, gli impianti a gestione diretta e la struttura di governance al fine di ridurre le emissioni di carbonio, come parte della spinta del Giappone verso la neutralità carbonica. Ha inoltre dichiarato che intende adottare le raccomandazioni della Task Force on Climate-Related Financial Disclosures (TCFD) e di puntare alla pubblicazione di un Rapporto sulla sostenibilità, che seguiremo in quanto si tratta di un’area di discussione tra i nostri analisti.