Il ritorno al quantitative easing è uno scenario plausibile?

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Il quantitative easing (QE) è uno degli strumenti che fa parte della cosiddetta “politica monetaria non convenzionale”, che viene cioè utilizzato quando un intervento sui tassi di interesse – un’azione della politica monetaria convenzionale – non produce l’impatto desiderato di stimolo all’economia. La Bank of Japan ha usato il QE per la prima volta all’inizio degli anni 2000 e, in seguito, questo strumento è stato usato dalla Federal Reserve e da altre banche centrali all’indomani della crisi finanziaria globale del 2008-2009. La Fed e le altre principali banche centrali cercheranno di evitare, se possibile, il ricorso al QE nelle recessioni future, in particolare se ciò dovesse significare spingere i tassi di interesse vicino o sotto lo zero. Esiste una eccezione: se la politica monetaria convenzionale dovesse dimostrarsi non sufficiente, il QE potrebbe essere utilizzato di nuovo.

A sostegno di questa tesi ci sono tre ragioni principali. In primo luogo, non sappiamo quando arriverà la recessione e quanto sarà grave. Se la riduzione dei tassi sarà sufficiente a riportare l’economia in espansione, sarà improbabile che il QE si renda necessario. Se invece la recessione sarà prolungata e la riduzione dei tassi non sarà sufficiente, le banche centrali potrebbero non avere altra scelta se non quella di ricorrere al QE o, addirittura, dimostrarsi creative e inventare altri strumenti di politica monetaria.

In secondo luogo, usato il QE una volta, si è creato un precedente e usarlo di nuovo non sarà controverso quanto la prima volta. Le banche centrali, inoltre, saranno sottoposte a un’immensa pressione per utilizzare tutte le leve di politica monetaria a loro disposizione per attenuare gli effetti di una recessione dolorosa, compreso appunto il QE.

In terzo luogo, il suo utilizzo dipenderà dalle condizioni prevalenti, come il livello di inflazione. Per usare una metafora, la modifica del tasso d’interesse è come una mazza, non un bisturi di precisione: non consente alle banche centrali di affinare il modo in cui la loro politica influisce sull’economia e di prendere di mira aree specifiche da stimolare. Con la politica monetaria convenzionale, le banche centrali devono considerare dati retrospettivi, come il tasso di crescita del Pil e l’inflazione, con una politica che probabilmente avrà impatto a distanza di alcuni mesi. Il QE, invece, offre alle banche centrali maggiore flessibilità e strumenti per prendere di mira aree specifiche, come il controllo dei tassi delle obbligazioni governative o societarie con scadenze specifiche.

Non ci piace basarci solo sulle esperienze passate, come i livelli storici dei tassi di interesse, le recessioni e i tagli dei tassi attuati dalle banche centrali come indicazione per anticipare quelle future. E non descriveremmo le attuali condizioni economiche come “normali”. Ad esempio, negli ultimi 18 mesi le banche centrali hanno aumentato i tassi di interesse, ma la disoccupazione è rimasta ostinatamente a livelli bassi rispetto a molti decenni, mentre i tassi di inflazione si sono ridotti. Si tratta di una situazione senza precedenti nell’era moderna. Le economie sono alla ricerca di spiegazioni per queste anomalie, con cause potenziali che includono la pandemia, la deglobalizzazione, la demografia, la tecnologia e altre. Pertanto, non mi aspetto che la prossima recessione o le politiche delle banche centrali siano normali.

Cosa devono e possono aspettarsi gli investitori

Lo scenario più probabile vede la prossima recessione come poco profonda, tanto da non richiedere il ricorso al QE. Le banche centrali hanno alzato i tassi fino a livelli da cui possono tagliare qualora si rendesse necessario. Se si verificasse una recessione poco profonda, potrebbe avere un impatto positivo sugli investitori – magari dopo un iniziale impatto negativo – perché il problema della recessione a quel punto sarà alle spalle. In genere, i mercati finanziari registrano buone performance quando si intravede la fine di una recessione, prezzando l’imminente ripresa.

Tuttavia, riteniamo che le banche centrali dovranno fare tutto il necessario per far fronte alla prossima recessione, se si rivelasse più grave del previsto. Lo strumento più potente delle banche centrali è la loro credibilità. Dovranno dunque intraprendere tutte le azioni necessarie, compreso il QE, per far sì che gli investitori siano convinti che hanno la situazione sotto controllo. Se è vero che un eventuale ricorso al QE potrebbe avere inizialmente un impatto negativo sugli investitori per il timore che la situazione sia così grave da costringere le banche centrali a ricorrere al QE, nel medio termine, potrebbe risollevare i prezzi degli asset e il morale degli investitori, come il QE ha fatto in passato. In un’ottica di lungo periodo, tuttavia, il QE può avere un impatto negativo perché si tratta di una politica che, prima o poi, deve essere invertita.